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Recensione   a “Yoga” di Emmanuel Carrére, Adelphi, Milano 2021. € 20,00.

Mi sono detto, scrivo questa recensione di Yoga di Carrére alla Carrére. Il che significa senza paura di mettermi in gioco, di far sopravanzare le mie intuizioni di soggetto pensante rispetto all’anodino resoconto che potrei fare da recensore professionale, che cerca di trasmettere in modo oggettivo al lettore i pregi che ha individuato e che farebbero di questo nuovo libro dell’autore di Limonov e dell’Avversario un libro da leggere. Insomma, lo scrittore che mi piacerebbe essere, rispetto al giornalista che sono. Prima però di lasciarmi andare al flusso di pensieri da letterato, una riflessione da giornalista. Yoga di Carrére su una rivista, anzi una newsletter che parla esclusivamente di salute? Lo so, stride. È un suggerimento di lettura tirato per i capelli. Tuttavia, io e miei colleghi parliamo spesso di attività motoria come presidio irrinunciabile per la salute. Ci basta un pretesto. Siamo in molti ad assoggettarci a questa regola anche al di fuori della cerchia ristretta dei divulgatori che scrivono di salute. In molti, anche, che l’attività motoria unita alla meditazione la mettono in pratica ogni giorno. Non solo a parole, gli sportivi sono tanti, voglio dire. Personalmente non mi dedico allo yoga o al tai-chi-chuan come Carrére ma faccio altro che qui non credo sia importante indicare.

La meditazione in sintonia con la bicicletta, con il nuoto o con la camminata sportiva? Proprio così! Gli esperti suggeriscono che quando si fa sport è bene restare concentrati unicamente sul gesto sportivo. È un po’ come quando Carrére ricorda che lo yoga e la meditazione altro non sono che restare concentrati sulla respirazione e su poco altro che si sta facendo. Io ci vedo analogie. Guai – poniamo – a nuotare e pensare ai fatti propri con la scusa di rilassarsi. Se i pensieri parassiti vengono, si tollerano finché è possibile, come succede talora a Carrére quando pratica le sue amate discipline orientali. Ma è fuori dubbio che se l’atleta o chi per lui resta concentrato solo su ciò che sta facendo, il risultato finale ci guadagna. Provate a pensare a Usain Bolt in una gara con il rovello di quale camicia mettere all’evento mondano della sera. Accadesse, arriverebbe ultimo. Altro che record.

Ma quale sarebbe il giovamento per chi pratica yoga e meditazione come sembra voler suggerire Carrére dal momento che gli dedica un libro o, alla peggio, per chi fa solo sport stando però concentrati come piace a me? Restiamo fedeli alla lezione dello scrittore francese. Il giovamento che ne ricaviamo è che l’equilibrio psichico nella vita è difficile da raggiungere e soprattutto da mantenere. Nella seconda parte di questo libro nato con le migliori intenzioni di andare a fondo nella filosofia dello yoga, e per questo motivo propizio a rasserenare un toro scatenato, Carrére si dilunga sulla sua disfatta mentale. A quasi sessant’anni scopre a sue spese cosa voglia dire essere affetto da sindrome bipolare. Cosa voglia dire doversi sottoporre a degli elettroschock per sfuggire alle maglie sempre più strette di un desiderio suicida. Proprio quando si reca a un seminario di Vipassana (un mix di yoga e meditazione) va in crisi esistenziale profonda, senza che fra i due eventi si scorga un nesso causale reale, ma solo una semplice coincidenza. Tra le varie definizioni di yoga e meditazione che Carrére matura in base alla sua esperienza vi è quella di andare a fondo delle paure. Se non si può fare altrimenti, bisogna farlo, bisogna calarsi giù con i pensieri per vedersi affondare. Poco importa se, fino a poco prima, la nostra esistenza si manteneva in linea con quanto Freud propone con la definizione di salute psichica e che Carrére accoglie e ricorda in più punti di questo libro. Secondo Freud e secondo Carrére si è sani di mente dal momento in cui riusciamo a lavorare e ad amare. Non un giorno o due, il tempo di scrivere una recensione bizzarra o di ripensare con trasporto alla ragazza, giovane e carina, che ci ha sorriso quando (o perché?) non ce lo aspettavamo. No, per Freud – ricorda Carrére – la salute psichica è sinonimo di lavorare con metodo e amare strenuamente, da resistenti e per un tempo lungo. Con l’avvertenza che certezze non ce ne sono. Può andare bene dieci anni e poi la fortuna può girarci le spalle. E può farlo come agente esterno. Come fa una malattia o un incidente che prende corpo al di fuori della nostra volontà e che viene per risucchiarci in un turbinio di dolore infinito. Oppure l’incertezza e poi la crisi possono venire dall’interno della nostra mente malata, la stessa che è in grado di farci apprezzare le vette più alte dell’arte e che, allo stesso tempo, è fatta della stessa pasta dei peggiori incubi che siamo capaci di autoinfliggerci.

Ecco una cosa che Carrére sostiene di aver affinato ispezionandosi le narici con il pensiero durante le tecniche di inspirazione ed espirazione messe a punto con lo yoga è proprio quella di guardare in faccia ai nostri demoni con l’innocenza di un adolescente. Così facendo, sembra di essere ancora inclini a imparare, come accade ai giovani di belle speranze che conosce recandosi in un isola greca che funge da hot-spot per immigrati. Giovani che ne hanno già passate tante ma che non hanno ancora smarrito la capacità di sognare.

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