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di Fulvio Massini

Il nuoto tra realtà, grandi imprese e tante chiacchere è uno sport che vanta moltissimi praticanti ma anche qualche falso mito: fa davvero bene a tutti? Se usciamo dai soliti luoghi comuni per tuffarci nel sapere scientifico scopriamo che anche il nuoto, come tutti gli sport, ha le sue avvertenze e controindicazioni

Lo sanno bene gli amici gestori di piscine: da gennaio questi impianti sportivi si ripopolano, vuoi per far fronte a qualche eccesso consumato durante le feste, vuoi per i buoni propositi dell’anno nuovo. Inoltre, chi si iscrive in piscina sa di poter contare su ambiente e acqua calda in qualsiasi stagione.

A differenza di molte attività ludico-motorie, nuotare comporta apprendimenti che lo rendono necessario nello sviluppo dell’essere umano. Non a caso, la capacità di galleggiare e la perdita della paura dell’acqua aiutano la percezione di sicurezza dell’individuo nei contesti acquatici: fiume, lago o mare che sia.

Importantissimo, dunque, avviare con coscienza i bambini all’acquaticità. È fondamentale il primo approccio. La scuola pseudo spartana del “buttiamo il piccolo in acqua profonda e vediamo se galleggia” è ormai, per fortuna, pedagogicamente superata.

Crescendo, tutti abbiamo ceduto al fascino della competizione di arrivare primi alla boa o a quella del tuffo più ardito dallo scoglio, quasi che nuotare servisse a sentirsi liberi e a entrare a far parte della cerchia degli amici più in vista. Passano gli anni ma prima o poi arriva l’età nella quale si sente il bisogno di ricominciare a nuotare, magari dietro consiglio del medico, oppure si vuole scegliere uno sport per il figlio, ed è lì che si scatenano i luoghi comuni, spesso totalizzanti, tipo il nuoto è uno sport armonico e completo che fa bene a tutti.

Scardiniamo alcuni di questi luoghi comuni. Non esiste per definizione uno sport che sia “completo”. Ogni sport esalta caratteristiche peculiari, sia a livello atletico-muscolare, sia a livello psichico ed emotivo. Se prendiamo un nuotatore e gli facciamo fare 10 km di corsa, sicuramente li percorrerà con più affanno di un podista, viceversa se la competizione fosse di 60 vasche, non ci sarebbe storia, molto probabilmente il nuotatore la spunterebbe con facilità, a meno che il podista non se la cavi egregiamente anche in piscina o che sia, il podista, più veloce del suo avversario sedicente nuotatore.

Il nuoto non è ginnastica posturale: nuotando con il ventre verso il fondo, la curva lombare, se si possiede un core debole, subisce una sollecitazione che potrebbe causare dolori, altro che farli passare come molti credono. Che cos’è il “core”? Con il termine core si indica la parte centrale del nostro corpo, che si compone di un’unità esterna di muscoli superficiali e da un’unità interna di muscoli profondi; fanno parte del core anche le catene muscolari crociate anteriore e posteriore.

Dunque il nuoto è un’ottima base di esercizio ma non è sufficiente: il programma di allenamento dovrà prevedere sessioni “a secco” in palestra per tonificare la muscolatura generale e il core in particolare, potenziare i muscoli specifici (cuffia dei rotatori, gran dorsali ecc.) nonché eseguire esercizi di stretching. Tanaka, un ricercatore giapponese che ha indagato a lungo in questo ambito, puntualizza che fare gli esercizi “a secco” porterebbe a vantaggi maggiori in acqua.

Inoltre, potremmo anche inserire allenamenti di corsa o in bici come sessioni di cross training o di allenamento per le gare di triathlon. Sempre Tanaka mette in guardia allenatori e atleti di non esagerare nella programmazione dell’attività natatoria, e consiglia agli amatori di praticarlo per divertirsi, stando attenti alla gradualità nel passaggio tra discipline: correre è un attività ad alto impatto per le articolazione degli arti inferiori, mentre il nuoto non lo è.

Partendo da quest’ultima affermazione, ci sono più conclusioni: l’acqua è utilissima per chi ha problemi di peso corporeo eccessivo o deve seguire un percorso riabilitativo: le articolazioni risentiranno meno dello stress dovuto alla forza di gravità. Lo stesso stress è necessario per chi soffre di osteoporosi: il carico registrato dalle articolazioni si traduce in aumento dello stimolo alla produzione ossea.

È dimostrato, da uno studio da poco pubblicato su «PubMed», una prestigiosa rivista scientifica americana, che un regolare esercizio fisico in acqua, così come in bici, rappresenta un ottimo esercizio per chi ha problemi di osteoartriti.

Passare del tempo nell’acqua senza poter parlare, può essere rilassante per un adulto, ma non sempre piace ai più piccoli, che per bisogno di socialità, tendono a preferire sport di squadra che permettono maggior interazione con i compagni.

Veniamo al cuore della questione, anzi, alla questione del cuore: il nuoto ha notevoli effetti cardiovascolari, in acqua si assiste al fenomeno di diving reflex, cioè un insieme di reazioni per ridurre il consumo di ossigeno, tra cui un abbassamento di circa 13 pulsazioni al minuto. Si registra anche un aumento medio della pressione arteriosa che porta più sangue verso il cervello.

La rapidità e intensità del riflesso è inversamente proporzionale alla temperatura dell’acqua: più questa è fredda, più le reazioni descritte sono forti, dunque attenzione particolare se avete problemi pressori. In caso di immersione in profondità ha luogo un ulteriore effetto detto “scostamento ematico”: il sangue viene convogliato all’interno dei polmoni per compensare l’aumento della pressione esterna e impedirne il collasso.

Il cuore in acqua non raggiunge quindi le stesse pulsazioni massime che raggiunge sulla terra: seguire un corso di aquagym, nonostante la buona resistenza dell’acqua, produrrà un carico di lavoro più adeguato a persone con un cuore da allenare.

In conclusione, nuotare è una tra le attività più utili: che si tratti di competere o solamente galleggiare, di allenamento cardiovascolare come mezzo per il benessere. Se avete a cuore la vostra salute, tuffatevi in questo sport!

(articolo redatto con la collaborazione di Filippo Galatini)

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