di Alberto Ferrari
Correva l’anno 2003 quando Manuel Vázquez Montalbán si è sentito male ed è morto all’aeroporto di Bangkok. Il suo cuore, già ammalato da tempo, fu stroncato da un infarto. Lo scrittore era una buona forchetta e lo era a livello consapevole e sbandierato. Proprio come il suo alter-ego detective Pepe Carvalho. Nella megalopoli asiatica aveva ambientato un romanzo che ha per protagonista il suo personaggio più famoso, scomparso anche lui sulla banchina di quell’aeroporto
Quando il 18 ottobre del 2003 lo scrittore catalano Manuel Vázquez Montalbán muore stroncato da un infarto all’aeroporto internazionale di Bangkok, sono parecchi i giornali italiani che, nel dare notizia del decesso, non mancano di rilevare come quella morte abbia assunto il sapore di una coincidenza beffarda. Tredici anni prima Montalbán aveva dato alle stampe Gli uccelli di Bangkok, forse il primo romanzo noir della serie “Pepe Carvalho” che lo ha accreditato seriamente presso il pubblico di casa nostra. Fu anche il primo lavoro pubblicato da Feltrinelli, che in seguito diventerà il suo principale editore italiano.
Da notare che il detective privato Pepe Carvalho intrattiene con il suo creatore ben più che qualche tratto comune. Condivide la stessa fede da comunista duro e puro, è tifoso del Barcellona, ha trascorso qualche anno di reclusione nelle patrie galere durante il periodo della dittatura franchista, è un fine intenditore culinario. I suoi favori vanno a piatti prelibati ma, ahinoi, ipercalorici della cucina spagnola, che è solito accompagnare con vini e liquori che, come i cibi, sono tanto eccellenti quanto impegnativi per la bile e il fegato, le coronarie e il cuore, se assunti, proprio come Carvalho fa, senza preoccuparsi di un’eventuale giusta dose che invece, noi salutisti teorici, sappiamo che esiste.
Tuttavia, una divergenza netta fra lo scrittore e il suo doppio letterario è evidente. Il povero Montalbán aveva una complessione pingue ed era ammalato di cuore da anni. Per questo motivo, si dice che fosse spesso in contrasto con la moglie, che lo rimproverava di non essere più morigerato a tavola. Pepe Carvalho non ha moglie. È innamorato di una puttana che non ha intenzione di mettere giudizio. Quanto a salute, Carvalho ha dalla sua la fortuna di tutti gli eroi di fantasia. Sembra esente da qualsivoglia acciacco, o quasi. Qualcuno intorno a lui muore di infarto, ma a registrare l’evento sono per lo più persone del suo entourage. Lui, come dire, prende atto.
Ne Gli uccelli di Bangkok, Pepe Carvalho si trova in Thailandia per prestare soccorso a una vecchia amica che gli ha fatto pervenire una disperata richiesta di aiuto. Nel mentre che cerca l’amica si compie l’incontro con la metropoli asiatica e con il tripudio di odori, sapori e colori che l’hanno resa celebre in tutto il mondo. Fin dal suo arrivo, Carvalho è catapultato in una città in cui si mangia per strada a tutte le ore. Da quei banchetti che spuntano ovunque si scorge e si assapora di tutto. Così il detective con la passione per la cucina sembra rivivere con gli occhi, il palato e tutto il resto una vera e propria vertigine sensoriale, simile per intensità e stimolazione a quella che è solito provare quando si aggira per i mercati di Barcellona, in cerca dei cibi che, una volta cucinati secondo ricette che definire gaudenti potrebbe sembrare un eufemismo, stimoleranno l’intensa produzione dei succhi gastrici per far fronte al prolungato e oneroso lavorio digestivo.
Andrea Camilleri, che s’inventa il cognome di Montalbano per il suo commissario in onore dell’allora più celebre collega, così si è espresso sulla cucina di Pepe Carvalho: ‹‹Una volta dissi che Montalbán doveva essere trascinato davanti al tribunale dell’Aia, accusato di genocidio perché, se voi provate a mangiare quello che mangia Beppe Carvalho, è una cosa terribile››.
A dire il vero, non è che Carvalho sia un ingordo a tutto tondo, un crapulone da grande abbuffata. Piuttosto, è un gourmet con una passione sfacciata per tutto quello che è eccessivo, tripudio di gusto, colori e calorie. In più, cucinare gli serve a distendere i nervi e a raccogliere le idee quando deve fare mente locale per cercare di risolvere i suoi casi polizieschi. L’altro rito che si concede prima di cadere in stato di grazia investigativa è appiccare il fuoco al camino servendosi delle pagine di un libro che giudica ormai inutile a fargli da guida lungo la via accidentata e imprevedibile dell’esistenza.
È probabile che anche Montalbán, quando doveva concentrarsi nell’atto della scrittura per dare vita alle peripezie del suo detective privato, non fosse da meno, cioè si servisse della buona cucina come gesto distensivo per i nervi e magari come elemento propiziatorio.
Resta il fatto che lo scrittore catalano era una buona forchetta e lo era a livello consapevole e sbandierato. ‹‹Quella per la gastronomia era la sua passione principale, insieme al calcio – ha ricordato di lui Inge Feltrinelli – Quando ci incontravamo a Barcellona, Manuel mi portava sempre nei ristoranti più tipici e poveri, quelli in cui, un po’ istrionicamente, entrava in cucina per dirigere la preparazione dei piatti››.
Nei panni comodi del giudice chiamato a dirimere questioni esistenziali altrui, verrebbe da concludere che la parabola esistenziale di Montalbán si è spenta a Bangkok quasi per caso, a patto di mettere da parte i rischi e le avvisaglie che lo stile di vita che s’era scelto dovettero rappresentare per la sua salute precaria. Con questa assoluzione vogliamo dire che lo scrittore non aveva mai cessato di vivere e di scrivere con la stessa carica emotiva e passione artistica che avevano contraddistinto il suo operato di uomo e di letterato fino a quel giorno. A Bangkok si trovava per una coincidenza di volo. Stava aspettando l’aereo che l’avrebbe riportato a casa dopo la serie di conferenze che aveva tenuto in Australia, a Sidney. Inoltre, aveva appena terminato la sua ultima fatica letteraria, Millennium, un romanzo ponderoso in cui Pepe Carvalho si trova a fare i conti con la prima guerra in Iraq, la globalizzazione e altri eventi importanti del momento.
‹‹Stavamo aspettando che tornasse dall’Australia a giorni, doveva consegnare Millennium, annunciato come l’ultimo Carvalho, mille pagine. A Francoforte la sua agente mi aveva raccontato che era molto entusiasta del viaggio che stava facendo dall’altra parte del mondo››. È il commento a caldo di Carlo Feltrinelli alla notizia della morte del grande scrittore catalano, scomparso all’età di 64 anni.