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di Alberto Ferrari

I muscoli perdono di tonicità e aumenta la massa grassa. Contro queste evidenze, che rischiano di ipotecare il futuro degli over 65 anni, i benefici maggiori si riscontrano nei pazienti sottoposti a dieta ipocalorica ed esercizi, rispetto a quelli trattati o solo con la dieta o solo con gli esercizi

Insieme, sarcopenia e obesità diventano una malattia congiunta che ha complicazioni maggiori di quelle che si osservano separatamente. Si tratta dell’obesità sarcopenica (SOB), nota per accentuare gli effetti della sarcopenia e dell’obesità negli over 65 anni, esponendoli cioè a maggior vulnerabilità, maggior ospedalizzazione e a una perdita di autonomia fisica e cognitiva più rilevante. La sarcopenia, tipica della terza età ma già attiva dopo i 50 anni, coincide con la perdita fisiologica di massa muscolare e di forza. L’obesità, con un aumento consistente di peso alla base della quale vi è, essenzialmente, uno stile di vita poco salutare.
Stili di vita disfunzionali come la sedentarietà e l’eccesso calorico da iperalimentazione hanno effetti moltiplicativi sul declino motorio, lo sviluppo della sindrome da fragilità e la neurodegenerazione connessi all’invecchiamento. L’indagine sui meccanismi cellulari e molecolari alla base di questa spirale negativa è stato l’obiettivo del progetto AMANDA, finanziato congiuntamente dalla Regione Lombardia e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Lo studio ha coinvolto 7 Istituti CNR Lombardi per indagare in parallelo in modelli sperimentali il legame fra alterazioni metaboliche, stress cellulari e processi neurodegenerativi e verificare in ambito clinico come questi meccanismi incidano sul declino motorio al giro di boa fra mezza età e vecchiaia. Lo studio clinico – una collaborazione fra la Nutrizione Clinica dell’Ospedale di Niguarda di Milano e l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR – prevede la valutazione della composizione corporea e della gravità dell’insulino-resistenza in rapporto alla presenza di deficit cognitivi, disturbi del sonno, alterazioni dell’olfatto e marcatori biochimici di infiammazione e stress ossidativo in un gruppo di pazienti affetti da obesità fra 50 e 70 anni. «È importante mettere a punto strategie per identificare i soggetti a maggior rischio di sviluppare in presenza di alterazioni metaboliche declino motorio e neurodegenerazione», precisa Renata De Maria, cardiologa e uno dei ricercatori del progetto AMANDA presso l’ospedale di Niguarda.
«L’obesità sarcopenica s’individua dopo analisi adeguata di composizione corporea – spiega Mariangela Rondanelli, professore associato in Scienze e Tecniche Dietetiche e direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’alimentazione a Medicina e Chirurgia, Università di Pavia. – In un centro nutrizionale di eccellenza si hanno a disposizione strumenti come la bioimpedenziometria ossea ma soprattutto il densitometro a doppio raggio X (Mineralometria Ossea Computerizzata: MOC) per la valutazione della densità ossea e dello stato di composizione corporea. Si tratta di indagini che permettono di stabilire al grammo quanti sono i chili di massa magra, quanti di massa grassa e come sono distribuiti. Se la massa grassa è eccedente nel giro vita, incide sul grasso viscerale che comporta un rischio maggiore da un punto di vista cardiovascolare. Grazie a questa strumentazione è possibile fare diagnosi di sarcopenia, obesità e di malattia congiunta. Esistono dei cut off (stime di massima) che permettono di dire, a seconda della quantità del muscolo e del grasso, se un soggetto ha poco muscolo e troppo grasso».
I dati ISTAT riferiti a peso e altezza portano a stimare che il 57% delle persone con più di 64 anni in Italia sono in eccesso ponderale: 43% in sovrappeso e 14% obeso. Ancora niente in confronto con gli stessi dati degli anziani USA, fra i quali solo gli obesi sono il 28% (stima dell’American Health Rankings).
Quanto ai numeri sulla sarcopenia, uno studio sulla sua diffusione in Europa, pubblicato nel 2016 su «Calcified Tissue International», citando una proiezione al ribasso, segnala che i pazienti con sarcopenia stanno passando da poco più di 10 milioni nel 2016 a quasi 19 milioni nel 2045, rispettivamente l’11,1% e il 12,9% di tutti gli anziani. Dal minimo scarto in percentuale si deduce che, nei prossimi anni, ad aumentare considerevolmente sarà il numero degli anziani, che Italia sono già il 35% della popolazione. Un dato che invita a riflettere sull’importanza che assumeranno le malattie tipiche della terza età.
A seconda delle definizioni, la prevalenza di SOB varia fra il 4 e il 20% nella popolazione over 65. È quanto si legge in una metanalisi del 2015 (pubblicata su «Clinical Interventions in Aging») che ha analizzato i risultati ottenuti in case di riposo per anziani in cui la sarcopenia, l’obesità e, in percentuale minore, la SOB, vengono affrontate intervenendo sia sulla nutrizione, sia sull’attività fisica.
Dicevamo che il grasso osservato speciale è quello viscerale, in quanto favorisce l’insulino-resistenza che porta alle malattie metaboliche come il diabete e, sul fronte cardiovascolare, accentua il rischio di malattia coronarica, infarto, ictus e insufficienza cardiaca. Allo stesso modo, provoca l’aumento dello stress ossidativo e la disfunzione del tessuto endoteliale dei vasi. Ne consegue un minor apporto di sangue e di nutrienti nei muscoli. Per questo motivo le persone obese sono più suscettibili alla perdita di tonicità e forza muscolare, complice anche l’inazione. Più nel dettaglio, la massa magra dei muscoli tende a diventare terreno di conquista di quella grassa. Nel senso che quest’ultima s’infiltra – letteralmente – nel tessuto muscolare. Ecco spiegato perché, negli anziani, gli interventi finalizzati al calo ponderale vanno attuati con molta cautela. Il motivo è che ogni perdita di peso, intenzionale o non, può accentuare la sarcopenia, indebolire le ossa, creare scompenso a livello nutrizionale e pertanto favorire la mortalità. Secondo lo studio citato, apparso su «Clinical Interventions in Aging», si stima che il 25% dei cali ponderali ottenuti grazie a una dieta di breve durata e di sensibile riduzione calorica avvenga a danno della massa magra muscolare.
«Una volta fatta la diagnosi la gestione è quella di un’impostazione dietetica corretta che sia parzialmente ipocalorica ma che abbia un buon contenuto di proteine – ricorda Mariangela Rondanelli – parliamo di 1,5 gr pro chilo corporeo al giorno di proteine. In concomitanza con la dieta e all’attività fisica in cui lo sforzo di resistenza è tenuto in debito conto (una realtà seguita da fisioterapisti), si possono proporre degli integratori naturali, perfetti per soggetti sani che stanno vivendo un momento particolare di vita (stress, stanchezza ecc.) oppure alimenti a fine medici speciali e specifici per patologia: secondo la definizione legislativa, gli integratori per sarcopenia e obesità sono detraibili al 19%. Si tratta di prodotti a elevato contenuto di proteine ricavate dal siero del latte (le più indicate secondo le linee guida) che contengono gli amminoacidi essenziali, e in particolare quelli ramificati (ideali per questo tipo di pazienti) la leucina (amminoacido specifico per il muscolo) e la vitamina D. Sono dei mix di nutrienti perfetti per chi è affetto da obesità sarcopenica».
Dal grasso addominale dipendono anche i problemi di frammentazione del sonno e le conseguenti ricadute di sonnolenza durante il giorno. «I problemi di sonno nell’anziano obeso sono legati alla massa adiposa all’interno dei visceri – precisa la professoressa Rondanelli – che è tutt’altra cosa dal grasso sottocutaneo, esterno. Il grasso che si forma nella cavità addominale forma una vera e propria massa che spinge sul diaframma creando i problemi di russamento da cui derivano i problemi di sonno disturbato».
Stando allo studio apparso su «Clinical Interventions in Aging», i benefici maggiori contro la SOB finora sono stati riscontrati nei gruppi che si sono avvalsi di un combinato di dieta ipocalorica ed esercizi, rispetto ai gruppi di controllo trattati solo o con la dieta o con gli esercizi. In concreto, i gruppi di anziani che hanno beneficiato di entrambi hanno mediamente registrato effetti benefici stimati del 21% mentre chi è stato trattato solo con la dieta del 12% e chi solo con gli esercizi del 15%.
Riguardo ai modelli di esercizi, sempre lo studio surriferito indica che i migliori si sono dimostrati quelli di resistenza, che servono ad allenare la forza fisica e la potenza muscolare, specie se accompagnati da dosi suppletive di amminoacidi e proteine che, come è noto, sono le sostanze che permettono ai muscoli di mantenersi tonici e di crescere.

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