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di Alberto Ferrari
Gli eccessi di staticità non sono mai un bene per le gambe che soffrono di trombosi venosa. Le persone più a rischio sono gli anziani che hanno difficoltà motorie e i pazienti soggetti ad allettamenti prolungati. A questi pazienti vengono praticati trattamenti per fluidificare il sangue,allo scopo di evitare il rischio di trombosi ed embolia polmonare, ovvero che un trombo vada a ostruire una delle diramazioni dellʼarteria polmonare ostacolando la perfusione ai polmoni. Quando il 18 ottobre del 2003 lo scrittore catalano Manuel Vázquez Montalbán muore stroncato da un infarto all’aeroporto internazionale di Bangkok, sono parecchi i giornali italiani che, nel dare notizia del decesso, non mancano di rilevare come quella morte abbia assunto il sapore di una coincidenza beffarda. Tredici anni prima Montalbán aveva dato alle stampe Gli uccelli di Bangkok, forse il primo romanzo noir della serie “Pepe Carvalho” che lo ha accreditato seriamente presso il pubblico di casa nostra. Fu anche il primo lavoro pubblicato da Feltrinelli, che in seguito diventerà il suo principale editore italiano.

Idolori alle gambe che non vanno mai sottovalutati sono quelli persistenti e riconducibili a patologie vere e proprie. Questi dolori hanno una caratteristica comune: aumentano con la sedentarietà. Si tratta di dolori ben diversi da quelli connessi con l’inattività prolungata, che cominciano a farsi sentire quando ci si iscrive in palestra e si fanno le prime lezioni di spinning o si corre qualche mezz’ora sul tapis roulant. Questi secondi sono dolori contingenti, causati da un po’ di acido lattico o da qualche crampo muscolare. Niente paura, suggeriscono gli esperti. È sufficiente perseverare ma senza strafare e questi malanni passeggeri se ne andranno in breve tempo, non appena le gambe si saranno riabituate a fare un po’ di sano movimento. Invece, i dolori persistenti alle gambe possono interessare le patologie venose. Cominciamo col dire che esistono due tipi di trombosi venose, quella superficiale e quella profonda, ciascuna delle quali ha origine, sintomi e segni che non sono affatto sovrapponibili. Per capirci meglio, è utile ricordare che il sistema venoso degli arti è composto da una componente superficiale e da una profonda. La componente superficiale è un sistema vasale la cui funzione è quella di distribuire il sangue fino alla cute per favorire la dispersione termica. La componente profonda si situa all’interno del cosiddetto fascio vascolo nervoso (o canale degli adduttori) ubicato fra i muscoli adduttori della coscia. La trombosi venosa si distingue pertanto in trombosi venosa superficiale (TVS) detta anche flebite a carico di vasi del circolo superficiale come la vena grande safena, la piccola safena e le loro collaterali, e trombosi venosa profonda (TVP) a carico di vasi venosi profondi come la vena iliaca, la femorale comune, la poplitea (posteriormente al ginocchio) e vasi tibiali.

Ma torniamo al problema della sedentarietà. Nel 2015 si è avuto notizia di uno studio osservazionale condotto in Giappone che ha messo in relazione disturbi alle gambe e la trombosi venosa profonda alle ore di immobilità passate tutti i giorni davanti alla tivù. Vien da dire che il rischio non cambia se anziché passare ore e ore davanti al teleschermo le moltitudini analizzate si fossero cimentate a leggere l’Ulisse di Joyce o qualsiasi altra opera monumentale. Per una volta non è la televisione di per sé a incarnare il demonio, ma il pessimo vizio che abbiamo di fare una vita troppo sedentaria, poco importa quali sono le costanti che assumiamo stando in poltrona.

Altre ricerche hanno dimostrato che durante i viaggi aerei di lunga percorrenza il rischio di trombosi venosa profonda aumenta. Ragion per cui, per chi già soffre di questa patologia e si appresta a fare un viaggio che duri più di quattro ore, i consigli sono di indossare calze elastiche a compressione graduata, scegliere un posto in corridoio per facilitare la libertà di movimento, fare regolari passeggiate lungo la cabina, svolgere esercizi da seduti ogni 30 minuti circa.

In assenza di una patologia venosa acclarata, più che il passeggero sporadico è il personale di bordo ad essere a rischio di questi disturbi che, se trascurati, portano diritti alla TVP. Questo perché hostess e steward debbono fare i conti quotidianamente con il problema della pressurizzazione. Nelle cabine degli aerei, nonostante vi siano in azione delle pompe idrauliche che diminuiscono la compressione causata dall’altitudine, la quantità di ossigeno nel sangue è minore rispetto ai normali standard. A 8000 piedi, la quota a cui normalmente viaggiano i velivoli passeggeri, il cuore compie lo stesso sforzo che in montagna a 2500 metri, a causa del sangue più denso da pompare nelle arterie e nelle vene, per la ridotta quantità di ossigeno nel plasma.

Detto questo, gli eccessi di staticità non sono mai un bene per le gambe che soffrono di trombosi venosa, profonda o superficiale che sia. Ma attenzione ai falsi allarmi. Chi come la commessa è sempre in piedi dietro il bancone del negozio, in realtà si muove, non è propriamente statica. Il problema più grave si verifica nell’anziano con difficoltà motorie o negli allettamenti prolungati. L’ingessatura è la condizione più tipica per il rischio di TVP. Non a caso, per chi è sottoposto a un gesso, così come chi è costretto a letto per più di 24 ore, il protocollo clinico prevede che gli vengano fatte iniezioni di eparina a basso peso molecolare, che servono a tenere maggiormente fluidificato il sangue, proprio per evitare il rischio di trombosi ed embolia polmonare.

L’embolia polmonare si verifica quando un trombo (un grumo di sostanza ematica) va a ostruire una delle diramazioni dell’arteria polmonare (embolizzazione), ostacolando in maniera più o meno estesa, a seconda del vaso interessato, la perfusione dei polmoni.

Oltre alle cause classiche, ovverosia età avanzata, periodi di  allettamento prolungati, gessi ortopedici, voli aerei di lunga durata, l’uso di contraccettivi orali e la gravidanza per le donne, il rischio di TVP è secondario a diverse patologie, tra cui l’infarto del miocardio, il cancro, particolari malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico, l’esposizione a traumi.

Sul fronte della TVS, invece, nell’85% dei casi di malattia venosa superficiale sussiste una predisposizione di tipo genetico-familiare. Altri fattori, le frequenti esposizioni a fonti di calore, il sovrappeso, i difetti di postura dei piedi e quelli provocati da calzature, la stitichezza, alcune malformazioni vascolari e precedenti trombosi venose. Come per la TVP, anche per la TVS persiste il pericolo della gravidanza e dell’utilizzo di contraccettivi orali per le donne. Infine, ritroviamo le abitudini posturali negative, compresi i lavori che comportano una prolungata stasi eretta o da seduti.

I sintomi tipici della TVP sono la comparsa di dolore, tensione e gonfiore della gamba malata. Tuttavia in molti casi la TVP è asintomatica.

Nel caso in cui la TVP compaia senza un apparente motivo, sono necessari una serie di test ematici e genetici per verificare la presenza di alterazioni della coagulazione o di condizioni che possono predisporre alle trombosi.

La storia personale e dei familiari può suggerire al medico l’affacciarsi della malattia anche in assenza dei disturbi tipici. Sarà dirimente l’esecuzione degli esami strumentali che permettono di indagare nel dettaglio le condizioni delle vene degli arti inferiori. Per fare diagnosi di TVS o TVP l’esame d’elezione è l’ecocolor Doppler.  Si tratta di un esame non invasivo, privo di controindicazioni e pertanto tranquillamente ripetibile. L’ecocolor Doppler dà al medico informazioni sulla salute della parete venosa, sul funzionamento delle valvole di raccordo, sull’anatomia del sistema venoso superficiale e profondo, sulla direzione del flusso sanguigno e gli permette di riscontrare la presenza di un eventuale reflusso e/o ostruzione.

La TVP, in particolare, se riconosciuta tempestivamente e ben trattata, si risolve senza lasciare esiti.

Eparine a basso peso molecolare (EBMP) per via iniettiva, il Warfarin in compresse e anticoagulanti di nuova generazione in compresse (Pradaxa, Xarelto, Eliquis) sono i farmaci antitrombotici su cui si basa la terapia della TVP.  In genere il trattamento inizia con le EBPM, per passare poi al Warfarin per un periodo medio di circa 6 mesi. I pazienti in trattamento con Warfarin devono sottoporsi periodicamente a un esame del sangue per valutare il grado di scoagulazione e di conseguenza il giusto dosaggio del farmaco, in quanto il Warfarin interferisce con numerosi farmaci e con diversi alimenti (in particolare verdure e alimenti ricchi di vitamina K). Gli anticoagulanti di nuova generazione in compresse non necessitano di controlli ematici periodici né hanno interferenza da farmaci e/o alimenti, pertanto risultano più pratici da utilizzare.

L’utilizzo di collant elastici di prima o seconda classe è sempre consigliato a seconda del caso clinico. Le persone che hanno già avuto una TVP sono a maggior rischio di recidiva. Smettere di fumare è imperativo. Il fumo, soprattutto nelle donne in trattamento con associazioni estro-progestiniche o con estrogeni, espone a maggior rischio di TVP e/o TVS.

Per la TVS invece si distingue fra trattamento medico e chirurgico.

La terapia medica consiste nel trattamento farmacologico con EBPM per un periodo di circa 40 giorni, e la contenzione elastica di seconda classe per 3 mesi. Il trattamento chirurgico consiste nella crossectomia (legatura della crossectomia safeno-femorale) in anestesia locale qualora la trombosi della grande safena fosse ascendente ed estesa fino all’inguine. Alla terapia medica sono riconducibili norme profilattiche e igieniche come le indicazioni posturali tipiche, ovvero riposare tenendo le gambe leggermente rialzate, evitare l’ortostatismo e altre situazioni caratterizzate da immobilità prolungata. Inoltre, fare esercizio fisico appropriato per le gambe (deambulazione) in associazione a esercizio muscolare, correggere l’appoggio plantare (in soggetti con difetti di postura) e intervenire con la dieta ipocalorica per eliminare il sovrappeso. Infine, utilizzare calze elastiche a compressione graduata e farmaci flebotonici è consigliato.

La terapia profilattica di asportazione delle vene varicose è perentoria. Viene effettuata in sala operatoria e prevede un ricovero massimo di 24 ore in una struttura ospedaliera. Il chirurgo vascolare pratica una piccola incisione nella piega dell’inguine e un’altra a livello del malleolo interno a livello della caviglia per sfilare la vena safena. Il passo successivo è quello di praticare delle microincisioni ove necessario per rimuovere le collaterali venose che dovessero rimanere in loco dopo l’asportazione della safena. Indi si procedere a chiudere le incisioni con punti sottili e un bendaggio compressivo che avvolge interamente la gamba. La ripresa funzionale avviene già alla dimissione e i punti vengono tenuti per 7 giorni.

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