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di Alberto Ferrari

Quando la malattia (un ictus) diventa un espediente narrativo per soffiare vento in poppa a un racconto. Accade in “Middle England”, il nuovo romanzo di Jonathan Coe. Middle England è la vasta regione che ha come città di riferimento Birmingham; è la provincia in cui la maggioranza degli abitanti si schiererà a favore della Brexit

Prima fu la volta di un TIA, un ictus transitorio dal quale Colin Trotter si riprese presto. C’era Sophie, la nipote, in casa con lui quella volta. Sophie si accorse che il nonno farfugliava e fu lesta a chiamare l’ambulanza. Nel giro di qualche giorno il vecchio fece ritorno nella sua villetta, che sorge appena fuori Birmingham, non lontano dall’area che un tempo fu sede della British Leyland. La Leyland è la fabbrica di automobili di cui Colin è stato un piccolo dirigente per tutta la vita, la fabbrica che cominciò a perdere colpi a metà anni Settanta, a causa della pesante crisi dell’auto inglese. Tornato a casa dall’ospedale, Colin trova conforto nei due figli maggiori, che s’alternano a fargli compagnia e ad aiutarlo nelle piccole faccende domestiche. Colin è vedovo, sua moglie Sheila è morta qualche anno prima. “Middle England”, il nuovo romanzo di Jonathan Coe che rinverdisce la vicenda dei fratelli Trotter, incomincia proprio con il funerale di Sheila, al quale fa gettone di presenza anche Paul, il fratello minore emigrato in Giappone a seguito dello scandalo familiare in cui s’è cacciato, che lo obbligherà alle dimissioni politiche. Prima di allora Paul era un deputato laburista di successo, un delfino del suo mentore Tony Blair. Ascesa e caduta di Paul vengono rappresentate nel secondo volume (“Circolo chiuso”) di quella che per ora, dopo “Middle England”, è una trilogia. Perché parliamo di Paul Trotter, visto che in “Middle England” vi è una menzione di poche righe a inizio del libro, riferita all’apparizione fulminea e defilata al funerale della madre, e niente più? Ne parliamo proprio per questo motivo. Che fine ha fatto Paul? Perché quando Colin muore, poco dopo, stavolta a causa di un ictus conclamato, nessuno s’è preso la briga di avvisarlo o, se qualcuno l’ha fatto, perché il narratore non ci dà conto della sua indisponibilità a farsi vivo? Possibile che un romanziere attento e sagace come Jonathan Coe non abbia sentito il bisogno di chiudere la vicenda di Paul, magari approfittando della morte del padre per fargli calcare di nuovo la scena? In fin dei conti Paul, da un punto di vista narrativo, è un personaggio di notevole spessore. Fedele al proprio profilo di persona amorale, Paul l’ha fatta grossa in famiglia, avendo mantenuto in piedi la relazione sentimentale con Malvina, la figlia di Benjamin, anche quando si è scoperto che la ragazza era, appunto, la figlia di suo fratello. A dire il vero, la ragazza sapeva tutto fin dall’inizio, a proposito del suo grado di parentela all’interno della famiglia Trotter, ma si è guardata bene dal renderlo manifesto. Per vendetta? Sembra la spiegazione più plausibile. Era stata sua madre Cecily a metterla al corrente che in Inghilterra viveva suo padre Benjamin, o meglio, l’uomo che è stato suo padre biologico, visto che Cecily, dopo aver fatto sesso una volta con lui, decise di lasciarlo, espatriando improvvisamente alla volta degli Stati Uniti, dove viveva la madre e dove c’era un amore saffico ad aspettarla. Malvina figlia di tanta madre, disturbata e inaffidabile come lei? A quanto pare. A proposito, in “Circolo chiuso” ricompare anche Cecily, che torna da Benjamin, il quale l’accoglie a braccia aperte essendone ancora innamorato e quantunque lei zoppichi vistosamente perché si sta ammalando di Parkinson. Cecily, secondo il suo stile, appare e scompare. Con i soldi che Benjamin le dà per andarsi a curare, va in Australia ma non farà più ritorno, non perché muoia o roba del genere. No, la verità è molto più bizzarra. Cecily scompare perché s’innamora, stavolta del medico curante.
C’è un fatto di impatto narrativo altrettanto potente anche in “Middle England”. Ovvero ciò che accade in contemporanea alla morte di Colin. Quando questi rovina sul pavimento del soggiorno colpito da un ictus per la seconda volta, restando tra la morte e la vita per almeno tre ore, senza che vi sia nessuno a soccorrerlo, sua figlia Lois, la madre di Sophie, è sopraffatta da una violenta crisi di panico che la notizia della morte di Jo Cox appresa dalla tivù le ha scatenato, ragion per cui si scorda che toccava a lei andare a casa del padre, quel giorno. Jo Cox è la deputata laburista accoltellata a morte da uno squilibrato nazionalista. L’omicidio è uno dei danni collaterali della Brexit, maturato fra il nazionalismo più becero, di chiara matrice fascista.
La crisi di Lois affonda le sue radici negli anni Settanta, quando, in compagnia del fidanzato che aveva a quel tempo, è rimasta vittima di un atto terroristico messo a segno dagli indipendentisti irlandesi. Una bomba fu fatta brillare in un pub di Birmingham dove i due giovani si trovavano. L’ordigno causò la morte di lui e un forte trauma per lei, oltre a procurarle ferite superficiali diffuse. Ogni notizia di attentati in cui la politica c’entri, per Lois è un riaffacciarsi prepotente dell’esperienza traumatica vissuta da ragazza, in grado di terrorizzarla e paralizzarla ancora. Delle vicende dei fratelli Trotter adolescenti si parla nel primo volume, “La banda dei brocchi”. Il titolo è il soprannome che fratello e sorella s’erano scelti da ragazzi, a sottolineare la loro natura da imbranati contemplativi fieri di esserlo, in un mondo alieno perché fin troppo intraprendente e decisamente violento ma non abbastanza riflessivo.
Da fedeli lettori di Jonathan Coe aspettiamo un quarto volume. La vicenda di Paul, cos’è accaduto fra lui e Malvina fino alla rottura, a tacer d’altro, gridano vendetta.

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