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di Elisabetta Bramerio

Il numero dei diabetici è quadruplicato in pochi anni in tutto il mondo. La novità è che questa malattia del benessere, connessa all’apporto eccessivo di cibi zuccherati, è in crescita rapida e sta facendo un sacco di vittime anche nei Paesi a basso e medio reddito, a causa della ridotta disponibilità di cibi salutari, alla mancanza di attività motoria e in ragione di un accesso alle cure mediche non all’altezza della domanda

La sfida che ci attende è mondiale perché il problema del diabete è mondiale. A ricordarcelo sono le conclusioni di un mega studio osservazionale appena apparso su «Lancet». Quanto pubblicato sulla prestigiosa rivista inglese alla fine di aprile 2016 ci ricorda che il diabete dal 1980 al 2014 è praticamente quadruplicato. Il che significa che l’8,5% della popolazione mondiale è diabetica, che ogni anno 1,5 milioni di persone muoiono a causa del diabete, ma le morti connesse con i valori oltre il limite di glucosio nel sangue (che danno la certezza della malattia) sono ancora maggiori, pari a 2,2 milioni. Infine, che il 43% di questi decessi avvengono in persone che non hanno ancora raggiunto i 70 anni d’età.

Per mettere a nudo queste cifre spaventose, gli autori hanno utilizzato i dati di 751 studi avviati in circa 200 Paesi. Si tratta di studi clinici che nel complesso hanno esaminato una popolazione pari a 4 milioni e 372 mila adulti. Dall’analisi di questi pazienti è emerso che dal 1980 a oggi il numero dei diabetici è cresciuto, nelle donne più ancora che negli uomini. Il numero complessivo dei diabetici a livello mondiale è quadruplicato, passando dai 108 milioni del 1980 a 422 milioni del 2014. La crescita dei diabetici è stata più lenta nel Nord d’Europa, mentre è avvenuta più rapidamente in Polinesia e Micronesia, dove quasi il 25% della popolazione è diabetica, seguiti da Melanesia, dal Medio Oriente e dal Nord d’Africa. Fra il 1980 e il 2014 il Nord d’Europa ha registrato un leggero rallentamento del diabete nelle donne in rapporto all’età media, nonostante l’invecchiamento della popolazione nel suo complesso. Di contro, la prevalenza del diabete è cresciuta di quasi 15 punti percentuale in rapporto all’età media in uomini e donne in Polinesia e Micronesia, Paesi con il più alto tasso di obesità e sovrappeso. Nel 2014, nell’americana Samoa, altra isola del Pacifico del Sud, si è registrata la più alta presenza percentuale di diabetici: oltre il 30% in entrambi i sessi. I contorni del diabete in termini di incidenza e di numero di adulti che si ammalano ha ovviamente una spiegazione sociale. La malattia cresce più rapidamente e facendo più vittime nei Paesi a basso e medio reddito rispetto a quelli ad alto reddito, a causa dello stile di vita più povero e in ragione di un accesso alle cure mediche più limitato.

Lo studio in questione non fa distinzione fra diabete di tipo 1 e di tipo 2, tuttavia l’allarme è predominante per il tipo 2, altrimenti detto diabete alimentare. Ma andiamo per ordine. Pur essendo meno frequente rispetto al diabete di tipo 2, il diabete di tipo 1 può essere considerato la più frequente delle patologie rare e si manifesta per lo più durante l’infanzia e l’adolescenza. La sua incidenza interessa circa il 5-10% delle persone affette da diabete. A determinarlo è una reazione autoimmune, quando il sistema immunitario distrugge progressivamente le cellule del pancreas il cui compito è produrre l’insulina, poiché non le riconosce appartenenti all’organismo ma come estranee. Di conseguenza, la quantità di insulina comincia a diminuire gradatamente, il valore della glicemia comincia a salire e si manifestano i sintomi tipici del diabete di tipo 1: bisogno intenso di bere, bisogno di urinare, anche di notte, aumento dell’appetito. A questo punto diventa necessario iniettare l’insulina, indispensabile per far entrare il glucosio nelle cellule, ogni giorno e per tutta la vita (da qui la definizione di insulino-dipendente).

Il diabete di tipo 2 è la forma più comune nei Paesi industrializzati, ma ora, come abbiamo visto, la sua crescita è diventata assai preoccupante anche nei Paesi a basso e medio reddito. Il diabete di tipo 2 colpisce prevalentemente le persone in sovrappeso o obese dopo i 40-45 anni e interessa circa il 90-95% delle persone affette da diabete. In questo contesto patologico, il pancreas produce insulina, ma questa risulta meno efficace e le cellule non riescono poi a utilizzarla (insulino-resistenza) oppure si verifica un’alterata produzione di insulina.

Il dottor Etienne Krug, esponente di spicco dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel commentare per la BBC lo studio apparso su «Lancet», ha dichiarato che il diabete è un killer silenzioso contro il quale dobbiamo opporci con tutti i mezzi a causa del suo impatto devastante sulle famiglie e sulla società.

Se non si controllano i livelli di zucchero nel sangue, le conseguenze per la salute sono devastanti. A tacer d’altro, alti valori di glicemia triplicano il rischio di infarto, mentre quello di vedersi amputato un arto è addirittura venti volte più alto rispetto alla norma, a causa dell’aggravarsi delle malattie vascolari, che peggiorano per la presenza di zuccheri nel sangue. Allo stesso modo cresce il rischio di ictus, di malattie renali, di cecità e di complicazioni in gravidanza.

L’area in cui si è registrato uno dei più alti incrementi nella popolazione adulta diabetica è il Medio Oriente, che è passato da 5,9% del 1980 a 13,7% del 2014 rispetto alla popolazione globale.

A detta degli esperti della regione, la crescita della popolazione come numero e come età media è parte del problema, tuttavia la dieta e la mancanza di movimento sono i maggiori responsabili. Pare che in Turchia, il Pae

se con il più alto tasso di crescita di diabete in Europa e con uno dei più alti in Medio Oriente, oltre 3/4 degli adolescenti faccia meno attività fisica di quella raccomandata. Nel 2000, il 7,6% della popolazione turca era diabetica; in una decade il tasso di crescita è più che raddoppiato, posizionandosi intorno al 13,4%. A oggi, si stima che il 15% della popolazione turca adulta sia diabetica.

Il prof. Mehmet Temel Yilmaz, esponente di spicco della Federazione turca che combatte il diabete (FDT), ha dichiarato che nel Paese c’è una scarsa conoscenza del problema, giacché solo una persona su cinque sa cos’è il diabete e quali sono le cause, aggiungendo che i turchi non fanno esercizio fisico con regolarità, che si sono abituati alle nuove tecnologie più velocemente di altri, con la conseguenza che sono diventati più sedentari. Inoltre, in Turchia resiste la cultura del fast food tradizionale (Doner-Kebab) specie nel Sud-Est del Paese, la regione a maggioranza curda, dove si stima una delle più alte crescite del diabete. Ci sarebbe un altro fattore dominante nella popolazione turca che fa sì che la vita che si conduce non aiuti a tenere sotto controllo il diabete: lo stress. I turchi, a detta degli esperti, hanno bisogno di adottare un nuovo approccio esistenziale che li aiuti a migliorare la qualità della vita, mangiando cibi più sani, facendo più esercizio fisico e cercando di stare più calmi.

Quello che vale per la Turchia è estendibile a tutti i Pae si in cui il diabete è in crescita. Il rapporto dell’OMS sostiene che l’intera comunità mondiale debba passare dalle parole ai fatti. La soluzione più semplice è quella di fare più esercizio fisico, mangiare più sano e tenere sotto controllo l’aumento ponderale, anche se non è sempre così facile a farsi per una serie di fattori, strutturali e contingenti, come vedremo. Dal che deriva l’esortazione degli esperti ai singoli governi affinché s’impegnino a regolamentare la presenza di grassi e di zuccheri negli alimenti, per assicurare prodotti salutari accessibili a tutti.

Altro punto su cui l’OMS insiste è quello che nelle aree urbane, dove risiede la più alta concentrazione di diabetici, si debbano aumentare gli sforzi per consentire alla popolazione di usufruire di più della bici e di camminare di più, incoraggiando anche l’allattamento naturale.

Anche le aziende sono chiamate in causa. Segnatamente le industrie alimentari sono invitate ad agire responsabilmente per ridurre i grassi e gli zuccheri nei cibi, smettendo di pubblicizzare tra gli adolescenti le merendine e gli altri cibi poco salutari, non ultime le bevande zuccherate.

Soltanto se si mantengono i valori sanguigni sotto controllo le complicanze mortali del diabete possono essere arginate. Tuttavia, nel rapporto dellOMS è emerso che due terzi dei Paesi a basso reddito non sono attrezzati per misurare lo zucchero nel sangue e neppure hanno le medicine salvavita, come l’insulina o altri farmaci equivalenti.

Due dati su tutti sembrano preoccupare gli esperti: l’alta diffusione delle malattia, giacché 1 persona su 11 è diabetica, e la mancanza di equità sociale. A tutt’oggi, nella maggior parte dei Paesi a basso reddito, la gente si ammala di diabete senza avere accesso alle cure e alle tecnologie che servono per gestire al meglio la malattia.

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