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Fino a qualche anno fa in autunno era in voga la dieta dell’ampeloterapia. Si tratta della cura dell’uva (“ampelos” in greco significa “vite”) considerata purificante per tutto l’organismo e in particolar modo per cuore e arterie. Che l’ampeloterapia fosse benefica, era già noto ai tempi dei romani. A detta dei suoi estimatori odierni, la dieta conserva un’azione drenante sul fegato. Inoltre, per la presenza di un particolare polifenolo, il resveratrolo, pare che protegga direttamente le arterie e i vasi sanguigni, rallentando i processi di invecchiamento e infiammazione cellulare.
L’ampeloterapia prevede di mangiare solo uva (meglio rossa) per un paio di giorni, o, in alternativa, protrarre l’assunzione per due settimane, aggiungendo una porzione di questo frutto a ogni pasto. Un grappolo d’uva da accompagnare a cibi altrettanto leggeri: dallo yoghurt con il tè al mattino, a un primo piatto di pasta o riso con verdure a mezzogiorno, a un secondo di carne bianca o pesce la sera. Unica raccomandazione, i diabetici e tutti coloro a rischio di malattie del metabolismo ne stiano lontani. Per loro l’ampeloterapia è assolutamente controindicata perché l’uva è zuccherina e alza il livello di glicemia nel sangue.
I più avveduti sono solleticati dal prodotto biologico. Che senso ha purificarsi con l’uva se questa è un ricettacolo di pesticidi? Meglio il prodotto non trattato, no? In questo modo – oltretutto – ci si avvicina di più al frutto “organico” che gli antichi romani consumavano in tempo di vendemmia, quantunque il verderame (il noto antiparassitario ricavato dal rame) fosse conosciuto e venisse spruzzato sulle viti fin dall’epoca di Giulio Cesare.
Fatto sta che ai tempi nostri la ricerca nutraceutica (neologismo che mette insieme “nutrizione” e “farmaceutica”) ha aggirato l’ostacolo mettendo a punto l’estratto di resveratrolo, oggi esistente come integratore. Il ragionamento alla base è stato di mantenere la parte buona eliminando quella superflua dell’uva per disporre, oltretutto, di un concentrato molto più ricco di proprietà benefiche. Va detto che in natura l’uva, così come il classico bicchier di vino a pasto, non sono gli unici alimenti a contenere il polifenolo in oggetto. Esso è presente anche in arachidi e nocciole, in lamponi e mirtilli. In tutte le piante il resveratrolo funziona da antimicotico e antiparassitario. Ma il problema di questa sostanza nell’organismo è che viene assorbita velocemente, al punto che gli effetti benefici coincidono sempre con dosi molto elevate degli alimenti che la contengono. È questa la ragione del perché, se si vogliono stimare gli effetti concreti, una valida alternativa alla scorpacciata d’uva sono diventati gli integratori. È quanto diversi studi scientifici hanno proposto, stando a ciò che apprendiamo da uno dei più recenti. In quest’ultimo, in particolare, datato 2019 ma che – salvo errore – rappresenta ancora quanto di più aggiornato si conosca sull’argomento, si è cercata una sintesi sugli effetti scientificamente provati che il resveratrolo ha sull’apparato cardiovascolare. Dei ricercatori canadesi hanno così dato vita a una metanalisi dove hanno passato in rassegna gli studi in lingua inglese sull’argomento, apparsi sulla stampa scientifica fra il 2011 e il 2018. Si tratta di lavori in fase di riscontro sui modelli animali. Dopo aver scartato i lavori che avevano un numero troppo ridotto di cavie o che fossero in conflitto d’interessi, gli analisti si sono concentrati sugli studi osservazionali “in doppio cieco” con all’attivo un numero rappresentativo di soggetti. Per quanto concerne il resveratrolo, la più parte di questi studi hanno proposto la sostanza di sintesi e non l’alimento naturale, per ovvie ragioni di praticità, trattandosi di cavie animali, ma anche per riscontare gli effetti del polifenoli alle dosi massimali. In base a quello che hanno inferito, pur non essendo ancora chiaro il meccanismo attraverso il quale agisca, s’è visto che il resveratrolo sui ratti produce numerosi effetti positivi nel diminuire i processi infiammatori, aumentando le funzione endoteliale e riducendo lo stress ossidativo. In ragione di questi effetti, ne hanno beneficiato la pressione arteriosa diastolica e altre importanti funzioni vascolari.
In attesa che la promettente ricerca passi alle fasi 2 e 3 sugli umani, ricordiamo che al momento non ci sono evidenze scientificamente provate che gli effetti benefici sugli animali siano sovrapponibili senza sbavature negli esseri umani.  A oggi, in accordo con gli autori dello studio citato (apparso sulla rivista «International Journal of Molecular Sciences») si può affermare che il resveratrolo induce un’azione terapeutica benefica (attraverso un meccanismo ancora da chiarire) per una varietà di condizioni patologiche riscontrate in presenza di malattie cardiovascolari e, in particolare, in caso di insufficienza cardiaca nei modelli animali di riferimento. Il che fa ben sperare che un apporto costante di questo polifenolo nelle dosi raccomandate possa costituire un valido presidio nutraceutico anche per l’uomo. Per dirlo con accortezza scientifica, dobbiamo aspettare che gli studi facciano il cosiddetto “salto di specie”, passando dal modello animale a quello umano.

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