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di Cristina Sampiero

I cibi zuccherati aumentano il rischio di malattie cardiovascolari e di morte precoce In particolare il consumo regolare di bibite zuccherate (sette “porzioni” o più a settimana) è associato a un aumento del rischio di morte per malattie cardiovascolari

Di ritorno da un recente viaggio oltreoceano, non ho potuto fare a meno di constatare come in questo momento in Italia si stiano ancora seguendo i gusti diffusi negli Stati Uniti fino a qualche tempo fa, con tutte le conseguenze negative: obesità per consumo eccessivo di zuccheri, impiego massiccio di grassi indigesti con insorgenza di malattie cardiovascolari e diabete. Al contrario, gli americani, almeno in parte, sembrano aver preso coscienza del problema e cercano fortemente di porvi rimedio,  cambiando direzione. Noi, invece di fare tesoro delle esperienze altrui e tentare di non ripetere gli stessi errori, ci stiamo sbattendo il naso. I nostri bambini sono sempre più grassi e noi più grandicelli abbiamo appesantito il nostro zainetto di guai con un sacco di problemi, che solo alcuni anni fa erano appannaggio di pochi mentre oggi sono una preoccupazione di molti. A differenza di quindici anni fa, epoca del mio primo viaggio negli States, ho visto obesi meno eccessivi e magri molto più attivi.  È una cosa che ho personalmente constatato, che salta all’occhio specialmente a una che, come me, si occupa di alimentazione da tanto tempo. Ricordo con esattezza che quindici anni fa rimasi impressionata da quanto fossero enormi gli obesi. In Italia ce n’erano già molti ma il più grasso dei nostri, in America era… uno qualunque. Oggi no, non più. Certo, obesi ce ne sono ancora tanti ma non ho visto casi così eclatanti come allora; ho proprio notato, invece, quanto si sia alzata l’attenzione alla qualità del cibo. Anche chi va di fretta (e li vanno davvero tutti di fretta), quando deve decidere cosa mangiare, rallenta e riflette. E questa è proprio una cosa bella. Riflettere, pensare, scegliere il cibo. La decisione, apparentemente solo personale, di acquistare e mangiare un determinato alimento, è dettata non solo dalla cultura propria di una popolazione ma anche da mode e tendenze sempre diverse, da Paese a Paese, da decennio a decennio. La percezione degli alimenti attraverso i sensi: gusto, olfatto, tatto, vista e anche udito, è uno dei principi che determinano le scelte alimentari. Le preferenze gustative in parte sono innate, come il piacere per il dolce e l’avversione per l’amaro, in parte sono acquisite con l’esperienza già nei primi anni di vita. Oltre alle caratteristiche sensoriali, sul gradimento di determinati alimenti, agiscono anche componenti sociali o culturali, l’età o altre caratteristiche demografiche, lo stato di salute, i fattori cognitivi. In otto giorni di permanenza a New York ho cercato di assaggiare tutto quello che potevo, perche lì c’è tutto e buono. Ho mangiato indiano, giapponese, cinese, messicano, americano e, giuro che non è campanilismo, ho mangiato il miglior panino col prosciutto crudo della mia vita… ma forse era anche merito della fame dopo i tanti chilometri di camminate.

L’offerta alimentare è infinita e bisogna, per forza, scegliere bene.

Negli ultimi anni sempre più spazio è stato dedicato alla cucina. Dai giornali alla televisione fino a Internet è un’esplosione di ricette, eventi culinari e curiosità su tutto il mondo alimentare… ma ci deve essere un motivo se l’UNESCO nel 2010 ha iscritto la dieta mediterranea nella prestigiosa lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità! E, ovviamente, c’è: essa rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo del cibo. Questo modello alimentare è rimasto costante nel tempo e nello spazio ed è costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta – fresca o secca – e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vini o infusi, sempre nel rispetto delle tradizioni di ogni comunità. La dieta mediterranea promuove l’interazione sociale poiché è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato origine a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Si fonda sul rispetto del territorio e la biodiversità e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo. Dunque siamo quello che mangiamo? Certamente sì. L’alimentazione è un aspetto fondamentale della nostra vita e, in un certo senso, quello che mangiamo determina chi siamo. In base al tipo di alimentazione che seguiamo, infatti, possiamo influenzare la nostra salute. L’alimentazione può incidere molto sulla nostra vita e determinare il nostro futuro. Per questo quello che mangiamo rappresenta il nostro stile di vita e il nostro modo di vivere. Una vita sedentaria e un’alimentazione eccessiva possono creare problemi. È per questo che dobbiamo dare la giusta importanza all’alimentazione e che nutrirsi non deve essere solo qualcosa di indispensabile, ma anche un’occasione per fare attenzione a ciò che si mangia. È necessario prediligere i cibi sani per far in modo che il nostro organismo possa funzionare correttamente, senza diventare schiavi delle diete, ma imparando a mangiare e a custodire il nostro corpo. “La vita sedentaria è un rischio per il cuore. Se a questo si aggiunge che spesso si mangia male, il quadro generale peggiora. Commettiamo troppi peccati di gola, trascuriamo la dieta mediterranea e gli alimenti cardine di una sana alimentazione. Dobbiamo modificare le nostre abitudini e renderci conto che la salute del cuore si costruisce mattone dopo mattone, proprio come una casa”. Con queste parole il Presidente della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) rende molto bene l’idea. Ogni casa per essere solida deve poggiare su sane fondamenta. Ogni tanto uno strappo alla regola ci può stare, ma deve essere un caso isolato, non l’abitudine.

L’America, che è dall’altra parte della luna, è una terra meravigliosa ed è sempre stata la prima nel mondo, in tutto. Gomme americane, rock and roll, carne in scatola, capitalismo, fumetti, Micky Mouse, Paperino, Nembo Kid, Gary Cooper, John Wayne, gli indiani, i nordisti e i sudisti… sono tutti simboli degli USA e del loro fascino ma dal punto di vista alimentare, nutrizionale, culinario, gastronomico l’Italia e tutto il bacino del Mediterraneo sono differenti, anche semplicemente per una mera questione di storia, tradizioni e biodiversità.

Gli americani, questo, oggi, l’hanno capito e hanno cominciato a mangiare come mangiavamo noi. Sono loro che adesso subiscono il nostro fascino, addirittura certe scritte campeggiano trionfali nelle insegne dei negozi tipo “gelato” anzichè “ice” o “spaghetee” o “parmesan cheese” a riprova del fatto che il “Made in Italy” è la strada da seguire.

E intanto noi, oggi, mangiamo come mangiavano loro… ieri.

Occorre fermarci signori, cambiare i paradigmi, riflettere e capire che non dobbiamo sacrificare questo immenso patrimonio in nome di una modernità che tra vent’anni ci presenterà il conto e ci farà capire che… stavamo meglio prima. Stavamo meglio quando stavamo peggio.

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