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di Alberto Ferrari
Un incidente stradale, un trauma cranico, un coma irreversibile, e Simon diventa un donatore di organi. Dal momento in cui viene decretata la morte cerebrale di questo ragazzo, una macchina inesorabile si mette in moto: bisogna salvare almeno il cuore. Intorno si muovono le vite degli addetti ai lavori che faranno sì che il suo cuore continui a battere in un altro corpo

Siamo in Francia, ai giorni nostri. Un gruppo di giovani surfisti di Le Havre, di ritorno da una nottata sulla spiaggia a caccia di onde e, va da sé, di forti scariche di adrenalina, incappa in un brutto incidente stradale alle prime luci dell’alba. Sono tre ragazzi non ancora ventenni, due hanno la cintura di sicurezza e uno no quando il loro furgoncino, a causa di una lastra di ghiaccio, perde il controllo e si schianta contro un palo. Simon Limbres, lo sfortunato senza cintura, è gravissimo. Nell’urto ha sbattuto la testa violentemente. Gli altri due se la caveranno con qualche osso rotto. Al Pronto Soccorso, le condizioni del giovane appaiono subito disperate. A causa dell’urto, ne viene decretata la morte cerebrale. Intanto che si rintracciano i parenti, si mette in moto la macchina per l’espianto degli organi. È una procedura normale in questi casi. Chi se ne occupa sa di fare un lavoro eccezionale, sa di dover lottare in modo indegno contro il dolore dei parenti e contro il tempo, che non ammette troppi indugi, se si vogliono proporre degli organi ancora intatti a dei riceventi da rintracciare su un apposito database. Grazie a un software, in cui vengono caricati i dati medici che riguardano gli organi resi disponibili dal donatore, insieme ai valori massimi per la compatibilità con i riceventi, si va alla ricerca di chi potrebbe beneficiare di cuore, fegato, polmoni e reni liberati dal ragazzo. Simon avrebbe reso disponibili anche le cornee, ma i parenti si sono opposti. Non accettano che il suo viso venga sfigurato anche se è solo per il post mortem.

Da Le Havre a Parigi. Qui vive Claire Méjan, una donna di cinquant’anni, di professione traduttrice e madre di tre figli che, a causa di un’infiammazione del miocardio, ha sviluppato un’insufficienza cardiaca grave. Il suo cuore non pompa più come dovrebbe, inoltre è preda di forti alterazioni del ritmo, fatto sta che Claire è da tempo in lista per un trapianto. Il suo nome ha fatto capolino dal database in cui è stata attivata la ricerca del ricevente non appena sono stati introdotti i valori di compatibilità del cuore di Simon. Sembra che fra queste due persone ci sia feeling, nonostante la differenza di età. Un feeling fatto di parametri ematochimici e cardiaci e di altri “incomprensibili” valori medici. Inoltre, il cardiochirurgo che ha in cura la signora ha fama di essere uno dei più bravi. Anzi, Harfang è il più bravo. Il che non guasta per la buona riuscita dell’intervento.

Breve excursus di storia della medicina. Il narratore ci ricorda che la Francia è una delle patrie in cui il trapianto di cuore ha mosso e tuttora muove passi importanti verso le ultime frontiere della scienza. A tutt’oggi le ipotesi più accreditate sono quelle di impiantare un cuore artificiale nei pazienti come Claire. È proprio Harfang, l’illustre cardiologo in procinto di eseguire il trapianto di cuore su Claire, che ne ha appena parlato a un convegno, fra lo stupore e l’ammirazione e l’invidia dei colleghi.

Dell’espianto del cuore del giovane a Le Havre Harfang incarica un allievo, mentre lui si prepara a impiantarlo sulla paziente ricoverata d’urgenza nella clinica di Parigi. L’allievo è un italiano chiamato dal maestro a una prova che non ammette repliche. O eseguirà un espianto perfetto, oppure per lui si profila una carriera priva della benevolenza del potente primario. L’allievo cardiochirurgo si reca con la sua assistente a Le Havre per eseguire il prelievo dell’organo. In sala operatoria si alterna sul corpo del denotare con i colleghi e le loro équipe che sono lì per lo stesso motivo, chi per asportare il fegato, chi i polmoni e chi i reni. L’alternarsi delle quattro équipe avviene secondo regole prestabilite, nel rispetto della migliore conservazione degli organi.

Quando è tutto finito, quando il cuore insieme agli altri organi hanno preso le destinazioni giuste, c’è chi si preoccupa di restituire al cadavere del donatore il miglior aspetto possibile. Una giovane vita deve tornare all’affetto di una mamma e di un papà distrutti dal dolore. Inoltre quel corpo senza vita ha un cuore che adesso batte nelle viscere di un altro corpo. Così pure quel fegato, quei reni e quei polmoni. Il sacrificio che si è appena compiuto richiede un rispetto e un cordoglio che si può manifestare solo così, restituendo al pianto inconsolabile dei parenti un corpo che non tradisca la bellezza e il vigore di un giovane uomo che giace supino come se dormisse.

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