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di Alberto Ferrari

La salute cardiovascolare degli italiani come appare dal confronto di due indagini condotte dall’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination  Survey, la prima fra il 1998 e il 2002, la seconda fra il 2008 e il 2012, nell’ambito de Il Progetto CUORE. Dal raffronto è emerso che in questi anni non vi sono state variazioni  significative nei campioni di popolazione esaminata, uomini e donne di età compresa fra 35 e 74 anni

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Dar vita a un registro degli eventi coronarici e cerebrovascolari per monitorare gli eventi fatali e non fatali nella popolazione italiana adulta, indicare la distribuzione dei fattori di rischio e raccogliere gli studi longitudinali di maggior interesse per mettere a punto un metodo semplice ed efficace per la stima del rischio cardiovascolare assoluto. Sono questi gli obbietti di un corposo progetto di ricerca, “Il Progetto CUORE”, partito sedici anni or sono (1998) grazie al finanziamento del ministero della Salute. All’opera quattro gruppi di ricerca italiani, capitanati da altrettanti medici accomunati dallo stesso background epidemiologico formativo e coordinati dall’Istituto superiore di Sanità (ISS), Simona Giampaoli, Marco Ferrario, Salvatore Panico e Diego Vanuzzo.

Il primo obbiettivo è stato raggiunto grazie all’attivazione del Registro nazionale degli eventi coronarici e cerebrovascolari, il secondo con la creazione dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey (Oec/Hes) nell’ambito dell’accordo di collaborazione fra Istituto Superiore di Sanità e Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, che ha all’attivo due indagini sullo stato di salute della popolazione in generale, la prima condotta negli anni 1998-2002, la seconda a distanza di dieci anni, nel 2008-2012. Il terzo obiettivo coincide con la realizzazione della Carta del rischio e del Punteggio individuale, strumenti di sanità pubblica da applicare nella popolazione sana (cioè, esente da un precedente evento cardiovascolare) per valutare, sulla base di sei-otto fattori di rischio la probabilità di ammalare di infarto o ictus nei 10 anni successivi.

A maggio di quest’anno è stato presentato il confronto fra dati raccolti nell’ambito dell’Oec/Hes su campioni di popolazione generale di età 35-74 anni distribuiti nelle 20 regioni italiane esaminati nel 1998-2002 e nel 2008-2012, a dieci anni di distanza. Dai dati emerge “che non ci sono state variazioni significative nella distribuzione delle malattie cardiovascolari in questa fascia di età – ci spiega la dottoressa Simona Giampaoli dell’ISS – se si esclude un aumento degli interventi di rivascolarizzazione, mentre per quanto riguarda i fattori di rischio nella popolazione abbiamo identificato interessanti variazioni in parte attese. I grafici che abbiamo messo a punto sono utili per capire i risultati del confronto fra i due quadrienni; i dati sono ‘pesati’ per la popolazione residente nel 2000 e nel 2010, anni centrali delle due indagini, in modo che le due popolazioni a confronto abbiano la stessa distribuzione per età della popolazione reale. Per esempio, se consideriamo l’andamento della pressione arteriosa nella popolazione in generale, nella fascia d’età fra 35-74 anni, si evince che il valore medio della pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica, è leggermente diminuita (circa 3 mmHg nei 10 anni) sia negli uomini che nelle donne e che lo stato del controllo dell’ipertensione è migliorato in entrambi i sessi: la combinazione di queste due caratteristiche ci fa sperare in una consistente riduzione del numero di eventi cardiovascolari che si svilupperanno nella nostra popolazione”.

Dati significativi sono raggruppati nella tabella della “Colesterolemia totale”: dal confronto effettuato a dieci anni di distanza, si evince in maniera netta negli uomini, un po’ meno nelle donne, che l’ipercolesterolemia è aumentata. Negli uomini, la percentuale di soggetti affetti da ipercolesterolemia è passata dal 20,8% del 1998-02 al 34,3% del 2008-12, mentre nelle donne dal 24,5% del primo periodo al 36,6% del secondo. Alla base di questa variazione c’è una colesterolemia media totale che è passata negli uomini da 205 a 211 mg/dl, nelle donne 207 a 217mg/dl. Il numero delle persone consapevoli della condizione e trattate adeguatamente è più che raddoppiato (gli uomini dal 7,3% al 15,5%, le donne dall’11,6% al 26,2%). Discorso analogo per l’andamento dell’assetto lipidico: a 10 anni di distanza sono aumentati sia negli uomini che nelle donne la trigliceridemia e l’LDL medio. “Va rilevato un aumento del colesterolo HDL – sottolinea la dottoressa Giampaoli – che va letto in maniera positiva, essendo un fattore protettivo per la salute di cuore e arterie; questo parametro è quasi sempre connesso ad un incremento dell’attività fisica”. Una conferma parziale di quello che stiamo dicendo viene dall’osservazione di grafici e tabelle che parlano delle abitudini degli italiani a riguardo dell’attività fisica intesa come prestazione individuale finalizzata a mantenere il corpo in esercizio. Infatti la sedentarietà è risultata in leggero calo. L’inattività fisica negli uomini passa dal 34% al 32,3%, nelle donne dal 46,3% al 41,6%. Virtuosi sono risultati gli uomini che hanno smesso di fumare: questa abitudine si riscontra nel 32,3% degli uomini nel primo quadriennio e cala al 23,8% nel secondo. Aumenta l’obesità in particolare negli uomini, che passa dal 17,2% al 24,5%; nelle donne era già alta nel 1998-2002 (22%) e passa al 24,9%. A smentita di quanto si credeva, la prevalenza del diabete rimane stabile nei 10 anni, attorno all’11% negli uomini e al 7% nelle donne; aumenta invece la proporzione delle persone che sanno di esserlo.

Nell’ambito delle abitudini alimentari, alcune considerazioni: solo il 30% della popolazione di questa fascia di età (35-74 anni) consuma quantità di verdura giornaliera adeguata (almeno 200g, pari a 2-3 porzioni al giorno), un po’ più del 30% consuma pesce almeno 2 volte a settimana, solo il 15% consuma dolci secondo le raccomandazioni (non più di 2 volte a settimana). Se prendiamo in considerazione la presenza di almeno 5 fra 8 comportamenti alimentari sani (oltre a quelli citati, il consumo di insaccati non più di due volte a settimana, non più di 3 volte a settimana i formaggi, consumo di bibite zuccherate non superiore ad una lattina a settimana, frutta almeno 2-3 porzioni al giorno e non più di un bicchiere di vino al giorno per le donne e due per gli uomini) nelle persone che dichiaravano di svolgere attività fisica di qualche genere e di non fumare la prevalenza è del 7% degli uomini e del 12,8% delle donne. A fronte di quanto esposto, ossia di dati che confortano in un caso ma deprimono in un altro, non stupisce che il rischio cardiovascolare complessivo a dieci anni (CVD) nella popolazione di età 35-69 anni, presa in esame nei due periodi 1998-02 e 2008-12, registra un andamento in leggero calo (8,1% il rischio cardiovascolare a 10 anni negli uomini nel 1998-2002 passa al 7,6% nel 2008-2012; nelle donne dal 3,2% di rischio cardiovascolare a 10 anni nel 1998-2002 passa al 2,7%  nel 2008-2012). La soglia del 20% di rischio a 10 anni (corrispondente al 5% del rischio della carta SCORE Europea) passa dal 9,6% nel primo quadriennio all’8,5% nel secondo; nelle donne dallo 0,8% allo 0,6%. “E’ probabile che la riduzione della proporzione di persone a rischio elevato – ipotizza la nostra interlocutrice – sia dovuta alla riduzione del valore medio della pressione arteriosa e dalla riduzione della abitudine al fumo di sigarette, nonostante l’aumento della colesterolemia”. In generale, i risultati mostrano che  in ambito comunitario sui fattori di rischio qualcosa è stato fatto negli anni (per esempio, abolizione dell’abitudine al fumo nei locali pubblici,  modificazione della quantità di sale nel pane e in altri  prodotti confezionati) e questo ha portato sicuramente benefici, evidenziando un andamento in discesa della prevalenza dell’abitudine al fumo e una leggera riduzione del valore medio della pressione arteriosa nella popolazione; la prevalenza del diabete è praticamente rimasta stabile nel decennio, così come stabile sembra la prevalenza delle malattie cardiovascolari. Purtroppo però è evidente l’aumento della obesità e della colesterolemia media nella popolazione.

“Il controllo delle condizioni a rischio è sicuramente migliorato, ma c’è ancora molto da fare nell’ambito della prevenzione: interventi comunitari ed individuali rivolti a semplici modificazioni degli stili di vita nelle diverse fasce di età compresa quella avanzata consentiranno di migliorare lo stato di salute cardiovascolare”.

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