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di Riccardo Segato

È noto l’apporto benefico per cuore e arterie di una dieta equilibrata. Mangiar sano aiuta a prevenire le malattie cardioemboliche ma quando la dieta da sola non basta si può ricorrere a degli integratori alimentari che servono a bruciare grassi e a mantenere ottimale l’apporto calorico. Parte da qui la promessa di Nutriheart, che è quella di identificare dei nutrienti che aiutino a contrastare le alterazioni metaboliche che l’organismo non è più in grado di riequilibrare

fruitheart

E’ provato che l’inattività fisica gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo del rischio metabolico e cardiovascolare. Le persone sedentarie, proprio per il fatto di fare un’attività fisica deficitaria, corrono più rischi di attivare uno stato infiammatorio cronico generalizzato, di sviluppare l’insulino-resistenza, di avere i valori lipidici alterati e di andare incontro a ciò che viene definita resistenza anabolica. Quest’ultima è indotta dall’età che avanza, dal poco movimento o dalla presenza di una patologia in corso e consiste nella ridotta funzionalità degli aminoacidi di stimolare la sintesi proteica, sicché l’apporto proteico risulta insufficiente. Per contrastare questi rischi per cuore e arterie causati dall’inattività fisica e da altri fattori di rischio, i nutrizionisti hanno creato ad hoc il concetto di bilancio energetico. Secondo questo assioma l’introito proteico giornaliero deve essere mantenuto intorno a 1 g per ogni kg di peso corporeo. Con l’avvertenza che il pareggio di bilancio, ovverosia il bilancio energetico neutro, si ottiene quando le proteine che assumiamo coincidono con il consumo energetico necessario per vivere.

Il passo successivo è quello di identificare dei nutrienti che aiutino l’organismo a contrastare le alterazioni metaboliche che l’organismo non è più in grado di riequilibrare. In questa direzione molto è stato fatto, ma tanto resta ancora da fare. Sull’onda lunga di questa attività scientifica, il progetto di ricerca italiano Nutriheart, partito nell’ottobre 2010 e cofinanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Unione Europea attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, si prefigge di indagare i fattori di rischio genetici e ambientali delle malattie cardiovascolari per curarli con la somministrazione di integratori nutrizionali innovativi. “Nutriheart ha permesso innanzitutto di identificare – spiega Bruno Stefanon, coordinatore scientifico del progetto – i fattori ereditari capaci di predisporre all’insorgenza di malattie cardiovascolari, per poi sviluppare percorsi nutrizionali personalizzati e approfondire le proprietà degli alimenti funzionali, utili per prevenire queste patologie”.

Quindi non solo è possibile capire chi è predisposto geneticamente alle malattie cardiovascolari, ma anche prevenirle sottoponendo il soggetto in questione a una dieta alimentare apposita.

“È noto che stili di vita errati, come dieta ipercalorica e scarsa attività fisica – continua Stefanon – sono corresponsabili dell’insorgere delle malattie cardiovascolari. Uno degli obiettivi di Nutriheart è stato proprio quello di sviluppare i cosiddetti ‘alimenti-farmaco’, utili per prevenire problemi cardiovascolari e migliorare la condizione di chi già ne soffre”.

Una dieta personalizzata per ridurre il rischio cardiovascolare, data la complessità della patologia, richiede di considerare tutti i fattori di rischio: lo stato di salute della persona, il suo stile di vita e il suo “quadro” genetico.

“L’obbiettivo del Progetto – si legge nella brochure – è quello di sviluppare degli integratori a base di composti nutraceutici ad attività antiossidante e antinfiammatoria per prevenire le patologie cardiovascolari, in particolare nei soggetti a rischio”.

Osservandoli da vicino, questi nutraceutici, si scopre la filiazione con la fitoterapia. “L’approccio che prevede di integrare la dieta con micronutrienti bioattivi di origine vegetale rappresenta l’evoluzione nutraceutica della fitoterapia classica: le piante non solo hanno costituito per millenni la prima fonte di principi medicamentosi, ma hanno fornito le basi per lo sviluppo scientifico della moderna farmacologia”.

Per esempio, l’estratto del Vaccinium myrtillus, ovvero un fitocomplesso isolato dalle bacche del mirtillo nero, è uno dei maggiori nutraceutici per la sua spiccata attività antiossidante and antiinfiammatoria. Negli ultimi anni è emerso un forte interesse anche per il caffè verde (non tostato) e i suoi estratti. Quest’ultimi, in particolare, si sono rivelati utili nel trattamento dell’obesità e del sovrappeso.

A complicare le cose accade che un composto fitoterapico giudicato interessante per una determinata attività biologica in vitro, potrebbe risultare inefficace in vivo. Ciò accade perché la maggior parte delle sostanze di origine vegetale ha problemi di solubilità e quindi non riesce a sciogliersi in tempo utile nei liquidi dell’organismo, oppure si degrada troppo velocemente perdendo le sue proprietà terapeutiche. La scienza ha così messo a punto delle tecnologie innovative per ovviare al problema e migliorare le bioattività in vivo. “Tali tecnologie hanno dimostrato di fornire soluzioni ottimali per una vasta gamma di problemi (scarsa solubilità, instabilità, bassa biodisponibilità, …) e grazie a esse l’innovazione viene resa fruibile, garantendo un’elevata qualità degli integratori per il pubblico”.

Per ottimizzare ulteriormente l’utilità degli integratori, è inoltre necessaria la messa a punto di una medicina personalizzata. Per fare capire il concetto è come se, in futuro, il nostro medico fosse in possesso di una chiavetta USB che racchiude il nostro intero codice genetico, in virtù del quale ci consiglia lo stile di vita più adeguato, gli integratori più efficaci e nei dosaggi migliori e i comportamenti da attuare per la prevenzione delle malattie cardiache. Medicina preventiva e nutrigenomica concorreranno in un futuro prossimo per farci stare meglio, la prima occupandosi di identificare, mediante l’analisi del profilo genetico, le persone più a rischio, la seconda con lo scopo di individuare “una corretta modulazione della terapia nutrizionale in base al genotipo del paziente”.

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