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di Riccardo Segato

Pare sia la malattia più diffusa. Le stime parlano di un’incidenza superiore al 30 per cento, ma mettendo insieme tutti, dai neonati, ai giovani, alle donne, categorie entro le quali la malattia colpisce ma in modo molto minore. L’ipertensione si previene cambiando stile di vita e si cura sottoponendosi a misurazioni periodiche per vedere se l’effetto dei farmaci dà gli effetti sperati. Diversamente, un’ipertensione fuori controllo sottopone l’organismo a parecchi rischi mortali. Ed è per questo motivoche ne parliamo. La prevenzione di una malattia così frequente non può prescindere da una corretta informazione

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“Il mondo dell’ipertensione è stato paragonato all’iceberg di cui si vede solo la punta. Questo per dire che tutte le stime sono in difetto, che il grosso del problema non appare nella sua interezza è che sarà sempre difficile da quantificare compiutamente. Ciò nonostante questo iceberg è tutt’altro che trascurabile. Anzi. Solo in Italia, circa 20 milioni di persone soffrono di ipertensione e di costoro l’80% non si cura in modo ottimale, o perché non segue adeguatamente le terapie o perché non sa di essere ammalato. E qui siamo alla parte più corposa dell’iceberg, quella che non appare. Stando alla parte emersa, invece, l’ipertensione è causa ogni anno di 226mila casi di ictus, 184mila di scompenso cardiaco e 90mila di infarti, senza aggiungere altri problemi a carico dell’organismo.

Altro fatto che la dice lunga sulle dimensioni notevoli della parte nascosta dell’iceberg è che l’ipertensione arteriosa è una patologia di cui spesso, alcuni dicono addirittura nel 95% delle volte, non si conoscono le cause. L’ipertensione arteriosa viene definita una “sindrome clinica”, caratterizzata da un aumento stabile dei valori pressori oltre un valore soglia definito ottimale sulla base di evidenze epidemiologiche.

La pressione arteriosa viene distinta in due fasi. Quando il cuore, durante la sua attività di pompaggio del sangue sulle pareti dei vasi – arterie e vene – si contrae, descrive la fase di pressione “sistolica”, in cui i valori pressori sono massimi: 120-140 mmHg i valori ottimali. Quando invece il cuore si dilata, nel momento di riposo fra un battito e l’altro, descrive la fase di pressione “diastolica”: in media 70/80 mmHg.

Variazioni di pressione sono una cosa assolutamente normale. La pressione aumenta momentaneamente dopo uno sforzo fisico o una tensione emotiva, che può essere anche banale, come la visione di un film particolarmente coinvolgente, in seguito al consumo di alcol, di caffè (per la presenza della caffeina), ma soprattutto a causa del fumo di sigaretta. Queste alterazioni sono temporanee. Una volta cessato lo stimolo che ha provocato l’aumento, un individuo sano ritorna a valori pressori normali. In questi casi momentanei si parla di “reazione pressoria”. Il disturbo inizia nel momento in cui la pressione non torna normale ma rimane alta. Questo fenomeno viene chiamato “Ipertensione essenziale” (IA), cioè indipendente da cause o malattie particolari. L’IA è una a malattia a sé stante di cui, come si diceva, le cause che l’hanno scatenata rimangono non identificate in oltre il 90% dei casi. Due sono le caratteristiche che contraddistinguono l’IA. Un’anamnesi familiare positiva, ovvero la presenza di parente di primo grado già affetto; l’insorgenza della malattia a un’età relativamente giovane, fra i 35 e i 50 anni.

Di contro, si parla di ipertensione secondaria (IS) quando a determinarla è un’altra patologia, e ciò accade nel 2,5% dei casi. L’ipertensione secondaria viene sospettata quando l’aumento dei valori pressori inizia precocemente, cioè prima dei 30-35 anni, o compare in modo improvviso dopo i 50, in assenza di una predisposizione familiare. Bisogna altresì prendere in considerazione l’ipotesi di IS se il paziente riferisce di aver sofferto di malattie renali o dell’apparato endocrino o vascolare, accompagnate da sintomi quali cefalea intensa, sudorazione e tachicardia, un particolare colore della pelle e un altrettanto peculiare distribuzione del grasso corporeo e così via. Questo perché le principali cause di IS sono riferibili a cause renali, endocrine, nervose, vascolari e metaboliche. Sia essenziale che secondaria, l’ipertensione è in grado di provocare alterazioni funzionali e organiche a carico del cuore, dei vasi del cervello e dell’occhio, e spesso si trova associata a situazioni cliniche che sfuggono a un rapporto di causa effetto.

Le principali ripercussioni cardiache riguardano una riduzione del flusso a carico del ventricolo sinistro con conseguente ipertrofia; insufficienze cardiache e coronariche, e aritmie.

A danno del cervello e del sistema nervoso centrale, il pericolo maggiore è rappresentato da encefalopatie ipertensive, ictus, emorragie cerebrali che, se anche non fossero riferibili come origine all’ipertensione, possono essere aggravate in presenza di uno stato ipertensivo persistente.

Conseguenze dell’ipertensione sul rene: il possibile istaurarsi di un’insufficienza renale cronica. Di solito, l’analisi delle urine per valutare la clearance della creatinina e altri parametri è utile per monitorare l’avanzamento della malattia.

Con il che veniamo alla diagnosi di ipertensione. Una persona può essere correttamente definita ipertesa solo quando vengono trovati in più occasioni dei valori di pressione massima superiori ai 140 mmHg e/o di pressione minima superiore ai 90 mmHg. Per escludere il fattore casualità e valutare l’effettivo valore pressorio nell’arco della giornata, durante le normali attività quotidiane – sotto sforzo, in condizioni di relax e durante il sonno – si sottopone il paziente all’esame dell’Holter pressorio. Nell’arco delle 24 ore di osservazione viene applicato al braccio del paziente un manicotto collegato a un registratore portatile che effettua in modo programmato delle registrazioni periodiche della PA e della frequenza cardiaca.

Ma chi è il paziente iperteso? Con l’avanzare dell’età la pressione arteriosa tende ad aumentare, tant’è che dopo i 50 anni è opportuno effettuare dei controlli regolari. Si potrebbe pensare che l’aumento della pressione dovuto all’età sia normale e innocuo. Tuttavia, più alta è la pressione sistolica (massima) o diastolica (minima) maggiore è l’incidenza di morbilità e mortalità cardiovascolare e totale. Le stime indicano che  un trattamento adeguato dell’ipertensione senile è in grado di ridurre sensibilmente la mortalità e gli accidenti cerebrovascolari e cardiocoronarici.

Se in passato l’ipertensione era considerata un problema soprattutto maschile, nuove evidenze ci hanno insegnato che non è così. Sia gli uomini sia le donne sono esposti al rischio. Dagli studi emerge che se è vero che fino ai 55 anni sono più gli uomini ad avere problemi pressori, dopo quell’età, quando la donna entra stabilmente nel periodo del climaterio, il dislivello si riduce. Dopo i 70 anni, l’ipertensione è addirittura più frequente nelle donne.

Una donna su tre con insufficienza cardiaca ha sviluppato la malattia a causa della ipertensione arteriosa. Le donne che hanno fatto uso di pillole anticoncezionali sono fino a tre volte più esposte al rischio di ipertensione, che aumenta di nuovo in presenza di obesità o anche solo di sovrappeso. Le donne di origine afroamericana sono più esposte al rischio, così come alcuni problemi riferibili all’apparato sessuale femminile possono essere causati da uno stato di pressione arteriosa elevata, ed è raccomandabile segnalare al proprio medico l’eventuale coincidenza.

Ci sono poi donne che sviluppano l’ipertensione per la prima volta in gravidanza. La comparsa di questo fenomeno è noto come ipertensione gestazionale, ed è correlato al rischio che si presentino sindromi ipertensive e addirittura possibilità di infarto negli anni successivi. L’ipertensione gestazionale provoca un restringimento delle arterie che fa sì che il nutrimento e l’ossigeno venga ridotto, con gravi conseguenze per la crescita del feto. Inoltre, in alcuni casi, può provocare un distacco placentare che mette in serio pericolo la vita del nascituro.

Detto questo, il bambino non è al riparo da problemi pressori neppure durante i primi anni. L’incidenza dell’ipertensione arteriosa in età pediatrica varia tra il 4 e il 6%, a seconda delle varie casistiche e si tratta di ipertensione cosiddetta secondaria (causata da altre patologie) nel 60-85% dei casi, di ipertensione essenziale nel restante 15-40%.

Negli adolescenti invece è più diffusa l’ipertensione essenziale, che può essere considerata un sintomo dei problemi connessi allo stile di vita moderno, caratterizzato da regimi alimentari ipercalorici e da una pratica sportiva insufficiente. Il trattamento dell’ipertensione pediatrica non è molto diverso da quello dell’adulto. In presenza di ipertensione secondaria, si rende impellente curare il fattore che agisce da causa. In presenza di ipertensione essenziale, diventa necessario il trattamento ipertensivo, proprio come per gli adulti.

A volte, la prima e miglior cura per un disturbo è cambiare stile di vita. Basta correggere l’alimentazione e trovare un miglior equilibrio con se stessi, partendo da una sana attività fisica.  In questo senso, l’ipertensione arteriosa non si discosta da molti altri disturbi che necessitano di un cambiamento radicale dello stile di vita. I fattori di rischio per l’ipertensione possono essere distinti in fattori non modificabili e modificabili. Contro i primi c’è poco da fare, appartengono alle caratteristiche endogene che un individuo ha ereditato insieme al resto del patrimonio genetico. Contro i secondi invece ci sono parecchie opportunità di miglioramento. I fattori esogeni che vanno tenuti sotto controllo per prevenire l’ipertensione passano attraverso la pratica dell’attività fisica, l’alimentazione controllata, la lotta all’obesità e al tabagismo, al controllo delle situazioni di stress emotivo.

L’esercizio fisico va distinto in attività isotonica e isometrica. Nel primo caso ci si riferisce a tutte quelle pratiche sportive come la corsa leggera, la camminata sportiva, il nuoto che non richiedono sforzi eccessivi e improvvisi, ma si mantengono entro una frequenza cardiaca lontano dai valori massimali, così che la pressione arteriosa non subisce mutamenti. Di contro l’attività isometrica accelera i battiti del cuore e fa aumentare la pressione arteriosa. Ciò accade durante una seduta in palestra di body building, oppure durante esercizi ginnici a corpo libero particolarmente onerosi per la muscolatura, come le flessioni sulle braccia o le trazioni alla sbarra.

L’alimentazione sorvegliata, che abbia come obiettivo il controllo del peso corporeo mediante un regime alimentare corretto e bilanciato, è ciò che occorre per tenere a freno l’ipertensione, con qualche accorgimento in più. Fondamentale è ridurre l’apporto di sodio contenuto nel sale. Gli studi medici dicono che il fabbisogno di sale è di appena 1 grammo al giorno a latitudini temperate come le nostre. Se questo è ciò di cui l’organismo necessita, pare che la libertà d’azione per portare in tavola pietanze appetibili e non insipide possa spingersi fino a 6/8 grammi pro capite, ma non a un valore fra i 10 e 40 grammi, qual è il consumo medio giornaliero.

Quanto all’alcol, altra bestia nera per la pressione, bisogna mantenersi entro dosi inferiori ai 20 grammi giornalieri, il classico bicchier di vino. Un discorso equiparabile vale per il caffè, non più di due tazzine al giorno per stare sotto la soglia di guardia.

La proibizione del fumo non ammette invece deroghe. Va adottata senza esitazioni e il prima possibile, stante le molte patologie strettamente connesse. Oltre ai danni a carico della pressione arteriosa e del sistema cardiovascolare nel suo complesso, in quanto favorisce l’ispessimento e irrigidimento di vasi e arterie, fumare è dannoso per il sistema respiratorio nel suo complesso. La sigaretta favorisce l’aumento del rischio neoplastico e non solo a danno di bronchi e polmoni, bocca e faringe. Anche l’apparato genitale, maschile e femminile, è seriamente minacciato dal rischio tumorale a causa del vizio del fumo.

Da ultimo ma non per importanza, lo stress. Lo stress è un fattore di rischio di cui la pressione arteriosa è una cartina di tornasole, nel senso che la pressione schizza subito oltre i livelli di guardia in presenza di una condizione emotiva carica di tensione. Molto spesso lo stress è connesso a stati d’animo negativi, causati da difficoltà relazionali costanti. Si fa fatica a stare al passo con gli altri, in tutti i sensi. Quasi sempre le cause di queste difficoltà di relazione sono da rintracciare in motivazioni di carattere economico finanziario: per esempio, quando diventa impraticabile arrivare alla fine del mese con lo stipendio, oppure se si è rimasti senza lavoro o senza valide prospettive per risollevarsi. Giocano a sfavore la mancanza di una relazione sentimentale, o, peggio ancora, se la figura compensativa del partner è venuta a mancare in seguito a litigi e incomprensioni che già di per sé erano stati causa di forte stress. Le conseguenze di questo malessere ineriscono a stati d’animo altalenanti, in cui si passa dalla depressione agli scatti d’ira, dall’abulia a momenti di iperattivismo troppo forzati per diventare concludenti, mentre la pressione sale fedelmente a registrare tutti questi stati d’animo alterati.

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2 thoughts on “Sotto pressione a causa dell’ipertensione

  1. L’allenamento con i pesi (manubri) e a corpo libero (piegamenti sulle braccia, trazioni alla sbarra etc etc…) si può svolgere senza timori o il rischio è sempre dietro l’angolo? Aneurisma, ictus, ipertensione…

    Si punta il dito sempre sui bodybuilding ma spesso muoiono improvvisamente amici o conoscenti senza che facessero sport o lavori faticosi.

    Esistono dei parametri per “rassicurarsi” su cosa si può fare e cosa no?
    Età inferiore ai 30 anni, avere la pressione bassa, un ottimo rapporto tra colesterolo HDL e LDL. Basso colesterolo totale, praticare attività aerobiche (corsa, salto corda), non fumare, non bere alcolici, basta per essere “sicuri” o le cause sono ancora troppo ignote?

    Inoltre, avere sofferto di epistassi in passato, ha un nesso con una possibile fragilità per aneurismi aortici?

    1. Iniziamo dall’ultima domanda, la più facile: non esiste alcun nesso tra epistassi e rischio di aneurisma aortico.
      Quanto al bodybuilding, la questione è mal posta: non esiste alcun modo per essere “sicuri” e nessuna ricetta magica. In medicina si ragiona sempre in termini di percentuali di rischio, ed è noto che le attività aerobiche da Lei citate hanno un effetto benefico sul sistema cardiovascolare mentre non si può dire lo stesso degli esercizi con i pesi ed in generale degli sforzi isometrici, e della corsa veloce o “a scatti”.
      Ciò detto, ritengo che non si debba mai demonizzare nulla, e che qualsiasi attività possa essere praticata di quando in quando, purché non perdiamo di vista la distinzione tra ciò che ci piace e ciò che ci fa bene. Ad esempio, io personalmente mi concedo ogni tanto un fritto o un bicchiere di vino buono; così se qualcuno trova gratificante sudare alzando dei pesi è libero di farlo. L’importante è che sia lui che io siamo consapevoli che quelle sono piccole trasgressioni che non potranno farci troppo male fintanto che costituiranno l’eccezione e non la regola.
      Prof.ssa Cristina Cavalletti

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