di Elisabetta Bramerio
La pressione arteriosa che si riduce quando si sta in piedi o nell’immediata fase postprandiale può causare sintomi fino alla caduta a terra con o senza perdita di conoscenza. Può interessare anche giovani e donne in gravidanza ma è sicuramente più pericolosa negli anziani. Fra le cause più frequenti, la correlazione con l’ipertensione e le malattie cardiovascolari
Si chiama ipotensione. Si verifica se una persona ha la pressione sistolica troppo bassa, compresa fra 80 e 110 mmHg. L’ipotensione non è una condizione patologica vera e propria, ma un sintomo da non sottovalutare per le categorie più esposte, che sono le giovani donne incinte e, ancora di più, gli anziani. Se il rischio più grave per chi soffre di ipotensione è quello di cadere a terra, con o senza svenimento, la caduta nell’anziano coincide, il più delle volte, con nuove complicazioni.
L’ipotensione è l’esatto opposto dell’ipertensione. Quest’ultima è il fattore di rischio più temuto per le malattie cardiovascolari, a causa dei valori troppo alti sia di pressione sistolica (la massima) sia di pressione diastolica (la minima). Valori troppo alti di pressione arteriosa vanno a intaccare il funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio e svariati organi. I valori ideali di pressione arteriosa sono 140/80 mmHg, ma recentemente nuovi studi hanno dimostrato che il rischio di malattie cardiovascolari si riduce sensibilmente entro la soglia 120/70 mmHg.
Ciò detto, l’ipotensione ortostatica, ovvero la forma più frequente di ipotensione negli anziani, può essere secondaria proprio a un’ipertensione, per effetto dei farmaci antipertensivi, oppure la conseguenza di una malattia cardiovascolare vera e propria. A riprova della stretta correlazione fra ipotensione, ipertensione e malattie cardiovascolari, è stato da poco pubblicato uno studio, condotto sul database italiano inCHIANTI, che ha proposto, in via preliminare, di valutare il rischio che un anziano soffra di ipotensione ortostatica basandosi sull’età (più di 65 anni), essere caduti già una volta l’anno precedente le valutazioni e, appunto, avere una pregressa storia di ipertensione arteriosa, angina o ictus.
«Gli obiettivi dello studio in questione – ci ha raccontato Stefania Bandinelli, referente per lo studio InCHIANTI – sono stati quelli di determinare la prevalenza di ipotensione posturale in una coorte di anziani residenti al loro domicilio, di verificare l’associazione con una maggiore mortalità e di identificare le comorbidità associate. Infine, di identificare potenziali fattori di rischio di ipotensione posturale».
Con il termine ipotensione posturale (od ortostatica) il riferimento è all’incapacità dell’organismo di adeguare la pressione sistolica sufficientemente in fretta a un cambio di posizione. È un disturbo che può durare da qualche secondo fino a un minuto, allorché si è appena guadagnata la posizione eretta. Perché la pressione torni normale può essere sufficiente sedersi e, nei casi più gravi, sdraiarsi. Una situazione analoga si registra per la cosiddetta ipotensione ortostatica postprandiale, in cui il disturbo si manifesta – sempre più frequentemente negli anziani – al momento di alzarsi da tavola, a causa di un maggior afflusso di sangue nella zona gastro-intestinale, dove è in atto il processo di digestione.
«Effettivamente una delle conseguenze più temibili nell̓ipotensione ortostatica è la caduta con le sue conseguenze delle quali la più dannosa è la frattura per lo più del femore – spiega Danila Ferrari, geriatra presso l’Istituto Golgi di Abbiategrasso – È vero che oggigiorno la si affronta in tempi brevi con l̓intervento, ma il recupero funzionale non è sempre scontato, tanto più se l̓anziano è affetto da comorbidità. Per esempio, se il soggetto che cade e che si frattura il femore è affetto dal morbo di Parkinson. Da non dimenticare, inoltre, la cosiddetta «paura di cadere» che si manifesta negli anziani che hanno già avuto cadute ripetute. È la paura di ricadere che suggerisce una restrizione volontaria del movimento, per evitare guai peggiori».
A determinare l’abbassamento di pressione possono concorrere altri fattori, come il gran caldo, la disidratazione causata da eccessiva sudorazione o da carenza di approvvigionamento idrico, la perdita di liquidi in seguito a indisposizioni e disturbi vari dell’apparato gastro-intestinale, come la diarrea o altre affezioni batteriche, o in condizioni emergenziali sostenute da emorragie interne o esterne, o da shock anafilattico. Anche in questi casi i sintomi sono sempre gli stessi. Sudorazione eccessiva, incarnato pallido e freddo, vertigini, annebbiamento della vista, senso di spossatezza complicato spesso da svenimento. Tuttavia, se nelle persone sane bastano pochi accorgimenti per superare il problema, nell’anziano il quadro clinico si complica, perché nella maggioranza dei casi questi stessi sintomi rimandano a patologie più serie.
Oltre alle già citate malattie cardiovascolari, l’ipotensione nell’anziano può essere una conseguenza di disfunzioni endocrine come il diabete, di malattie del sistema nervoso come il Parkinson, di anemie; o anche secondaria all’assunzione di farmaci particolari, non solo gli ipertensivi «L’ipotensione ortostatica in età geriatrica è frequente nei pazienti con Parkinson e parkinsonismi, a causa di una disregolazione del sistema nervoso autonomo – ci rammenta la dottoressa Ferrari, che aggiunge – Altro capitolo importante è l’ipotensione da farmaci in età geriatrica: per il sovradosaggio di antipertensivi e, ancor più, per gli psicofarmaci, somministrati, per esempio, per controllare l’agitazione e i disturbi del comportamento nelle demenze».
Dunque, mentre nel soggetto sano, gli stati di ipotensione si curano bevendo molta acqua, abolendo l’assunzione di alcolici che favoriscono la vasodilatazione, facendo attenzione a consumare pasti più leggeri sotto l’aspetto calorico, evitando di esporsi nelle ore più calde d’estate, indossando abiti leggeri favorenti la traspirazione, nell’anziano questi sacrosanti accorgimenti il più delle volte non bastano a risolvere il problema. All’anziano che soffre di un calo improvviso di pressione sistolica non basta che lo si stenda subito a terra, sollevandogli le gambe, per favorire il deflusso sanguigno venoso degli arti inferiori: altro accorgimento tipico segnalato per ovviare alle crisi ipotensive. O, meglio, bisogna sempre tenere a mente che si tratta solo di un altro espediente da utilizzare per ottenere un effetto immediato. Insomma, niente a che vedere con una cura vera e propria.
Così come non basta ricorrere ai rimedi naturali che invece sono decisivi per i più giovani. Fra i quali ricordiamo: evitare di uscire nelle ore più calde, mangiare più sale e bere moltissima acqua. E ancora, assumere composti naturali come il ginseng o il polline, la pappa reale o il succo di melograno, che combattono l̓ipotensione e, in generale, gli stati di affaticamento. Un rimedio per il ripristino immediato dei valori della pressione arteriosa è infine il caffè, consigliato soprattutto agli anziani dopo il pasto. Lo stesso effetto si ottiene anche con cacao e tè ma, ricordiamolo ancora, si tratta solo di espedienti da utilizzare in vista di un effetto a breve termine, non di una vera e propria terapia.
«Per curare l’ipotensione nell’anziano le armi a disposizione non sono molte – precisa la dottoressa Ferrari – Ci sono i farmaci vasocostrittori (tipo la milodrina cloridrato Gutron, in 2-3 somministrazioni al giorno) da usare con attenzione e per un periodo limitato per non sortire l’effetto opposto, ossia suscitare un aumento eccessivo della pressione arteriosa. C’è poi la cosiddetta “igiene di movimento”, in cui si insegna all’anziano che i passaggi posturali devono avvenire in più fasi (sdraiato, seduto, in piedi con tempo di assestamento prima di avviarsi) per consentire l’adattamento dei cosiddetti barocettori. Si raccomanda infine l’utilizzo di calze elastiche, che favoriscono il ritorno venoso”.
A conforto e verifica dei sintomi di ipotensione, sia nei giovani, nelle donne incinta ma soprattutto negli anziani, è auspicabile un controllo ad hoc della pressione arteriosa. «I soggetti a rischio devono effettuare il monitoraggio della pressione tre volte al giorno – ci ricorda la dottoressa Ferrari, limitatamente agli anziani ipotesi – con rilevazioni da sdraiati e in posizione eretta. Si auspicano misurazioni PA al mattino, meglio appena svegli, dopo pranzo, quando il rischio aumenta per uno storno del sangue nel distretto splancnico per il processo di digestione, e la sera».
Una misurazione accurata della pressione è stata fatta anche durante lo studio InCHIANTI: «Durante il controllo medico, la pressione è stata misurata in condizione supina sia sul braccio destro che nel sinistro, e altre due volte sul lato con PAS (pressione arteriosa sistolica) più elevata; e quindi dopo 1 minuto che il soggetto ha assunto la posizione in piedi – precisa la dottoressa Bandinelli, che aggiunge – I risultati delle analisi sono facilmente adattabili anche in contesti clinici, dato che le informazioni necessarie sono quelle di routine quando si valuta una popolazione anziana».