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Blindness – Cecità è il film del 2008 tratto dal romanzo omonimo e diretto da Fernando Meirelles, con Julianne Moore (la moglie del medico) e Mark Ruffallo (il medico).

Durante ogni epidemia c’è sempre qualcuno che non si ammala. Probabilmente in passato, in epoca pre-scientifica, accadeva che i cosiddetti asintomatici non venissero neppure presi inconsiderazione e rientrassero nel novero di questi fortunati. Stando all’esperienza che stiamo vivendo, gli asintomatici non sono casi rari ma la maggioranza dei contagiati. Le fonti ufficiali stimano che i contagi reali da Covid-19 (fra asintomatici e sintomatici lievi) sarebbero almeno dieci volte i casi riscontrati. In epoca scientifica sappiamo che un numero variabile di soggetti non si ammala, o perché è molto attento a non contrarre il virus o perché è fortunato o perché i suoi geni, a contatto con il virus, reagiscono con indifferenza.

Per questi ultimi soggetti sembra che la natura brighi affinché restino immuni, forse allo scopo di garantire la sopravvivenza della specie di fronte a un pericolo reale di estinzione. Sfogliando Cecità di Saramago (1995) ci s’imbatte fin dall’inizio in uno di questi “eletti”, che non a caso diventa il personaggio principale del romanzo. Stiamo parlando della moglie del medico, la sola persona che conserva la vista mentre il resto della popolazione è vittima del “male bianco”, una forma di cecità contagiosa che colpisce una città e uno stato non meglio identificati costringendo gli abitanti ad avere soltanto una specie di melassa lattiginosa davanti agli occhi. E che cosa fa questa eletta, che finge di essere cieca pur di non abbandonare il marito quando viene ricoverato? Il luogo dove la coppia viene condotta è un vecchio ospedale psichiatrico. Qui i ciechi sono confinati in un padiglione isolato da quello che ospita i contagi presunti.

Fin dalla scelta di seguire il marito nonostante il rischio che corre, s’intuisce quale sia l’alto spessore morale di questa donna. I fatti che accadono all’interno dell’ospedale-prigione lo confermano senza ombra di dubbio. Ben presto nel padiglione dei ciechi scoppia il caos. Accade quando la situazione peggiora e il cibo scarseggia, perché i militari che dovrebbero provvedervi stanno per diventare ciechi essi stessi. Fra i ciechi, c’è chi si approfitta della situazione per sequestrare il poco cibo ancora disponibile. A capo di questi rivoltosi c’è il cieco che possiede un’arma da fuoco. Suo secondo è il cieco dalla nascita, che sa scrivere e far di conto grazie alla conoscenza dell’alfabeto Braille, una competenza che gli serve per mettersi in mostra durante le fasi di baratto. Quando lo scambio di cibo con denaro e altri preziosi si esaurisce, i sopraffattori pretendono come mercede che le donne si facciano violentare. Sarà la moglie del medico che, vedendoci, porrà fine al ricatto, conficcando le punte acuminate di un paio di forbici nel collo del capo dei rivoltosi.  L’uomo muore durante l’amplesso che sta avendo proprio con lei. L’omicidio a fin di bene è il primo dei servigi che questa donna compie a beneficio di tutti. A seguito della lotta fra gli internati, il nosocomio prende fuoco e la moglie del medico porta in salvo il marito e altri della loro camerata con i quali s’era già creato un certo feeling.  Del resto, costoro sono tutti ex-pazienti di suo marito, che, ironia della sorte, è oculista.

Da questo momento in poi, seguiamo il gruppo composto da sette persone, sei adulti e un bambino, che vaga nella città alla ricerca di cibo e riparo. Il pericolo principale per chi si accoda alla moglie del medico, vale a dire suo marito, il primo cieco e sua moglie, la ragazza dagli occhiali scuri, il vecchio con l’occhio bendato e il bambino strabico, è che ciascuno di loro si smarrisca al primo angolo, esattamente come sembra stia capitando alla maggior parte dei ciechi che incrociano lungo il cammino. Inoltre, vi è il pericolo di nuove epidemie, a causa dei cadaveri in putrefazione, della mancanza d’acqua e dell’ammasso di immondizia di ogni genere in cui si sono trasformate le strade e i palazzi. La moglie del medico riesce a condurre il suo gruppo fin verso la propria abitazione, dove spera di trovare della biancheria pulita e un po’ di ristoro. Inutile dire che in una città che ha smesso di avere dei gabinetti funzionanti, per giunta difficili da individuare per una popolazione di ciechi, gli abitanti sono sudici di ogni luridume.

Ebbene, durante le veglie diurne e notturne che trascorrono nel soggiorno della comoda casa in cui sono acquartierati, accade l’imponderabile. Uno a uno i ciechi dentro e fuori l’appartamento tornano a vedere. Siamo nel momento in cui la moglie del medico ha raggiunto il limite estremo di sopportazione fisica a causa della fatica che, giornalmente, deve fare per procacciare il cibo per tutti, rovistando nei negozi di alimentari che sono sotto assalto perenne da parte di tutti. È la fine di un incubo. Forse l’inizio della cecità per la donna che sola ha visto l’orrore che tutti hanno vissuto? Dopo aver scrutato il cielo lattiginoso in una giornata uggiosa il pericolo sembra reale ma abbassando lo sguardo di sotto, dal balcone dove era andata, vede l’umanità festante di cui stava percependo le grida di giubilo.

È bello quando tutto finisce – e tutto prima o poi finisce – trovarsi dalla parte dei giusti e poter osservare il mondo con gli stessi occhi di sempre. Soprattutto se l’alternativa è tornare a essere i ciechi di un tempo nonostante l’aver ripreso a vedere.

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