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di Nicoletta Dellerma

Il 40 per cento delle persone che soffrono di diabete si ammalano di patologie a carico dell’apparto visivo. Una delle malattie più ricorrenti è la retinopatia che, se trascurata, rischia di compromettere la vista fino alla cecità. Per sensibilizzare la popolazione dei diabetici sono numerose le campagne di prevenzione organizzate in tutte le regioni, il cui scopo è insegnare al paziente come fare a prendersi cura della propria vista

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Per vederci bene e a lungo è necessario che il paziente diabetico controlli periodicamente le condizioni degli occhi e in particolare della retina attraverso esami specifici. È sufficiente che dia retta al diabetologo, quando gli suggerisce di recarsi a intervalli regolari dall’oculista per i controlli di rito, che sono l’esame del fondo oculare, la retinografia e la tonometria oculare. Grazie a questi esami il paziente diabetico dimezza il rischio di sviluppare un serio problema agli occhi.

Lo screening per la retinopatia è lo strumento più efficace per la prevenzione della cecità nella persona con diabete. La retinopatia diabetica può svilupparsi dopo periodi molto lunghi privi di sintomi. Quando si rende manifesta però la situazione è ormai molto compromessa e le possibilità di cura ridotte. “Non si può aspettare di avere disturbi evidenti per fare la diagnosi” raccomanda il professor Massimo Porta, ordinario di Medicina interna all’università di Torino e direttore del Centro di retinopatia diabetica dell’ospedale Le Molinette. “Un controllo regolare dei fattori di rischio può limitare i danni legati alla retinopatia; fondamentale è cercare di far mantenere la glicemia e la pressione del paziente il più vicino possibile ai valori normali, con obiettivi di mantenimento fissati sotto i 53 mmol/mol (7% con le vecchie unità di misura) per l’emoglobina glicata e 130/80 mmHg per quanto riguarda invece la pressione arteriosa”.

Per saperne di più sulla frequenza dei controlli abbiamo interpellato il professor Paolo Lanzetta, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare a Udine, secondo il quale “le evidenze scientifiche indicano che lo screening, in caso di retinopatia lieve o moderata, è necessario a livello annuale o semestrale, a seconda della gravità, anche per un trattamento più appropriato. L’esame del fondo oculare insieme alla fluorangiografia e all’OCT (Optical Coherence Tomography) permettono di monitorare con precisione le alterazioni retiniche e quindi di giungere a una precisa classificazione e a un trattamento precoce della retinopatia diabetica con un conseguente contenimento dei costi a essa correlati, sia sanitari sia sociali”.

Ma cos’è esattamente la retinopatia diabetica? Il persistere di una glicemia elevata comporta delle alterazioni a carico dei grandi e piccoli vasi del corpo umano. A livello oculare ci sono dei piccoli vasi che vanno incontro ad alterazioni della loro parete e del sangue che vi circola dentro.

Possiamo avere quindi:

1. deformazioni, sfiancamenti ( microaneurismi);

2. alterazioni della permeabilità con fuoriuscita di piccole quantità di sangue (microemorragie) o di liquidi. L’essudazione, analogamente a quanto succede a chi soffre di vene varicose alle gambe, comporta un gonfiore dei tessuti circostanti.

In pratica, la retinopatia comporta un ispessimento della retina chiamato edema, da cui ne scaturisce un difetto di funzionamento della stessa, un difetto che varia in funzione dell’entità dell’edema stesso, della sua localizzazione e della sua durata.

A volte possono anche accumularsi degli essudati giallastri detti “duri” che sono un accumulo di sostanze grasse circolanti nel sangue;

3. la possibilità che in alcuni capillari il sangue possa circolare male. Si creano delle piccole aree ischemiche in cui la retina subisce una specie di piccolo infarto. In questo caso possono comparire sulla retina aree biancastre definite “cotonose”;

4. quando le zone ischemiche diventano numerose possono iniziare a produrre dei fattori di crescita per la proliferazione di nuovi vasi con lo scopo di portare il sangue alle zone ischemiche. Pur avendo il proposito di compensare lo scarso apporto di sangue, sono il preludio di altre complicazioni, essendo fragili e crescendo velocemente, e diventano causa di gravi emorragie nel corpo vitreo (emovitreo).

Queste sono evenienze gravi in quanto possono evolvere con la comparsa di membrane che contraendosi determinano il distacco di retina.

Quando sono presenti le prime tre evenienze si parla di retinopatia diabetica non proliferante che costituisce circa il 90% dei casi e che può diventare grave quando compare una maculopatia diabetica o una estesa ischemia.

La maculopatia è caratterizzata da edema della retina con progressiva perdita della capacità di vedere nitidamente i dettagli. Questa evenienza non comporta cecità ma determina una difficoltà a compiere alcune azioni della vita quotidiana come scrittura, lettura, il riconoscimento dei volti, la guida. Quando la retinopatia diabetica diventa proliferante fanno la comparsa i neovasi che, come detto, possono far precipitare il quadro giungendo fino alla cecità completa.

Se questo è il quadro clinico, si intuisce che c’è una bella partita da giocare con largo anticipo sui sintomi della malattia, quella della prevenzione, che, fra le altre cose, promette risparmi eccezionali, “visto che – ricorda il professor Lanzetta – il 90% dei costi del servizio sanitario regionale è imputabile alle complicanze del diabete”. Moderne tecniche di screening permettono dunque un’efficace identificazione della retinopatia e un contenimento dei costi correlati.

La retinopatia diabetica colpisce il 23% delle persone con diabete di tipo 1, il 14% delle persone con diabete tipo 2 insulinotrattate e il 3% delle persone con diabete di tipo 2 non insulino trattate. Se non diagnosticata e trattata, la retinopatia può portare a un quadro di grave riduzione della capacità visiva, fino alla cecità. La malattia rappresenta la principale complicanza del diabete a carico dell’occhio. È una patologia che nasce da un’alterazione dei vasi sanguigni e si sviluppa dalla periferia della retina verso il centro. In prima fase si manifesta nella parte meno sensibile della retina. È la forma non proliferante. Successivamente la malattia si trasferisce sulla macula, con danni a tutta la retina e a tutto l’occhio. È la forma proliferante. In questa seconda fase la visione inizia a essere compromessa. Se il medico ha la possibilità di intervenire prima che venga compromessa seriamente la vista, il paziente è in grado di convivere per decenni con una retinopatia senza conseguenze importanti. Lʼaspetto più preoccupante è che il processo è asintomatico, per cui il paziente potrebbe non accorgersi dell’evoluzione della retinopatia fino a uno stadio molto avanzato, mentre un oculista, esaminando il fondo oculare, può rilevare con grande anticipo la presenza della patologia. Così facendo la medicina è in grado di agire sullo stile di vita con un semplice controllo della glicemia, della pressione arteriosa e dei grassi nel sangue, ricorrendo a terapie farmacologiche, ove necessario. La misurazione di questi fattori di rischio evita un peggioramento delle condizioni complessive del sistema visivo anche in presenza di un danno della retina già manifesto.

L’edema maculare diabetico (DME), complicanza della retinopatia diabetica, è una patologia cronica e progressiva a carico dei piccoli vasi retinici, che a sua volta è una delle complicanze microvascolari del diabete. La si osserva in entrambe le forme di diabete (tipo 1 e 2) e costituisce la causa più comune di perdita della funzione visiva nei pazienti. Viene classificato in focale e diffuso.

L’edema maculare diabetico interessa circa l’1-3% dei diabetici in Italia, ovvero si stima che le persone affette da questa patologia siano circa 44mila. La prevalenza dell’edema maculare diabetico è strettamente correlata alla durata del diabete. Al trascorrere dei 20 anni di questa malattia, circa 2 pazienti diabetici su 3 sono affetti da una qualche forma di retinopatia diabetica, in stadi di differente gravità. Lʼedema maculare focale consiste in aree localizzate di ispessimento retinico.

Lʼedema maculare diffuso, più grave, è associato a diversi fattori di rischio sistemici e oculari quali le malattie renali e cardiovascolari, l’ipertensione grave, il diabete di tipo 2, un numero crescente di microaneurismi, la retinopatia avanzata e la trazione vitreomaculare. I sintomi riconoscibili sono un annebbiamento visivo con conseguente distorsione delle immagini, la miodesopsia (le cosiddette “mosche volanti”), un’alterata sensibilità al contrasto, la fotofobia, le modificazioni nella visione dei colori e gli scotomi (zone cieche nel campo visivo). La macula costituisce la porzione centrale della retina, responsabile della visione distinta, che permette di leggere, riconoscere i volti, guardare la televisione, guidare ed eseguire le altre comuni attività quotidiane. L’edema maculare provoca un calo della vista proporzionale alla sua gravità, ma la diminuzione visiva è più grave quando interessa la zona centrale della macula. Tuttavia, i sintomi si manifestano solo nelle fasi più avanzate della patologia, quando la visione è ormai compromessa. Per questo motivo è fondamentale che i pazienti diabetici si sottopongano a controlli oculistici periodici con esame del fondo oculare, anche in assenza di disturbi visivi.

“La gestione integrata della persona con diabete – aggiunge il professor Lanzetta – è una condizione fondamentale per tradurre i progressi clinici e farmacologici in una concreta prevenzione delle complicanze”. Ciò significa che inserire le persone con diabete in un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale condiviso è un obiettivo che sia i diabetologi sia gli oculisti “stanno cercando di migliorare e implementare, soprattutto nell’identificazione delle complicanze legate alla vista laddove, tra l’altro, i trattamenti impongono anche una valutazione specifica del paziente nel suo complesso”.

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