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di Alberto Ferrari
Uno studio condotto su 2,3 milioni di adolescenti israeliani mostra che già da livelli considerati normali di BMI si ha un graduale aumento della mortalità cardiovascolare in età adulta. A partire da valori appena sopra la norma di BMI ci sarebbero incrementi nella pressione arteriosa e dei livelli di lipoproteine aterogene. L’uno e l’altro sono i veri responsabili del danno aterosclerotico e degli eventi cardiovascolari

Per fare prevenzione cardiovascolare a volte basta poco. Si può cominciare da una bilancia e uno stadiometro con i quali prendere nota di peso e altezza per il calcolo del BMI, ovvero l’indice di massa corporea, uno degli indicatori più semplici per sapere se una persona è normopeso, sovrappeso od obesa. È quello che, in un certo senso, hanno fatto degli studiosi israeliani, avendo avuto la brillante idea di mettere mano agli archivi del Ministero della Difesa per riesumare le cartelle cliniche delle visite di leva da quando quest’ultima è divenuta obbligatoria (1967) e calcolare i BMI dei soldati al momento del primo riscontro medico ufficiale. Il dato di BMI, il cui calcolo viene fatto dividendo il peso di una persona (espresso in chilogrammi) per il quadrato della sua altezza (espressa in metri) è stato quindi posto in relazione con le morti cardiovascolari intervenute fino al 2011, anno in cui Gilad Twing, medico del Sheba Medical Center di Gerusalemme, primo autore dello studio in oggetto, e colleghi hanno scelto come limite temporale per la campionatura. Lo scopo era verificare se i dati raccolti confermavano o meno i risultati già registrati negli Stati Uniti, secondo i quali l’aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari è un dato sempre più diffuso sia nella giovane sia nella mezz’età.

Le conclusioni di questo studio di popolazione, apparso di recente (aprile 2016) sul prestigioso «New England Medical Journal», è che già con valori medio-alti di BMI gli adolescenti hanno un rischio maggiore di morire per cause cardiovascolari nell’età adulta. Negli anni che vanno dal 1981 a 2011, limitatamente ai 2,3 milioni di soggetti indagati, oltre 32 mila soggetti sono passati a miglior vita. Il 1981 è l’anno in cui il Ministero della Difesa israeliano ha incominciato a prendere nota di tutte le cause di morti di chi ha fatto il servizio militare; prima di allora venivano evidenziati solamente le morti per cause di servizio.

Degli oltre 32 mila decessi intervenuti nel trentennio in questione, il 9,1% sono morti per cause cardiovascolari, più precisamente 1.497 individui sono morti d’infarto o d’altra malattia coronarica, 528 di ictus e 893 di morte improvvisa per cause sconosciute. L’età media di chi è morto d’infarto è stata di 47,7 anni, 46 per chi è deceduto di ictus e 41,3 di morti improvvise.

Mettendo mano alle cartelle cliniche, oltre a peso e altezza i ricercatori hanno preso nota del livello di istruzione (calcolato in base agli anni di scolarizzazione al momento della visita) e di quello socioeconomico (suggerito dal luogo di residenza). Date le caratteristiche uniche del giovane Stato, sorto dopo la Seconda Guerra Mondiale, si è indagato anche sulla provenienza geografica delle famiglie. Siccome già la leva del 1967 è, salvo eccezioni, di nativi di Israele, per conoscere l’origine nazionale dei militari si è indagato sui genitori, arrivando fino ai nonni, se i genitori, come i loro figli, risultavano già nativi dello Stato fondato da Ben Gurion nel 1947. Il tutto per dare maggior coesione al campione di ben 2,3 milioni di individui, fra uomini e donne, che hanno fatto la visita militare obbligatoria durante i 43 anni che sono trascorsi fra il 1967 e il 2010. Il risultato è stato che l’età media dei ragazzi esaminati è di 17,3; che l’85% di essi è nato in Israele. In aggiunta, il 75% ha completato il ciclo di studi che precede l’università. Infine, nello status socioeconomico più basso sono prevalenti i partecipanti affetti da sovrappeso e obesità.

I valori di BMI sono stati raggruppati in accordo con lo standard internazionale di misurazione dei percentili. Vale a dire, meno del 5° percentile sottopeso, fra il 5° e il 24° normopeso, fra il 25° e il 50° leggero sovrappeso, fra il 50° e il 74° sovrappeso medio, fra il 75° e il 94° sovrappeso importante, oltre il 95° obesità. A differenza dei tassi assoluti di BMI in uso con gli adulti, i percentili sono più adatti a cogliere le sfumature di peso e altezza in relazione all’infanzia e all’adolescenza in cui il processo di crescita è un fattore costituzionale.

Il tasso di mortalità annuale per persona è stato generalmente il più basso fra coloro che durante l’adolescenza hanno avuto un BMI compreso fra il 25° e il 49° percentile. Tassi più alti sono stati osservati in chi aveva un BMI inferiore al 5° (sottopeso). Si è registrato un graduale aumento nel tasso grezzo di morte cardiovascolare a partire dal gruppo dei partecipanti con BMI compreso fra il 50° e il 74° percentile. Con questi ultimi valori di BMI è cresciuto nei partecipanti il tasso di morte per infarto e malattie coronariche, per ictus e per tutte le altre cause cardiovascolari latamente intese. A partire dal 75° fino all’84° percentile di BMI è cresciuto anche il tasso delle morti improvvise per cause sconosciute.

In conclusione, il rischio di morte per infarto e malattie coronariche è già significativamente più alto fra coloro che durante l’adolescenza hanno avuto valori di BMI compresi fra il 50° e il 74° percentile rispetto a coloro con valori fra il 5° e 24° percentile. Lo stesso dicasi per il rischio di morte per tutte le cause cardiovascolari.

Facendo le debite proporzioni, s’è visto che l’obesità infantile si associa a un tasso maggiore di mortalità cardiovascolare (4,9% per infarto e malattie coronariche, 2,6% per ictus, 2,1% per morti improvvise di cause sconosciute, 3,5% per tutte le altre cause cardiovascolari) e di mortalità per cause diverse in età adulta.

Nell’analisi dei tassi assoluti di BMI si è visto che i partecipanti con un BMI fra 22 e 22,4 durante l’adolescenza sono andati incontro a un rischio più alto di infarto e malattie coronariche rispetto a chi il BMI ce l’aveva più basso (fra 17,5 e 19,9). Il rischio di morte per ictus, morte improvvisa, altre cause cardiovascolari si è alzato a partire da un BMI pari 22,5 aumentando rapidamente man mano che il BMI cresceva con valori di sovrappeso e obesità acclarata.

Come può il BMI degli adolescenti avere delle conseguenze sulla mortalità cardiovascolare in età adulta? A detta dei ricercatori, l’obesità può essere deleteria fin dall’adolescenza se si associa a deficit del metabolismo che comportano l’alterazione dei valori lipidici e dei livelli di lipoproteine. Questi ultimi sono valori che favoriscono la crescita della pressione arteriosa e che danneggiano il metabolismo del glucosio aumentando la resistenza all’insulina. Inoltre, in presenza di malformazioni cardiache, gli stessi valori accelerano il processo di formazione della placca sia a livello aortico che coronarico. In più, alcuni studi sottolineano la forte associazione fra BMI e alcuni rischi cardiometabolici già presenti in giovane età.

Infine, siccome alti valori di BMI negli adolescenti sono un ottimo conduttore dei fattori di rischio appena elencati, è altamente probabile che gli uni e gli altri seguitino a crescere con il passare degli anni. Tuttavia, in assenza di dati sul BMI degli adulti, la ricerca non ha potuto approfondire il tipo di connessione fra i due BMI, quello dell’adolescenza e quello dell’età adulta.

Questo non è stato l’unico limite dello studio in questione. A detta degli stessi ricercatori, ci sono state altre limitazioni nel loro lavoro. Per esempio, non potevano sapere se le morti per malattia cardiovascolare in età adulta hanno avuto un effetto indipendente dal BMI dell’adolescenza e se l’incidenza delle malattie cardiovascolari, della morte per cause cardiovascolari o di entrambe in età adulta si possono dissociare dal BMI dell’adolescenza. Inoltre, i ricercatori non sono stati in grado di individuare una causa specifica per il 6,8% di tutte le morti e neppure se sono intervenuti fattori di rischio cardiovascolari legati allo stile di vita (fumo, assenza di attività fisica, alimentazione scriteriata…) che potrebbero confondere l’associazione con il BMI. In aggiunta, sempre a detta dei ricercatori, il campione è meno rappresentativo delle donne di Israele rispetto agli uomini, in quanto le donne di rito ortodosso sono esentate dal prestare il servizio di leva. Il che rende il campione femminile (e globale) mutilo di una fetta non trascurabile di popolazione. Sicché i risultati avranno un valore meno relativo soltanto se venissero confermati in popolazioni differenti da quella israeliana per etnia e costumi.

‹‹L’obesità durante l’adolescenza si associa con un sostanziale incremento del rischio di eventualità cardiovascolari durante la mezz’età, in particolare di morte per infarto››, hanno scritto i ricercatori. ‹‹L’associazione secondo la quale tali rischi sono evidenti in entrambi i sessi persiste inesorabile per le morti cardiovascolari dopo i quarant’anni, in presenza di valori di BMI medio-alti durante l’adolescenza. Tale associazione ha resistito a una serie di analisi differenti. Ampi strati di popolazione nel nostro studio sono associabili a maggior rischio cardiovascolare se il loro BMI indicava obesità e sovrappeso in età adolescenziale. Il che spiega il quinto in più di morti cardiovascolari e il quarto in più di morti per malattia coronarica nei partecipanti una volta raggiunta la mezz’età››

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