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di Elisabetta Bramerio

Si chiama Fenomeno di Raynaud. Si manifesta classicamente con il sintomo delle mani e dei piedi freddi, a causa di un blocco della circolazione sanguigna nei capillari periferici. Ne è colpito circa il 10% della popolazione. Molto spesso è secondario a una malattia autoimmune. A scatenarlo concorrono alcuni fattori ambientali e abitudini a rischio, come il freddo intenso, lo stress, il vizio del fumo e del caffè

Il suo mestiere era il lattaio. Vendeva latte fresco, che custodiva nella cella frigorifera dietro il bancone, e vendeva gelati, quelli sciolti di produzione propria, pochi gusti e nemmeno tanto buoni, e quelli confezionati, impilati nel frigorifero con il coperchio ad ante scorrevoli situato in un angolo del modesto bar-latteria. Ragion per cui le mani le aveva sovente al freddo. Capitava spesso di vederlo con la sigaretta tra le dita, ma era pronto ad appoggiarla ancora fumante sul posacenere, che custodiva da qualche parte sotto il bancone, quando c’era da rimettere le mani in moto per servire qualche cliente. Un bel giorno, alla fine degli anni Settanta, le sue mani non ne vollero più sapere di fare il loro dovere. Erano diventate pallide come quelle di un morto, specie alle estremità delle dita. Talora i polpastrelli si striavano di blu, segno che la circolazione sanguigna si bloccava. Forse, di tanto in tanto le dita diventavano paonazze, quando il sangue si rimetteva in moto di colpo. Quasi sicuramente era a quel punto, stando al concatenarsi dei sintomi del Fenomeno di Raynaud (FdR) di cui verosimilmente il lattaio soffriva, che entrambe le mani gli facevano male, più male del solito. ‹‹Il Fenomeno di Raynaud è un disturbo della circolazione periferica dovuta a un vasospasmo delle arteriole periferiche – ci spiega ricorrendo alla scienza medica il dottor Antonio Marchetta, reumatologo dell’ospedale “Sacro Cuore Don Calabria” (Negrar, Verona) – È caratterizzato da una prima fase bianca ischemica, seguita da una fase cianotica secondaria alla stasi ematica e infine da una fase rossa di iperemia associata al dolore. Oltre al quadro classico appena descritto, possono presentarsi anche forme sincopali pure o di sbiancamento, forme cianotiche pure non precedute da sbiancamento e forme miste››.

In aggiunta alla sintomatologia tipica, il quadro clinico del nostro lattaio – trovato per caso nel cilindro della memoria – sembra emblematico anche per i fattori di rischio. Tra le cause più frequenti che scatenano questa sofferenza alle estremità degli arti superiori e inferiori vi è l’esposizione continua delle mani al freddo intenso e il vizio del fumo. ‹‹A scatenarla il più delle volte è il freddo. Personalmente ho avuto in cura un sacco di pazienti affetti dal morbo di Raynaud che lavorano a stretto contatto con le celle frigorifere dei supermercati. Lo stare al freddo tutto il giorno fa sì che si sviluppi la morbilità – ricorda la dottoressa Stefania Belletti, chirurgo vascolare presso l’ospedale di Busto Arsizio, provincia di Varese – ma anche il fumo di sigaretta fa la sua parte: la nicotina ha un effetto vasocostrittore sui capillari della mano, quindi non può che peggiorare il sintomo››. Inoltre, accanto al fumo di sigaretta ‹‹che provoca un danno diretto sull’endotelio dei vasi, vi è un’altra abitudine voluttuaria responsabile dello scatenamento del FdR – a detta del dottor Marchetta – in quanto vasocostrittore: il caffè››.

A rischio sono anche ‹‹le condizioni professionali in cui le mani sono sottoposte a ripetuti stimoli meccanici – conclude il reumatologo – come accade in chi fa uso di strumentazioni vibratili, martelli pneumatici, tastiera del computer e pianoforte››.

Ad arricchire il quadro dei fattori che scatenano la sintomatologia tipica alle mani, ai piedi (nel 40% dei casi) e, molto più raramente, alla punta del naso e a livello dei lobi delle orecchie, è d’uopo ricordare gli stimoli emotivi. Sembra infatti che lo stress agisca da fattore scatenante in chi è destinato a manifestare i disturbi tipici. ‹‹I sintomi possono essere correlati e accentuati dallo stato emotivo – dice la dottoressa Belletti – Lo stress li peggiora tantissimo. Il FdR è frequente nelle giovani donne che stanno vivendo un momento difficile, per esempio durante la preparazione a un esame universitario impegnativo››.  Non a caso, il fenomeno interessa prevalentemente le donne. Presente in circa il 10% della popolazione in generale, il rapporto delle femmine rispetto ai maschi è di 5-6:1. ‹‹Età d’esordio tra i 15 e i 40 anni – precisa il dottor Marchetta – Nella forma primaria, la comparsa è più precoce. Dopo i trent’anni le forme secondarie prevalgono sulle primarie››.

Primario e secondario? Prima di continuare con l’identikit di chi manifesta i sintomi tipici, sgomberiamo il campo da un possibile equivoco, in cui spesso cadono i profani, e definiamo le differenze fra l’una e l’altra forma del FdR. A detta dei nostri esperti, il FdR non è una malattia tout court, ma una ‹‹manifestazione clinica›› e come tale può essere primario o secondario. ‹‹Nel primo caso, è un fenomeno idiopatico o primitivo – precisa il reumatologo – vale a dire non siamo in grado di stabilire quale sia la causa scatenante. Si parla invece di FdR secondario quando è sottesa una patologia specifica. Le forme secondarie sono circa il 30% – 40%. Le patologie più spesso associate sono le malattie reumatiche autoimmuni come la sclerodermia e il Lupus eritematoso sistemico. Altre cause sono le arteriopatie occlusive come il morbo di Buerger, l’aterosclerosi, la microangioapatia diabetica, alcune patologie metaboliche ecc. Particolari infezioni virali come l’epatite B e C, il Citomegalovirus. Alcune malattie ematologiche, rare forme di neoplasie e la sindrome del tunnel carpale per altro molto diffusa››.

Il primo passo per coloro che scoprono di avere il sintomo classico dei colori cangianti agli arti, specie alle mani, che diventano bianche, blu, rosse e fanno male, è quello di recarsi dal proprio medico. Questi, dopo aver preso visione dei sintomi, indirizzerà il paziente dal reumatologo o dal chirurgo vascolare. In ogni caso, i due professionisti agiranno di concerto nella diagnosi e nella cura. Il primo step è capire da quale delle due forme di FdR è affetto il paziente. A tale scopo, ‹‹si esegue un esame strumentale, la videocapilloroscopia, – ricorda la dottoressa Belletti – che, studiando la forma e distribuzione dei capillari nei distretti interessati, permette di capire se siamo o meno in presenza di una malattia autoimmune››. Tali malattie, come abbiamo visto, risultano essere una delle cause più frequenti del FdR secondario. ‹‹La videocapillaroscopia è ancora un esame di nicchia – precisa la dottoressa Belletti – non tutti gli ospedali sono attrezzati a farlo: tale metodica si serve di uno strumento dedicato e necessita di una preparazione specifica dell’operatore. In Lombardia sono solo pochi centri a eseguirlo, fra cui l’ospedale Sacco e il Policlinico a Milano, l’ospedale di Busto Arsizio››. La videocapillaroscopia utilizza una lente di ingrandimento molto potente con la quale visualizza il circolo periungueale (i capillari che si trovano nelle unghie delle mani e dei piedi) per riscontrare l’una o l’altra forma con un buon grado di sensibilità diagnostica.

A completare il quadro clinico, vengono effettuati degli esami ematochimici specifici. ‹‹Alla videocapilloroscopia bisogna associare esami ematochimici che esplorano l’autoimmunità – ci ricorda il nostro reumatologo – quali gli ANA (anticorpi e antinucleo), gli ENA (Antigeni Nucleari Estraibili), le frazioni di complemento dell’omocisteina, il fattore reumatoide, l’emocromo con formula, la funzionalità epatica, quella renale, il profilo proteico, gli indici di flogosi; ed eventualmente si procede con esami di secondo livello››. Il che, tradotto in un linguaggio più accessibile per i profani, significa che questi esami permettono di diagnosticare la presenza specifica della eventuale malattia autoimmune, non solo del sintomo riferibile al FdR.

La cura viene impostata in base alla patologia riscontrata. In assenza di malattia autoimmune vi è il ricorso a una terapia specifica. I farmaci più utilizzati per la forma primaria sono creme e farmaci vasodilatatori. ‹‹Tra i farmaci più utilizzati, i calcio-antagonisti (che agiscono da vasodilatatori) – precisa il dottor Marchetta – gli antiaggreganti (che inibiscono l’aggregazione delle piastrine) e gli emoreologici (che facilitano l’afflusso del sangue tra i vasi periferici)››.  Dei buoni accorgimenti sono quelli di evitare l’esposizione alle basse temperature, fare uso di acqua calda, coprirsi bene, dotarsi di scaldini per le mani e i piedi, utilizzare scarponi termici se si va a sciare, non fumare e non bere caffè.

In presenza di malattia sottostante, l’approccio è più articolato. Nelle forme secondarie si tratta la malattia di fondo in abbinamento alla terapia sintomatica per il FdR. Capita che rimuovendo o curando la malattia sottostante migliori o vada in remissione completa anche il FdR. ‹‹Nelle forme più importanti di FdR – ci ricorda il dottor Marchetta – o in presenza di lesioni ischemiche o nelle forme secondarie a malattie reumatiche autoimmuni quali la sclerodermia, si utilizzano i Prostanoidi, che sono dei potenti vasodilatatori da somministrare per via infusiva, in ambiente ospedaliero e sotto controllo medico, per la durata di circa 6-7 ore al giorno, a cicli mensili, il più delle volte. I cicli sono più ravvicinati nelle forme più impegnative o quando vi siano già lesioni ischemiche con ulcere trofiche. Nelle forme avanzate di FdR associate a malattie reumatiche come la sclerodermia con la presenza di ulcere cutanee è indicato il trattamento con Antagonisti dei recettori dell’Endotelina, il cui compito è quello di ridurre la vasocostrizione e la proliferazione cellulare a livello dell’endotelio››.

I nostri esperti sono concordi sul fatto che il FdR vada sempre indagato, a qualsiasi età, incominciando con una definizione corretta. Inoltre, nelle attività lavorative e sportive che richiedono l’esposizione a basse temperature e la permanenza in luoghi freddi, si rende necessario per coloro i quali sono maggiormente predisposti, di adottare le idonee misure igieniche di prevenzione o di attenuazione del fenomeno. Non da meno i ciclisti, abituati a tenere le mani sul manubrio freddo e a subire le vibrazioni trasmesse dalla strada, è bene che prendano le opportune contromisure, soprattutto se già predisposti e se soggetti ad altri fattori di rischio quali il fumo e l’assunzione di caffè.

Infine, se il fenomeno diventa intenso e tende a ripetersi è opportuno procedere con le indagini di cui s’è detto.

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