di Elisabetta Bramerio
Le malattie rare sono patologie complesse che coinvolgono più organi contemporaneamente o interi sistemi (cardiovascolare, muscoloscheletrico…). Tuttavia può esservi un organo o un sistema che viene colpito più pesantemente o una patologia che è stata riscontrata nella maggior parte dei pazienti colpiti da una malattia rara. Per molte di esse non esiste una cura in grado di sconfiggerle definitivamente. Esistono trattamenti che permettono di godere di una buona qualità della vita e di vivere più a lungo
Si definisce “rara” una malattia che colpisce non più di un abitante su 2 mila (ossia non oltre lo 0,05% della popolazione). Complessivamente appartengono alla categoria delle malattie rare tra le 5 e le 6 mila patologie, l’80% delle quali sono di origine genetica mentre il restante 20% sono malattie acquisite.
Spesso le difficoltà della cure dipendono dalla lentezza della diagnosi, a sua volta causata della rarità della malattia e dalle scarse informazioni disponibili. Anche una volta effettuata la diagnosi, si scopre che i percorsi terapeutici sono insufficienti e l’assistenza spesso non è all’altezza della situazione. Infine, molte malattie rare sono ancora prive di cure.
In molte delle malattie cardiache rare, la gravità è data dall’entità del coinvolgimento cardiaco: più la patologia cardiaca è grave, peggiore sarà la prognosi. Per questo motivo, spesso i trattamenti mirano a migliorare le condizioni di salute del cuore attraverso i farmaci, oppure ricorrendo alla chirurgia. In questa sede vogliamo soffermarci sulle patologi “rare” ma “più comuni” che chiamano in causa l’apparato cardiovascolare.
Apnea infantile. Il termine apnea significa “mancanza di respiro”, più precisamente una momentanea sospensione di respiro che impedisce il normale ricambio d’aria negli alveoli polmonari. Se prolungata, l’apnea può dare luogo a cianosi (colorazione bluastra della pelle).
L’apnea infantile insorge principalmente nei neonati, soprattutto se prematuri, e può essere la manifestazione di un problema neurologico centrale o di un’ostruzione delle vie aeree. Possono dare luogo a fenomeni di apnea anche alcune cardiopatie congenite.
Le cardiomiopatie. Le cardiomiopatie sono delle alterazioni delle cellule del muscolo cardiaco, il miocardio appunto, che impediscono al cuore di funzionare come si deve. Questo termine è riferibile a un numero piuttosto eterogeno di malattie cardiache, tutte discretamente gravi. Vengono suddivise in tre gruppi principali:
– le cardiopatie dilatative: si osserva una dilatazione dei ventricoli e una diminuzione della funzione di pompa ventricolare; all’origine vi sono diverse cause tra cui infezioni virali, predisposizione genetica e alcol;
– le cardiopatie ipertrofiche: si tratta di ipertrofie delle pareti del ventricolo sinistro e, più raramente, di quello destro; il disturbo ha causa genetica e può suscitare forti aritmie, spesso fatali;
– le cardiopatie restrittive: questo tipo di malattia può rientrare nel quadro delle malattie sistemiche oppure avere origini sconosciute. In presenza di questa malattia le pareti dei ventricoli sono rigide, poco elastiche e quindi poco adattabili al passaggio del sangue e a eventuali cambi di pressione.
Le malattie genetiche del ritmo cardiaco. Alcune malattie rare coinvolgono il cuore alterandone il normale ritmo di contrazione e rilassamento. In alcuni casi le alterazioni possono essere provocate da un difetto nella formazione del cuore, mentre in altri i disturbi possono nascere da un funzionamento anomalo di alcune strutture cardiache. Vi sono infine altri casi in cui le origini sono ancora sconosciute. Il fatto che alcuni di questi pazienti restino asintomatici fino all’evento critico, talora fatale, crea diversi problemi connessi con il rischio di morte improvvisa. Molte di queste malattie colpiscono giovani sportivi, rendendo questi episodi ancora più inaspettati. Tuttavia, la familiarità può aiutare nella prevenzione, poiché attraverso esami specifici è possibile identificare i soggetti predisposti, quelli cioè nelle cui famiglie si sono già verificati episodi di morte improvvisa. Queste persone possono così sottoporsi a trattamenti antiaritmici, astenersi dall’attività fisica intensa, diminuendo così di parecchio le probabilità di morte improvvisa.
Tra le patologia che comportano delle anomalie cardiache che si evidenziano nel tracciato dell’ECG con intervallo del QT (una misura dell’elettrocardiogramma che esprime l’attività elettrica del ventricolo sinistro) vi sono la sindrome del QT corto e lungo. La prima pone il paziente a rischio di sincope e di conseguente morte improvvisa provocata da un’aritmia ventricolare maligna. La sindrome del QT corto è molto rara e colpisce principalmente i giovani adulti o i neonati. I malati possono essere del tutto asintomatici o essere soggetti a sincope o addirittura morte improvvisa. L’unico trattamento che al momento sembra efficace per prevenire gli episodi di morte improvvisa è il defibrillatore impiantabile automatico.
La sindrome del QT lungo è una cardiopatia ereditaria che provoca un allungamento dell’intervallo del QT (uno dei parametri specifici dell’ECG). Questa sindrome è caratterizzata da un alto rischio di aritmie che possono portare alla morte. La prevalenza è di un individuo ogni 2500. La malattia è caratterizzata da due sintomi principali: crisi sincopali che possono portare all’arresto cardiaco e alla morte improvvisa, e anomalie riscontrabili a livello di ECG (anomalie nel tracciato dell’onda T). Le anomalie più gravi si manifestano quando i pazienti vivono situazioni di stress fisico o emotivo: a questa sindrome sono infatti ascrivibili alcune morti improvvise di giovani atleti. La sindrome del QT lungo è una malattia genetica che coinvolge almeno 12 geni e ha un’estrema variabilità nei diversi pazienti colpiti. I casi che presentano le caratteristiche tipiche della malattia sono facilmente individuabili, mentre i casi meno evidenti sono complessi e richiedono indagini di tipo elettrocardiografico, clinico e familiare. Tuttavia, quando la diagnosi è tempestiva e il paziente adeguatamente seguito, la malattia resta sotto controllo.
La sindrome di Marfan (MFS) è una malattia rara ereditaria sistemica che comporta anomalie del tessuto connettivo: coinvolge, in maniera variabile, gli apparati cardiovascolare, muscolo-scheletrico oculare e polmonare. I problemi maggiori sono dati dalle anomalie cardiovascolari che sono caratterizzate da una progressiva dilatazione dell’aorta, che è spesso accompagnata dal rischio di dissecazione. La dissecazione è uno scollamento, in senso longitudinale, degli strati che costituiscono la parete dell’aorta, spesso seguita da aneurisma o rottura del vaso. La dissecazione aortica può essere una conseguenza di un’insufficienza nel funzionamento della valvola aortica o di quella mitralica, che a loro volta possono essere complicate da aritmie, endocarditi o insufficienza cardiaca. Le complicazioni cardiovascolari sono responsabili del 95% dei decessi dei pazienti affetti da MFS.
La prevalenza di questa malattia rara è di 1/5000 senza differenze di genere. I sintomi possono manifestarsi a qualunque età e sono molto diversificati anche tra ammalati appartenenti allo stesso ceppo familiare. Gli individui affetti da questa sindrome hanno tratti fisici caratteristici: sono solitamente alti e snelli, il viso, gli arti e le dita affusolati. Inoltre, siccome la MFS colpisce anche l’apparato scheletrico, si denotano deformità della colonna vertebrale, scoliosi e lordosi, un torace deformato anteriormente, petto scavato o carenato, piedi piatti. Talora i sintomi denotano anche deformazioni del palato e difetti della dentizione; articolazioni ipermobili e muscolatura ipotonica. Il tutto può essere complicato anche da una minore densità minerale ossea.
Molti pazienti con la MFS sono miopi, e nel 50-60% dei malati si denota un errato posizionamento del cristallino. In rari casi, un distacco della retina.
L’impatto di questa malattia è spesso molto traumatico. Il paziente scopre di avere gravi problemi cardiaci che prima della diagnosi di MFS ignorava totalmente. Grazie ai progressi della medicina, l’aspettativa di vita di questi soggetti è migliorata: la vita media era di 47 anni nel 1972, di 61 anni nel 1995, simile a quella di tutti gli altri individui oggi.
La MFS è una malattia genetica, causata dalla mutazione di un gene di cui sono state evidenziate numerose mutazioni: si trasmette di generazione in generazione ed è autosomica dominante (ossia, colpisce i cromosomi non sessuali). Proprio perché causata da molte diverse mutazioni, la diagnosi è eseguita alla luce di criteri clinici maggiori – tra cui la storia familiare, la mutazione del gene, la dilatazione dell’aorta – e minori – miopia, petto escavato e scoliosi. A conferma della diagnosi di MFS viene spesso eseguita un’ecocardiografia, che permette di identificare i problemi cardiaci caratteristici della malattia, e il test genetico. Molto importante è anche la diagnosi prenatale, nelle famiglie in cui è stata individuata la mutazione alla base della patologia. Non esiste ancora una terapia efficace contro la MFS, ma vengono curati i sintomi. L’approccio d’elezione è multidisciplinare. Esso coinvolge il cardiologo, il genetista, l’oculista e il radiologo. Lo scopo principale dei trattamenti è tenere sotto controllo la dilatazione dell’aorta per impedirne dissecazioni e aneurismi, dalla cui gravità dipendono sia la prognosi sia l’aspettativa di vita di chi si ammala di MFS.