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Il momento in cui ci si allena può fare la differenza come fattore protettivo contro i rischi di diabete alimentare, ma la differenza vera la fa l’intensità degli allenamenti. Nel senso che più siamo performanti con l’attività fisica moderata e vigorosa, più benefici raggiungiamo in termini di protezione contro il diabete di tipo 2 o alimentare, uno dei fattori di rischio più comuni per sviluppare la sindrome metabolica e diventare un paziente cardiovascolare. È quanto si desume da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Harward University di Boston, Massachusetts (USA), e apparso di recente sulla rivista «Diabetologia». Il primo step per i ricercatori è stato isolare il momento migliore per allenarsi in rapporto ai valori di glicemia e di altri parametri solitamente evidenziati per individuare la prossimità con il diabete. A una coorte di oltre 93 mila soggetti che hanno avuto come referente clinico la Biobanca britannica (età media 62 anni) e senza una storia di diabete di tipo 2 è stato chiesto di indossare un accelerometro da polso per una settimana. Il periodo complessivo di riferimento è stato di sette anni. Durante tutto questo tempo, le informazioni dedotte dal dispositivo sono servite a misurare l’equivalente metabolico dell’attività (MET). Sommando le MET/h dell’attività fisica totale completata entro tre segmenti temporali quotidiani (mattina, pomeriggio e sera) i ricercatori sono riusciti a quantificare la consistenza dell’attività fisica giornaliera dei partecipanti. Ne è emerso che l’attività fisica che si pratica al mattino o al pomeriggio si associa a un rischio ridotto. Per ogni MET/h (dispendio energetico totale in un’ora) tale rischio si riduce, rispettivamente, del 10% e del 9% rispetto al momento serale, che invece raggiunge risultati degni di nota solo grazie all’intensità degli allenamenti.  Nel senso che, come secondo step, i ricercatori hanno considerato l’attività fisica da moderata a vigorosa in associazione con l’incidenza del diabete di tipo 2. Conclusione, un’attività fisica vigorosa è associata a un rischio di diabete inferiore, indipendentemente dall’ora del giorno in cui la si pratica.

Non solo, la differenza tra mattino, pomeriggio e sera è irrilevante quando si considerano le diverse variabili, tra cui l’alimentazione, il consumo di alcol e la qualità del sonno inteso come riposo e recupero di energie vitali. Quando si introducono questi aggiustamenti nello stile di vita, le differenze di timing dell’attività fisica si assottigliano fino a diventare irrilevanti.

Questi i suggerimenti che si deducono dallo studio di cui sopra in relazione all’attività fisica in termini di prevenzione del diabete, una malattia del metabolismo che, come già ricordavamo, è il primo e più importante indizio della sindrome metabolica. Quest’ultima, come la letteratura insegna, viene diagnosticata in presenza di almeno tre fattori di rischio cardiovascolari, i più frequenti dei quali sono l’ipertensione e il sovrappeso e, appunto, il diabete alimentare.

L’attività fisica è un modo molto efficace per combattere e prevenire il diabete alimentare, questo perché l’esercizio fisico è uno stimolo naturale che trasforma il glucosio in energia anziché in glicemia. Ciò avviene grazie al lavoro di distribuzione del glucosio che si attiva per mezzo delle cellule dei muscoli (GLUT-4) e all’accelerazione data all’attività dell’insulina. Sia l’energia spesa in attività fisiche differenti, sia l’intensità con la quale gli esercizi vengono eseguiti sono entrambi benefici per la salute.  Le evidenze suggeriscono che il rischio di morte per tutte le cause nei pazienti diabetici che non fanno attività fisica sia due volte più grande se comparato con coloro che sono fisicamente attivi.

Le evidenze dicono anche che l’esercizio aerobico di intensità, durata e volume adeguati all’età e ad altri parametri di convenienza fisica provoca un’alterazione favorevole dei valori lipidici del sangue indipendentemente dai farmaci. Ciò accade sia nelle persone che hanno i valori lipidici nella norma, sia fra coloro che non li hanno, essendo dislipidemici. I risultati più consistenti hanno dimostrato che lo sport stimola la crescita del colesterolo HDL, con conseguente abbassamento del colesterolo totale, abbassamento dei trigliceridi e della concentrazione di lipoproteine a bassa densità. Infine, la combinazione di esercizio e dieta può comportare delle riduzioni delle lipoproteine di colesterolo di bassa intensità (LDL). Tutte ottime ragioni per curarsi con lo sport.

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