Si può essere ipertesi già alla maggiore età? Purtroppo è molto più frequente di quanto si possa anche solo immaginare. Solo in Italia, quasi 2 milioni di persone d’età inferiore ai 35 anni hanno problemi di pressione alta spesso senza saperlo, secondo alcune stime disponibili. Un ampio studio svedese pubblicato sulla rivista «Annals of Internal Medicine» ha monitorato la pressione arteriosa di 1,4 milioni di uomini al momento della visita di leva a 18 anni e fino al compimento dei 50. In questo modo gli studiosi sono andati a valutare la relazione fra pressione alta già in tarda adolescenza e probabilità di patire eventi cardiovascolari a 50 anni. Ne è emerso che avere un’ipertensione a 18 anni determina un’elevata probabilità di infarto già a 50 anni e di patire un ictus prima di andare in pensione.
Numerose evidenze documentano che la prevalenza dell’ipertensione in età evolutiva, un tempo limitata soltanto all’1% dei bambini, ha registrato un aumento costante, parallelamente a quella dell’obesità. Uno studio abbastanza recente, condotto su 2045 studenti d’età compresa tra 6 e 17 anni in tre città (Varese, Roma e Catanzaro), ha rivelato tassi di ipertensione arteriosa del 5,5% e di valori pressori limite del 7,1%. È inoltre dimostrato che un bambino iperteso ha una maggiore probabilità di esserlo anche da adulto e si è osservata una correlazione tra i valori pressori in età pediatrica e la presenza di danno d’organo in età adulta, in termini di riscontro di ipertrofia ventricolare sinistra, ispessimento medio-intimale carotideo o aumento della rigidità arteriosa.
Le Raccomandazioni congiunte della Società Italiana di Pediatria (SIP) e della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), ricordano che la diagnosi di ipertensione si basa su un criterio statistico, che fissa il limite di normalità nel 95° percentile della distribuzione dei valori pressori sisto-diastolici, in relazione al sesso, all’età e all’altezza del bambino. In altri termini, oltre a misurare la pressione quando si presenta l’occasione, prima della maggiore età è sufficiente fare riferimento ai percentili.
Una condizione particolare da non sottovalutare ma da monitorare è la pre-ipertensione (o pressione normale alta), caratterizzata da valori solo stabilmente superiori o uguali al 90° percentile, ma inferiori al 95°. Se si fa una diagnosi di ipertensione in tarda adolescenza, di solito non occorre ricorrere a un trattamento farmacologico, ma è fondamentale intervenire sullo stile di vita puntando a fornire raccomandazioni dietetiche che contribuiscano a mantenersi normopeso. Ecco, quindi, che è fondamentale seguire una dieta equilibrata ricca di frutta, verdura e cerali integrali e povera di sale, grassi saturi e zuccheri. Altrettanto fondamentale è cercare di aumentare ad almeno 150 minuti alla settimana l’attività fisica e soprattutto evitare fumo e alcol, entrambi fattori che danneggiano cuore e vasi.
Da ultimo, ma non per importanza bisognerebbe insegnare anche ai giovanissimi quanto sia importante per la salute fisica e mentale imparare a tenere sotto controllo lo stress che è un fattore di rischio da non sottovalutare ai fini dello sviluppo dell’ipertensione. Chi fa spallucce pensando che cambiare stile di vita non lo aiuterà a non sviluppare malattie cardiovascolari dovrebbe sapere che gli scienziati del Consorzio internazionale Global Cardiovascular Risk Consortium, coordinato dal Dipartimento di Cardiologia del Centro Universitario Heart & Vascular del Medical Center Hamburg-Eppendorf (UKE) e dal Centro tedesco per la ricerca cardiovascolare (DZHK), del quale fanno parte il Dr. Luigi Palmieri e la Dr.ssa Chiara Donfrancesco del Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino-metaboliche e Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità-ISS, hanno dimostrato che cinque fattori di rischio cardiovascolare modificabili, ovvero indice di massa corporea, pressione arteriosa sistolica, colesterolemia non-HDL, fumo e diabete, sono direttamente collegati a più della metà di tutte le malattie cardiovascolari nel mondo. Più in particolare, l’ipertensione è la condizione che maggiormente risulta legata all’insorgenza di infarto del miocardio e ictus.
Tutti e cinque i fattori di rischio modificabili, combinati, (sovrappeso, ipertensione, colesterolo alto, fumo e diabete mellito) contribuiscono al 57,2% del rischio cardiovascolare delle donne e al 52,6% degli uomini, oltre al 22,2% dei decessi (mortalità complessiva) nelle donne e al 19,1% negli uomini, con il livello di pressione sistolica, la pressione massima, dunque, che rappresenta l’elemento più incisivo.
Questi dati dimostrano in maniera forte come più della metà degli eventi legati alle malattie cardiovascolari si possono spiegare attraverso fattori di rischio che possono essere prevenuti e modificati, soprattutto, con l’adozione di stili di vita corretti.
Ecco perché è così urgente agire sulla prevenzione da parte dei sistemi sanitari per affrontare e ridurre questi rischi.