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Aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglio… le credenze popolari sulle proprietà taumaturgiche dell’aglio si perdono nella notte dei tempi. Ultimo ma non per importanza l’aglio viene indicato come alimento che aiuta a sconfiggere l’ipercolesterolemia. Il binomio non ha niente di trascendente. Anzi, trova una sua plausibilità scientifica, al punto che ha spinto alcuni ricercatori statunitensi ad avviare uno studio randomizzato per verificare le reazioni in chi lo assume, segnatamente in relazione al colesterolo LDL (quello “cattivo”).
Che il colesterolo valga ogni sforzo, è cosa nota, dal momento che nel mondo ogni anno quasi cinque milioni di individui (4,51 ml) muoiono a causa del colesterolo troppo alto.
A un mese dall’assunzione quotidiana per 28 giorni di un placebo in alternativa a 5mg di rosuvastatina (una delle statine più diffuse) a 2,400 mg di olio di pesce, 2,400 di cannella, 5 μg di aglio, 4,500 mg di curcuma, 1,600 mg di steroli vegetali oppure 2,400 mg di lievito di riso rosso, i 199 adulti ingaggiati nello studio SPORT (Supplements, Placebo or Rosuvastatin Study), età media 57,5 anni, senza nessuna malattia cardiovascolare di partenza, hanno dato prova di preferire la statina. Nel senso che l’organismo di chi assunto la statina ha reagito positivamente rispetto agli eccessi di colesterolo. In costoro s’è registrato un abbassamento medio dei valori di LDL del 37,9%. All’opposto, in chi ha assunto il placebo o uno dei cinque supplementi fra aglio e gli altri derivati ittici e vegetali, gli spostamenti di valori dell’LDL non sono apparsi degni di nota. Unica eccezione per l’aglio ma in merito al colesterolo HDL (quello “buono” per il quale più i valori sono alti e meglio è) che è aumentato rispetto al placebo. Ma perché il confronto fra la rosuvastatina e gli integratori in oggetto? Perché gli integratori a base di queste sostanze sono molto diffusi negli States. Inoltre, godono dell’approvazione da parte della Food and Drug Administration degli Stati Uniti (FDA).
Come ci ricorda la professoressa Cristina Cavalletti, in una sua nota apparsa a stampa sulla nostra newsletter nel 2020, il fatto che il colesterolo abbia un ruolo importante nel contribuire a provocare le malattie di cuore è ormai arcinoto anche fuori della comunità scientifica, tanto da potere sembrare addirittura scontato, ma in realtà si tratta di una scoperta recente, che risale alla metà del secolo scorso. Attorno al 1950, infatti, fu avviata una serie di studi epidemiologici che si proponevano di individuare le cause più probabili delle principali malattie. Il capostipite di tutti questi studi, ad imitazione del quale molti altri poi ne furono condotti, è il “Framinghan Heart Study”, iniziato nel 1948 presso la cittadina di Framinghan, in Massachusetts: oltre cinquemila persone fra i trenta ed i sessant’anni furono schedate, intervistate circa le loro abitudini di vita, sottoposte ad analisi del sangue e seguite sistematicamente nel tempo. Man mano che, inevitabilmente, qualcuno si ammalava o moriva, le patologie venivano messe in relazione con le abitudini di vita e con i risultati degli esami del sangue. Lo studio prosegue tuttora – si è ormai alla quarta generazione – e ha celebrato nel 2018 i suoi primi settant’anni, fornendo in tutto questo tempo una immensa mole di materiale per indirizzare le nostre ricerche. Ebbene, una delle prime conclusioni fu proprio che le persone con colesterolo elevato erano particolarmente esposte all’aterosclerosi e alle sue conseguenze, come infarto miocardico ed angina pectoris.
Molto spesso il ricorso ai farmaci, però, non è così necessario come si crede. Il colesterolo è un grasso implicato nella costruzione delle membrane cellulari e pertanto è utile e necessario. Diventa pericoloso solo se ai suoi valori elevati si accompagnano condizioni quali ereditarietà per patologie cardiovascolari, fumo, stress, obesità, diabete. Se una persona è in peso-forma, atletica, non fuma e non ha altre problematiche non esistono motivi per iniziare una terapia farmacologica. È necessario e sufficiente mangiare meglio e lavorare sullo stile di vita. Fondamentali sono una dieta bilanciata e sani stili di vita, abbinati all’aderenza alle terapie. In più, se si vuole mantenere uno stato di salute ottimale per il proprio cuore, come consigliano i cardiologi, la carta da giocare è abbattere il colesterolo LDL. E quanto più si abbassa meglio è.

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