Prima legalizzano la marijuana, poi si accorgono che provoca la fibrillazione atriale. A una lettura ideologica e politicamente conservativa, la notizia potrebbe esser data con questo incipit da cipiglio moraleggiante. Senonché, messa così l’intera questione è sbagliata, profondamente ingiusta e avvilente per l’intelligenza del lettore, in particolare per gli abitanti della California, lo stato teatro dell’evento. È sufficiente un dato per rimettere la faccenda nella giusta prospettiva. L’alcol e il fumo sono fattori di rischio modificabili che, al pari della marijuana, provocano la fibrillazione atriale (AF): si tratta di una malattia che s’indentifica con un aumento parossistico del battito cardiaco. L’AF è alla base della formazione di coaguli di sangue nel cuore e di un flusso sanguigno deficitario che si associano a significative morbilità e mortalità. Le terapie mirano a correggere la frequenza e il ritmo cardiaco e ad avviare il processo di anticoagulazione che serve a prevenire l’ictus cardioembolico. Eppure, nessuno si sogna di bandire alcol e fumo come droghe illecite, o rispolverare i divieti del proibizionismo, peraltro coincidenti, negli USA degli anni Venti del secolo scorso, con un aumento parossistico del consumo illegale di alcolici. La California è il primo stato che ha permesso l’uso terapeutico della marijuana. È successo nel 1996, a seguito dell’approvazione del “Compassionate Use Act”. Oggi, la marijuana o cannabis che dir si voglia è legale in California sia a scopo terapeutico sia per quello ricreativo (fra gli adulti).
E allora? Allora, se bastano un paio di bicchieri di vino per innescare i danni cardiaci e, nel medio e lungo periodo, a provocare il cancro, scopriamo che anche la cannabis, al pari di altre sostanze, non è esente da effetti secondari. Quello che importa in questi casi è una conoscenza aggiornata dei fenomeni, lasciando che poi ognuno si regoli come meglio crede quanto al consumo.
Uno studio di revisione condotto fra gli abitanti della California ha analizzato i casi di ospedalizzazione a seguito di AF fra il 2005 e il 2015. Delle oltre 23 milioni di occorrenze (23˙561˙884 pazienti) 98˙271 erano correlate all’uso di metanfetamine, 48˙701 a quello di cocaina, 10˙032 ad oppiacei e 132˙834 all’uso di cannabis. In totale, stando ai risultati di questo studio, apparso a stampa a novembre 2022 su «European Heart Journal», il 4,2% dei pazienti ha sperimentato un evento di fibrillazione atriale coincidente con il consumo di dette sostanze psicotrope durante il periodo di osservazione. Per evidenziare il dato puro relativo all’incidenza di detti psicotropi sull’AF, i ricercatori hanno preventivamente isolato e valutato a parte, trasformandoli in coefficienti numerici, gli altri elementi che avrebbero potuto concorrere nell’episodicità sotto inchiesta. Ovvero hanno tenuto in debito conto le variabili demografiche (età, sesso, etnia e appartenenza sociale in base al reddito) quelle cliniche (ipertensione, dislipidemia, diabete mellito, malattie coronariche, insufficienza cardiaca congestizia, valvulopatie, obesità, apnea notturna ostruttiva e malattie renali croniche) e altre variabili modificabili al pari del consumo di droga (come il consumo di alcol e il vizio del fumo). I risultati finali hanno rivelato che l’uso di ciascuna sostanza psicotropa è associata a un aumento del rischio di fibrillazione atriale. L’associazione più alta s’è manifestata con l’uso concomitante di metanfetamina, la più bassa con quello della cannabis. Ovviamente, i soggetti che hanno attinto da più di una di queste droghe, hanno evidenziato un rischio maggiore di AF rispetto ai consumatori, abituali o saltuari, di una sola.
Quanto alla cannabis e ai suoi effetti collaterali più noti, oltre alla già menzionata accelerazione del battito e della frequenza cardiaca (stimate dal 20-100% in più nelle due ore che seguono l’aver fumato la sostanza) sappiamo che il fumo in quanto tale, per l’azione combinata della nicotina e del principio attivo della sostanza, il THC, può irrigidire le arterie e favorire la formazione della placca arteriosclerotica, mentre sul versante tumorale, può causare il cancro ai polmoni e degli organi superiori del tratto aero-digestivo: bocca, lingua, esofago. L’evenienza oncologica sarebbe preoccupante se il numero di spinelli quotidiani fosse elevato, pari al numero di sigarette fumate da un normale fumatore, ma di regola non è così. Inoltre, è noto che la cannabis provochi un leggero aumento dei valori pressori e talora, subito dopo averla fumata, una possibile ipotensione ortostatica (la pressione si abbassa durante il movimento che si fa per assumere la postura eretta) che può causare perdita dell’equilibrio e svenimenti. Tutti dati che è bene conoscere in vista di un consumo consapevole, l’unico ammesso nelle persone emancipate, fra le quali tutti noi vorremmo figurare.
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