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Come per tutti i medicinali efficaci, il principio attivo alla base delle statine, uno dei farmaci più diffusi nella prevenzione cardiovascolare, non è esente da effetti collaterali. Tuttavia, a parere di uno studio di revisione apparso di recente sul “British Medical Journal» (BMJ), mettendo sul piatto della bilancia gli effetti benefici e quelli indesiderati delle statine, il risultato ottenuto è rassicurante e in sintonia con quanto le principali linee guida internazionali non si stancano di raccomandare, ovvero che il ricorso alle statine è sacrosanto in prevenzione secondaria e merita di essere allargato in prevenzione primaria.
In prevenzione secondaria le perplessità fra rischi e benefici scompaiono. Le statine si sono dimostrate un farmaco irrinunciabile nel ridurre i casi di decesso per causa cardiovascolare in chi ha già sperimentato un evento cardiovascolare maggiore come l’infarto e l’ictus, mentre gli effetti collaterali sono riassumibili in un aumento modesto di pazienti con problemi di fegato e di reni, con malattie oculari tipo cataratta e con problemi muscolari e diabete. Per ciascuna di queste manifestazioni cliniche, siamo nell’ordine di 15-20 soggetti con sintomi ogni 10 mila. Inoltre, nella netta maggioranza di questi casi, non è emerso nulla di particolarmente severo da un punto di vista clinico.
La percentuale di cui sopra di pazienti con sintoni causati dalle statine è la stessa anche in prevenzione primaria. Stando allo studio apparso sul BMJ nel luglio del 2021, il sintomo più ricorrente lamentato dagli oltre 120 mila pazienti dei 62 studi clinici randomizzati presi in esame è quello dei dolori muscolari. A parere dei ricercatori inglesi e americani che hanno condotto lo studio di revisione, è il caso di insistere nello sfatare il pregiudizio che suggerisce ancora a troppi soggetti in prevenzione primaria un’alta dose di scetticismo nell’accettare la prescrizione di questo farmaco a causa dei temuti problemi di debolezza e rigidità muscolare. Per chi viene classificato in prevenzione primaria, ovvero per chi non è in pericolo di vita a causa di una malattia cardiovascolare, la statina non è esattamente quello che si dice un farmaco salvavita. Tuttavia, se sussistono le precondizioni cliniche per assumere le statine, a fronte di esami ematici che evidenzino valori di colesterolo borderline, il sintomo dei disturbi muscolari non può più essere accampato come scusa. Le statine agiscono nel bloccare l’enzima (idrossi-metilglutaril-coenzima) che attiva il processo di produzione del colesterolo. Quest’ultimo viene prodotto all’80% in maniera spontanea dall’organismo, per il restante 20% è invece la conseguenza di quello che mangiamo. Di fatto le statine riducono del 30-40% il colesterolo totale grazie all’azione che esercitano sull’LDL (dall’inglese “Low Density Lipoproteins”, lipoproteine a bassa densità, il cosiddetto “colesterolo cattivo”) una riduzione stimata nell’ordine del 50-60%, mentre il colesterolo HDL (“High Density Lipoproteins”, lipoproteine ad alta densità, il “colesterolo buono”) rimane invariato, se non addirittura aumenta. Per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari – ribadiscono gli autori nelle conclusioni – il rischio di eventi avversi è inferiore all’efficacia del farmaco, e le prove a sostegno della personalizzazione del tipo e del dosaggio delle statine, in ordine ai problemi di sicurezza da porsi prima dell’inizio del trattamento, sono limitate. A riguardo di tipi e del dosaggio delle statine, la ricerca ha evidenziato che atorvastatina, lovastatina e rosuvastatina (tre dei più importanti tipi di statine) sono associate ad alcuni eventi avversi ma senza differenze significative fra loro. Una possibile modesta relazione dose-risposta sulla disfunzione epatica è stata identificata per l’effetto dell’atorvastatina, mentre le relazioni dose-risposta per gli altri tipi di statine non sono approdate a niente di definitivo. È questo il motivo che ha suggerito ai ricercatori che non è necessario adattare le dosi di statine per affrontare i problemi di sicurezza quando si comincia il trattamento. Infine, il basso rischio di eventi avversi causati dovrebbe rassicurare sia i pazienti sia i medici che i potenziali danni delle statine sono di modesta entità; ecco perché, come dicevamo, scoraggiarne l’uso per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari ha poco senso.

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