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Giovambattista Desideri,
Professore Ordinario di Medicina Interna
Università degli Studi dell’Aquila.

Abbiamo letto di recente dell’esistenza di dispositivi di ultima generazione in grado di eseguire degli ECG a riposo stando a casa, il cui referto arriva al curante in tempo reale. L’ECG portatile KardiaMobile in questione è un esempio in cui la tecnologia, oltre a semplificarci la vita, è in grado di proteggerla? La domanda l’abbiamo rivolta a Giovambattista Desideri, Professore Ordinario di Medicina Interna Università degli Studi dell’Aquila.

«Decisamente si, l’idea di poter ottenere un tracciato elettrocardiografico registrato direttamente dal paziente e trasmesso al proprio medico sembrava pura fantasia fino ad un recente passato. Invero, attualmente sono disponibili dispositivi di dimensioni contenute che consentono di registrare 1 o 6 derivazioni elettrocardiografiche al proprio domicilio. Questi dispositivi si interfacciano con una App dedicata dello smartphone e generano un tracciato elettrocardiografico della durata di 30 secondi, adeguata, secondo quanto indicato dalle linee guida, per lo screening della fibrillazione atriale, che può essere trasmesso al medico curante. È evidente come questi dispositivi amplifichino notevolmente le possibilità di intercettare quell’enorme sommerso di fibrillazione atriale che ancora sfugge alla diagnosi. Ciò anche in relazione all’andamento spesso episodico della fibrillazione atriale, cosa che ne rende difficile l’identificazione in ambito ambulatoriale».

Prof. Desideri, quando porsi il problema della fibrillazione atriale, se è vero come pare, che i sintomi si riscontrano soltanto nel 10% dei casi? In altre parole, c’è il rischio che questa malattia possa fare danni indisturbata nel restante 90% dei casi. Un bel problema, no?
«La fibrillazione atriale un bel problema lo è davvero non tanto per la sintomatologia, molto spesso modesta o del tutto assente, quanto per le possibili complicanze, soprattutto emboliche a livello cerebrale. Circa un quinto di tutti gli eventi ischemici cerebrali sono dovuti alla fibrillazione atriale la cui presenza quintuplica il rischio di ictus. Peraltro, non di rado l’ictus embolico rappresenta l’evento con cui viene diagnosticata una fibrillazione atriale fino ad allora misconosciuta. È evidente, quindi, l’opportunità e la necessità di identificare precocemente questa aritmia per impostare il prima possibile le strategie terapeutiche e preventive più adeguate».

Di che cosa parliamo quando parliamo di fibrillazione atriale? Quali sono i soggetti che rischiano di più di ammalarsi?
«La fibrillazione atriale è l’aritmia sostenuta di più ampio riscontro nella pratica clinica e la sua frequenza è destinata ad aumentare ulteriormente negli anni a venire in ragione del progressivo invecchiamento della popolazione. La frequenza della fibrillazione atriale, infatti, cresce con l’età arrivando ad interessare il 3-4% dei soggetti tra 60 e 70 anni e il 10-15% degli ultraottantenni. Ovviamente la fibrillazione atriale non interessa soltanto la popolazione geriatrica, in quanto l’insorgenza di questa aritmia è spesso favorita da fattori di rischio modificabili come l’ipertensione arteriosa, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’obesità, la sindrome delle apnee ostruttive e l’insufficienza renale».

Sappiamo che la diagnosi precoce per questa malattia è importante. Qual è il modo giusto per affrontarla nella quotidianità di un’esistenza?
«Non si può certo vivere con l’incubo della fibrillazione atriale. Tuttavia, bisogna tenere conto che questa aritmia è più frequente in alcune categorie di soggetti e che se si rientra in queste categorie appare prudente considerare la possibilità di tenere sotto controllo il proprio ritmo cardiaco al fine di individuare precocemente l’eventuale insorgenza di questa aritmia. Peraltro, i progressi della tecnologia hanno oggi reso facilmente accessibili apparecchi automatici per la misurazione della pressione arteriosa che consentono di porre il sospetto di fibrillazione atriale e dispositivi portatili che consentono una registrazione elettrocardiografica di durata adeguata per porre diagnosi di fibrillazione atriale.
«Non si può certo vivere con l’incubo della fibrillazione atriale. Tuttavia, bisogna tenere conto che questa aritmia è più frequente in alcune categorie di soggetti e che se si rientra in queste categorie appare prudente considerare la possibilità di tenere sotto controllo il proprio ritmo cardiaco al fine di individuare precocemente l’eventuale insorgenza di questa aritmia. Peraltro, i progressi della tecnologia hanno oggi reso facilmente accessibili apparecchi automatici per la misurazione della pressione arteriosa che consentono di porre il sospetto di fibrillazione atriale e dispositivi portatili che consentono una registrazione elettrocardiografica di durata adeguata per porre diagnosi di fibrillazione atriale».

Cosa possiamo fare come stile di vita per prevenire questa malattia? Ci ricorda quali sono le sue complicazioni più note ed evidenti?
«La fibrillazione atriale, vale la pena ribadirlo, è una aritmia di notevole rilevanza clinica, non tanto per la irregolarità del ritmo quanto per le temibili complicanze emboliche, soprattutto a livello cerebrale. È fondamentale, quindi, mettere in atto tutte le misure di prevenzione più adeguate che poggiano principalmente sul controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, ipertensione in primis. Tenere sotto controllo i valori pressori e glicemici, evitare l’eccedenza ponderale, astenersi dal fumo, rappresentano misure di igiene comportamentale che aiutano a prevenire l’insorgenza di fibrillazione atriale e a vivere meglio e più a lungo».

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