Secondo la filosofia buddhista, il cuore è l’organo in cui si formano le intuizioni e la percezione dei fenomeni, non il ragionamento, che invece ha sede nel cervello. Quanto basta per vedere nel muscolo cardiaco una risorsa inaspettata, che trascende le normali funzioni vitali. Nel cuore ha origine quel guizzo in più che il ragionamento razionale da solo non ci può dare, ovvero la capacità di far convivere gli opposti in armonia. Un insegnamento utile per affrontare la rivoluzione digitale e le sue insidie di schizofrenia
La prima osservazione è che stare a lungo seduti davanti a un computer non fa bene perché, fra le altre cose, favorisce l’obesità e le malattie cardiovascolari. E fin qui siamo tutti d’accordo, senza bisogno di leggere un libro dal titolo “Internet e l’io diviso” che, come ovvio, sembra trattare ben altri argomenti che non le malattie cardiovascolari. Vero. Senonché l’autore, Ivo Quartiroli, oltre a proporsi come studioso di navigazione in rete e come esperto di implicazioni sulla psiche dettate dall’uso compulsivo che tutti quanti ormai facciamo dei motori di ricerca e dei social network, affronta la questione di cui sopra da una prospettiva affatto originale, in base alla quale il cuore ha un ruolo insospettabilmente centrale.
Egli non ha remore a definirsi un appassionato di meditazione. Sull’insegnamento dei maestri Zen, ci invita a non confondere la meditazione con il pensiero di cartesiana memoria. “Cogito ergo sum” per Cartesio voleva dire, in buona sostanza, che la comprensione è possibile solo all’interno dell’intelletto raziocinante. Mentre per la tradizione millenaria buddhista e, in Occidente, dal pensiero psicanalitico in poi, chi medita non tarda a scoprire che molte delle nostre riflessioni, alla pari di molte delle nostre scelte di vita, sono tali solo in apparenza. In realtà, queste nostre scelte sono il frutto di comportamenti preordinati che affondano la loro essenza nell’infanzia. A un continuo occupare la mente con la riflessione, l’insegnamento dei maestri spiritualisti preferisce la via della consapevolezza vicina a quella del Buddha, basata su attenzione costante, presenza mentale e introspezione. Ed è così che scopriamo la centralità del muscolo cardiaco nella ricerca della verità. Il cuore spirituale sarebbe legato al corpo a livello energetico. Se questa affermazione non è comprovata a livello scientifico, è pur vero che il cuore produce maggior energia di qualsiasi altro organo, come risulta da certe misurazioni fatte con apposite apparecchiature. Pare che il cuore produca energia, addirittura 60 volte di più di un organo altrettanto importante e vitale come il cervello. Secondo la tradizione buddhista, il cuore è sede di intuizione e percezione, non di ragionamento. “Queste facoltà cognitive trovano un loro spazio quando la mente viene svuotata dai suoi condizionamenti e dalle sue convinzioni”, afferma l’autore, dopo aver citato il curioso aneddoto del professore universitario. L’illustre cattedratico si recò da un maestro Zen per apprendere i principi del nuovo pensiero. Durante l’incontro venne servito del tè. Teiera alla mano, il maestro Zen continuò a versare il contenuto ben oltre le capacità di portata della tazza dell’ospite. Il che non fu un gesto di sbadataggine, ma una metafora per indicare che la mente del professore, come la tazzina, era colma di concetti e convinzioni, e che per comprendere lo Zen andava prima svuotata. Lo stesso – avverte Quartiroli – vale per il mondo digitale.
Porci in relazione ai continui nuovi stadi di conoscenza di navigazione in rete e social network per la paura di sentirsi tagliati fuori da quello che è di moda, secondo cui se non appari è come se non esistessi, è comprensibile ma sostanzialmente sbagliato. Ecco il primo pregiudizio che andrebbe superato, svuotando la mente dalla paura che esso comporta, a favore di un approccio in cui il comunicare è un processo evolutivo che si apprende per gradi, proprio come una lingua. E che le stazioni di apprendimento, con le immancabili delusioni e fragilità incontrate a ogni gradino, dovrebbero essere vissute in piena consapevolezza, grazie alle attenne sensibili del cuore spirituale, ovvero come tappe di un processo di conoscenza che si esaurisce nel metodo non meno che nel fine. In altre parole, dato l’adagio che più si conosce, più ci rende conto di non sapere, tanto vale salvare come bene supremo le strategie di apprendimento. Un esempio per tutti. Oggi tradurre grazie ai motori di ricerca, i vocabolari online, o ai traduttori simultanei è indubitabilmente più facile anche a detta di professionisti del ramo. Tuttavia, non bisogna fare confusione e scambiare il mezzo con il fine. La lingua straniera la si impara per gradi, durante anni di apprendistato. Pensare che il computer faccia di noi dei conoscitori di quella lingua, perché ci pone in grado di tradurre rapidamente, quanto meno per arrivare ad afferrarne il significato, è un’ingenuità da dilettanti. Meglio pensare al proprio inglese o francese o italiano degli stenterelli, e lavorare per migliorare quello, servendosi alla bisogna dei mezzi informatici.
Tesaurizzare l’esistente, creare e vivere di aspettative possibili in completa armonia fra possibilità della mente e intuizioni del cuore. Questo, alla fine, sembra il messaggio che vuole mandarci questo libro, in cui l’Io si riconduce a unità nel momento in cui è capace di accogliere le contraddizioni senza la pretesa di risolvere compiutamente, giacché la complessità e le contraddizioni individuali non sono che lo specchio delle complessità e delle contraddizioni del mondo.