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di Elisabetta Bramerio

Alcuni fattori riproduttivi come la prima mestruazione e la menopausa precoci, l’aver fatto figli in giovane età, eventi come l’aborto, i figli nati morti e gli interventi di asportazione dell’utero possono diventare dei fattori di rischio indipendenti per le malattie cardiovascolari nella donna. È quanto sostiene uno studio inglese. A parlarcene la dottoressa Sanne Peters dell’Università di Oxford e prima autrice della ricerca in questione

Le malattie cardiovascolari sono le maggiori responsabili di morte e disabilità a livello mondiale in entrambi i sessi e il perché ci si ammala di esse non è certo un mistero. Tolte le forme congenite, nelle quali l’ereditarietà gioca un ruolo importante, le restanti cause sono l’ipertensione, il vizio del fumo, la mancanza di movimento, il sovrappeso e l’obesità, il diabete mellito e i valori elevati di colesterolo e di trigliceridi. Si tratta dei tradizionali fattori di rischio di ampia ricaduta sulla salute che fanno capo a uno stile di vita sbagliato ancora piuttosto frequente in ambo i sessi.
Nelle donne, tuttavia, vi è ragione di credere che il rischio di malattia cardiovascolare sia associabile anche a particolari eventi riproduttivi. Da più parti giungono indicazioni che eventi come la prima mestruazione e la menopausa precoci siano responsabili di un rischio cardiovascolare maggiore. Così pure l’asportazione dell’utero e delle ovaie. Sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda vi sarebbero anche i casi di aborto spontanei ma più per quanto riguarda le ricadute di malattia coronarica e ictus. I casi di bimbi nati morti invece sono stati associati a un rischio cardiovascolare minimo per le mamme, privo di rilevanza statistica. Mentre s’è visto che lo svezzamento dei figli incide eccome e in pari misura su entrambi i sessi. Il confronto non è fra papà e mamma, che fanno registrare su per giù lo stesso rischio di malattia cardiovascolare man mano che gli anni passano. Il paragone è invece con uomini e donne senza figli, privi cioè della consueta carovana di apprensioni e mansioni proprie di chi i figli da accudire li ha avuti. In altre parole, i fattori biologici che distinguono i due sessi sono meno importanti di quelli sociali, comportamentali e psicologici che accomunano entrambi i genitori rispetto alla recrudescenza del rischio cardiovascolare.
Tutte informazioni che troviamo elencate ad apertura di un nuovo studio sull’argomento. Ragion per cui abbiamo deciso d’intervistare il primo autore, avendo intenzione di approfondire la tematica. Si tratta della dottoressa Sanne Peters, membro del George Institute for Global Health dell’Università di Oxford. Il lavoro scientifico è stato pubblicato lo scorso gennaio sulla rivista «Heart». Esso dà conto di una ricerca che ha incrociato i dati inerenti ai fattori riproduttivi e alle malattie cardiovascolari di circa 500 mila pazienti britannici, donne e uomini d’età compresa fra 40-69 anni, seguiti per 7 anni a partire dal 2006.
Dottoressa Peters, ho letto con mio personale stupore, perché non mi aspettavo una tale correlazione, che alcuni fattori riproduttivi sarebbero responsabili di sovrappeso e obesità. In particolare dell’adiposità tipica della parte centrale del corpo. Pancia, fianchi e sedere, se penso alla costituzione femminile. Che cosa significa, che le donne con problemi legati al ciclo riproduttivo sono portate a mangiare di più e di conseguenza ingrassano?
«La domanda è curiosa e per certi versi intrigante, tuttavia la realtà è diversa da come lei immagina. Per sua conoscenza e per quella dei vostri lettori le allego uno studio in cui si approfondisce la relazione che c’è fra fattori riproduttivi e adiposità. Da una semplice scorsa ai risultati di questa ricerca si intuisce che vi sono una moltitudine di fattori che agiscono a sostegno di questa associazione. Fattori biologici, comportamentali e socio-economici. In quella ricerca a cui ho partecipato anch’io si dimostrava che i fattori riproduttivi che promuovono l’aumento ponderale con la localizzazione dell’adiposità nella parte centrale del corpo della donna sono più di uno. E che uno è più decisivo degli altri. Ovvero se la prima mestruazione è precoce. La circonferenza addominale o, meglio ancora, l’indice di massa corporea (BMI) della donna tende a essere sensibilmente maggiore se il menarca (la prima mestruazione, ndr) si presenta prima dei 12 anni. Diversamente se esso è normale o tardivo, ovvero se il menarca avviene dopo i 14 anni, l’associazione con il BMI perde di rilevanza statistica. Lo stesso dicasi in rapporto all’età del primo parto. La gestazione del primo figlio è inversamente proporzionale alle misura dei BMI. Più il figlio lo si fa precocemente, più la circonferenza dell’addome della donna tenderà a crescere nell’età critica. Detto questo, la circonferenza dell’addome risente ovviamente anche di una dieta poco equilibrata e di attività motoria insufficiente».
Mi ha colpito il dato che avere figli da giovani sia egualmente rischioso per la salute cardiovascolare di entrambi i genitori come quando questi arrivano in età matura, ovvero dopo i 40. Dal suo punto di vista, che cosa è più dannoso per la salute di cuore e arterie in relazione al tirar su i figli?
«Le informazioni che abbiamo raccolto circa l’età dei genitori alla nascita del primo figlio riguardano solo le donne. Abbiamo appurato che la crescita del rischio di malattie cardiovascolari fra le donne si spiega, almeno in parte, con lo stile di vita e con i connessi fattori socio-economici che lo hanno determinato. Quantunque nella nostra analisi siamo riusciti a monitorare qualcuno di questi fattori, nulla sappiamo degli stessi al momento della nascita dei figli, perchè il nostro campione ha un’età minima di 40 anni. Di contro, si è stimato un aumento del 3% di rischio cardiovascolare in più per ogni figlio messo al mondo in entrambi i genitori. Nello specifico, le donne con figli hanno un rischio del 21% più alto di andare incontro alle malattie cardiache rispetto alla controparte senza figli, gli uomini con figli del 13%, mentre il rischio di ictus è statisticamente irrilevante. La similitudine fra donne e uomini rispetto al rischio di malattia cardiaca e ictus si spiegano in base alla connessione con gli aspetti sociali, psicologici e comportamentali legati alla genitorialità piuttosto che – limitatamente alle donne – con i fattori biologici della gravidanza».
Molti uomini e donne soggetti a malattia cardiovascolare in età adulta non avevano precedenti per queste malattie. Significa che la loro storia clinica non presentava neppure un fattore di rischio? La loro pressione arteriosa era a posto, così pure i loro valori di colesterolo e trigliceridi?
«Non necessariamente. Circa il 25% delle donne che hanno preso parte all’analisi soffriva di ipertensione ed era in sovrappeso o obeso (BMI ≥ 27 kg/m²). I pazienti con pregressa storia clinica di malattia cardiovascolare sono stati esclusi a propri dall’indagine ma non se gli stessi manifestavano uno o più fattori di rischio, come, appunto, ipertensione o sovrappeso. Del pari la nostra analisi ha richiesto aggiustamenti in base alla presenza di questi fattori di rischio, affinché l’associazione fra eventi riproduttivi e rischio di malattia cardiovascolare risultasse il più possibile come dato assoluto».
Quali sono gli esami diagnostici e le valutazioni cliniche che lei raccomanda alle donne che hanno uno o più fattori di rischio connessi alla femminilità e alla genitorialità?
«Il nostro studio mostra come i fattori riproduttivi che compaiono quando la donna è ancora molto giovane abbiano un impatto decisivo per cuore e arterie nell’età adulta. Fare controlli più frequentemente per la prevenzione cardiovascolare nelle donne il cui primo ciclo mestruale è stato precoce è raccomandabile e istruttivo per le interessate, che in questo modo acquistano maggiore consapevolezza dei rischi cardiovascolari a cui sono esposte. La stessa cosa è auspicabile per coloro che hanno avuto casi di isterectomia (asportazione delle ovaie, ndr). In entrambi i casi i maggiori controlli sarebbero di grande aiuto per la prevenzione di tutte le conseguenze cardiovascolari. Accanto a più controlli, il mantenimento di uno stile di vita sano che includa il non fumare, il mantenimento di un peso corporeo ideale, un’alimentazione sana e l’adeguarsi a un’esercitazione fisica quotidiana. I benefici che ne derivebbero sono ad ampio spettro per la salute, quantunque queste scelte virtuose non vengono ancora applicate come meriterebbero».

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