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Più della metà dei pazienti ricoverati per Covid arrivano in ospedale con problemi cardiovascolari causati dall’infezione virale. Tali complicanze aumentano il rischio morte. A mettere in luce questo aspetto, l’indagine condotta da ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Ospedale Maggiore di Cremona e pubblicata di recente sull’«European Journal of Clinical Investigation». Gli autori dello studio sono arrivati a queste conclusioni dopo aver revisionato i dati relativi a 750 pazienti, per il 69% di sesso maschile, età media 67 anni, ricoverati nei rispettivi ospedali per polmonite da Covid nel periodo compreso fra il 27 febbraio e il 29 aprile 2020.  In realtà, nel periodo di studio sono stati 1197 i pazienti ricoverati per polmonite da Covid, 667 al San Raffaele di Milano e 530 al Maggiore di Cremona, ma per evitare risultati falsati sono stati «esclusi a priori dallo studio i pazienti con una causa definita che provoca livelli anormali di troponina, come la sindrome coronarica acuta» ha spiegato il primario di Cardiologia del Maggiore, Gian Battista Danzi. Dallo studio in questione è emerso, infatti, che il 52% dei pazienti sottoposti a osservazione clinica presentavano livelli anomali di troponina, un enzima che indica la presenza di sofferenza cardiaca. I pazienti con danno cardiaco hanno evidenziato un rischio triplo di finire in terapia intensiva rispetto a quelli con il cuore sano (26% contro 8,3%) e quadruplo di morire nei tre mesi successivi al ricovero (40% contro 9,1%). Secondo gli autori della ricerca, è possibile identificare almeno quattro meccanismi responsabili del danno cardiaco indotto dall’infezione da Sars-Cov-2:
un’infezione diretta attraverso i recettori ACE-2;
uno squilibrio tra il bisogno di ossigeno del miocardio e la sua disponibilità;
una coagulazione anomala con disturbi del microcircolo;
la tempesta citochinica, ovvero la risposta immunitaria esagerata e abnorme che si osserva nei pazienti più gravi.
Dallo studio è emerso anche che i pazienti ricoverati per Covid non hanno beneficiato in alcun modo di un effetto protettivo del miocardio se in cura per precedenti problemi cardiovascolari o per patologie affini, come l’ipertensione curata con ACE-inibitori, sartani o calcio antagonisti. Ecco perché, secondo i ricercatori, al momento del ricovero e durante il ricovero, per identificare i pazienti a maggior rischio di eventi avversi è fondamentale misurare e tenere sotto controllo i livelli di troponina cardiaca. Il primario di Cardiologia del Maggiore, Gian Battista Danzi, ci ha tenuto a sottolineare che hanno «partecipato a diversi di questi studi multicentrici e realizzato una produzione scientifica rilevante. Oggetto dell’analisi è l’esperienza della fase acuta, partendo da questo marker universale (la troponina, ndr) che rileva il danno miocardico. Va precisato che si trattava di pazienti compromessi, dove il livello di troponina e il conseguente danno miocardico era in genere proporzionale alla gravità della malattia. Con sintomi Covid lievi e simili a quelli influenzali, questo interessamento cardiaco è rarissimo. Ma con quei quadri polmonari devastanti, inevitabilmente, la troponina si alza: per danno diretto del virus, ma molto più spesso causa la tempesta di citochine e per colpa della mancanza di ossigenazione dovuta ai polmoni distrutti». Chi si ammala di Covid in questo fine di 2021 e non è vaccinato presenta un quadro clinico molto simile a quello dei pazienti ricoverati nella finestra temporale dello studio pubblicato sul «Journal of Clinical Investigation», sottolinea ancora il dottor Danzi: «Per chi non è vaccinato e si ammala di Covid ora, gli effetti non sono poi così diversi dal 2020. Perché, anche se dal punto di vista terapeutico abbiamo terapie di supporto, non c’è ancora una terapia specifica contro il virus. Certo, rispetto a un anno fa, le cose sono migliorate, ma questo perché si arriva prima in ospedale, perché i medici hanno imparato come muoversi e perché nei reparti non c’è l’affollamento della fase emergenziale. Però il quadro clinico dei pazienti, quando si aggravano, è lo stesso». Ed è anche questo un motivo sul quale riflettere soprattutto se non si è ancora fatto il vaccino, per paura che quest’ultimo possa danneggiare il cuore e indurre miocardite. A questo proposito, il dottor Danzi precisa: «In base all’esperienza che sto avendo, gli episodi di miocardite post vaccino sono rari e si tratta comunque di un decorso estremamente blando, benigno, che verosimilmente avremmo anche potuto non diagnosticare in epoca pre-Covid. Per esempio, abbiamo avuto il caso di un paziente che aveva già avuto un episodio di miocardite due anni prima, indipendentemente da Covid e vaccino. Il link fra insorgenza di miocardite e vaccinazione è di tipo temporale, ma sappiamo che a livello universale ci sono potenziali recidive di miocardite e pericardite. Il punto è che ora c’è un’attenzione molto elevata su questo aspetto e su potenziali sintomi post vaccino».

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