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di Alberto Ferrari

Bere fa male, bere tanto fa peggio, tanto più se la quantità eccessiva di alcol è condensata in poche ore, come avviene durante gli aperitivi o nelle serate in discoteca. Il fenomeno è chiamato binge drinking e ha pesanti ripercussioni sulla salute, in special modo cardiovascolare. Le vittime non sono solo i giovani. Adolescenti, adulti e over 65 anni fanno parte della stessa partita

Il binge drinking, ovverosia il bere smodatamente nel giro di un paio d’ore, è un’abitudine in voga fin dai tempi andati. Tanto per dire, chi in famiglia non ha avuto un nonno o un vecchio zio che spendeva puntualmente la paga del sabato in osteria? Di sicuro oggi c’è maggior capacità nel vedere le relazioni che il fenomeno chiama in causa. Fatto sta che siamo qui a parlare di binge drinking come del maggior pericolo di salute pubblica. Lo affermano gli autori di una recente meta-analisi (2017) che ha fatto il punto sui danni del binge-drinking a tutte le età. Commentando i risultati degli studi revisionati, per molti dei quali sono stati assoldati soggetti d’età compresa fra i 40 e i 60 anni, gli autori hanno indicato il binge drinking come il fattore più frequente in caso di eventi cardiovascolari maggiori come l’ictus e l’infarto. Bere tanto in poco tempo provocherebbe un aumento immediato della pressione arteriosa e dell’aritmia che, a lungo andare, scatenano gli eventi acuti surriferiti.

In questa meta-analisi si fa propria la definizione di binge drinking secondo cui si tratta del consumo di 5 drink di fila negli uomini e 4 nelle donne con una media di due volte al mese (a settimane alterne). Il drink è un bicchiere di qualunque sostanza alcolica con all’interno dai 12 ai 14 grammi di etanolo. Per esempio, il classico bicchiere di vino. A proposito dei giovani, si sottolinea la tendenza all’aumento del consumo. Dai dati raccolti nei centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, trasversali fra Europa e America, veniamo a conoscenza che, nel 2013, la media è stata di 8,9 drink a settimana nei giovani di 18-24 anni, contro il 6,6 nelle persone di 45-65 anni. Ciò nonostante, la media degli episodi di binge drinking in un mese è identica per entrambe le categorie (4,2), segno durante le occasioni di binge drinking i giovani, tendenzialmente, bevono di più dei loro genitori e nonni.

Se il binge drinking è molto diffuso nei giovani, fra i quali fare il pieno di sostanze alcoliche è sempre più di moda, a far tremare davvero i polsi sono le conseguenze fra gli adolescenti. Un dato eloquente, il 17% di tutti i ricoveri per intossicazione alcolica al Pronto Soccorso in Italia interessa ragazzi e ragazzi con meno di 14 anni.

Tra i giovani, la diffusione del binge drinking preoccupa per il numero spaventoso di incidenti d’auto del sabato sera. È bene ricordare che la questione non è solo logistica. Chi si è provato a risolverla mettendo a disposizione dei torpedoni per andare a ballare, evitando che i ragazzi usino i mezzi propri, si è cimentato in una soluzione parziale del problema. Le conseguenze dell’alcol non vengono meno, sia – come abbiamo visto – in termini di intossicazioni alcoliche, sia in termini di malattie sessuali trasmissibili, favorite dal comportamento disinibito di cui l’alcol è responsabile, e di danni permanenti a organi vitali. Vale la pena ricordare, come fanno gli esperti, che, fino a 25 anni, l’organismo non è in grado di demolire l’etanolo presente nell’alcol, per la mancanza di un enzima del fegato. L’etanolo va così a colpire parti molto vulnerabili, tra cui le membrane di fegato e cervello. Di conseguenza, se per il fegato si profila l’iter patologico che dalla steatosi epatica può portare alla cirrosi, per il cervello si registrano pesanti interferenze sul processo cognitivo, con il rischio di relegare la mente dell’adulto a capacità cerebrali limitate. Infine, il binge drinking avrebbe effetti su cuore e arterie. Sebbene nei giovani siamo più sul piano potenziale che di realtà clinica, si può affermare che, in base a evidenze condivise, il rischio cardiovascolare è in relazione allo stress ossidativo e al conseguente deterioramento delle arterie.

«La prima cosa da chiarire è che non ci sono effetti postivi per la salute a bere prima dei 25 anni – sottolinea Mariann Piano, docente di Scienza della salute presso l’Università dell’Illinois di Chicago e membro del Progetto permanente di studi sulle relazione fra il binge drinking e le conseguenze cardiovascolari nei giovani, nonché prima autrice della meta-analisi che abbiamo citato – Il motivo è che il cervello dei giovani è in fase di sviluppo, quindi più vulnerabile. Alcuni studi evidenziano che gli adolescenti soliti al binge drinking hanno l’ippocampo (la parte del cervello dove si sviluppa la memoria) ridotto. Tutti sappiamo che bere moderatamente ha effetti positivi sul sistema cardiovascolare (per la presenza nell’alcol, specie nel vino rosso, dei polifenoli, che hanno effetti antiossidanti per il sistema cardiovascolare, ndr). Tuttavia, tutti gli studi epidemiologici che sono arrivati a questa conclusione sono stati condotti su soggetti di mezz’età o più vecchi. La letteratura sull’argomento a cui fanno capo le poche indagini che hanno osservato il fenomeno del bere nei giovani sostiene che vi siano sempre effetti deleteri per il sistema cardiovascolare di questi ultimi».

Tutti gli studi che sono stati passati in rassegna dalla meta-analisi della professoressa Piano indicano che per ogni episodio di binge drinking la pressione arteriosa ha un aumento transitorio nell’ordine di 4-7 mmHg per la sistolica e di 4-6 mmHg per la diastolica. Così, gli adulti di mezz’età, a ogni episodio di binge drinking, vedono oscillare la propria pressione sistolica da 120 fino a 140 mmHg, e la diastolica da 70 fino a 90 mmHg.

Un altro dato degno di nota è che il binge drinking si associa spesso ai disturbi del miocardio (ischemia), di cui l’infarto è l’evento più frequente in termini di mortalità. Osservando le conseguenze su due gruppi di persone, circa 7500 irlandesi e circa 2500 francesi, dei quali i primi erano nettamente più adusi dei secondi al fenomeno del binge drinking, uno studio ha concluso che il rischio di malattia ischemica era doppio negli irlandesi rispetto ai francesi, sebbene l’introito di alcol la settimana fosse pressoché il medesimo: fra 254±198 g nei francesi, fra 281±279 g negli irlandesi. «I dati dimostrano che il binge drinking aumenta nettamente il rischio di malattia ischemica negli irlandesi – commenta la professoressa Piano – Tuttavia lo studio in questione non ha fatto propria la definizione canonica quanto a consumo episodico di alcol, per cui, senza un riferimento preciso, non è facile stabilire quanto i bevitori siano andati oltre lo standard. Piuttosto, il fenomeno per gli irlandesi, più che binge drinking in senso stretto, sembra definibile come “weekend drinking” (la bevuta del fine settimana, ndr), di cui non è mai chiaro quanto sia l’ammontare in termini di drink».

Più di 35 anni fa è stato coniato il termine “Holiday Heart” per descrivere l’associazione fra il binge drinking del fine settimana o della vacanza con le manifestazioni di aritmia cardiaca – si legge sempre nella meta-analisi in questione. Da allora, diversi studi prospettici hanno evidenziato che il binge drinking in individui sani, così come in chi è affetto da pregressa malattia cardiaca o vascolare, si associa a un rischio più alto di aritmia, in particolare di aritmia atriale che, tra l’altro, è la manifestazione cardiaca più comune in caso sia d’infarto del miocardio sia di ictus.

A proposito di binge drinking e ictus, nella revisione scientifica della professoressa Piano viene citato uno studio del 1999 in cui il consumo settimanale di alcol a partire da 150-300 g (l’equivalente di 11-23 drink) caratterizzi la fase pre ictus di molti pazienti.

Invece, tornando ai danni diretti sul sistema cardiovascolare, la letteratura in materia suggerisce che il binge drinking provochi lo stress ossidativo delle arterie, che a sua volta causa il restringimento e l’irrigidimento dell’endotelio. Inoltre, il binge drinking aumenta i valori lipidici del sangue (colesterolo cattivo e trigliceridi) e danneggia i normali fenomeni di coagulazione, favorendo la vulnerabilità del miocardio a sviluppare le aritmie.

Riassumendo, il binge drinking è associato a un aumento della pressione arteriosa e alle connesse esposizioni della malattia cardiovascolare sia nelle persone di mezz’età sia in quelle più vecchie. Inoltre, sebbene gli studi sulle conseguenza cardiovascolari del binge drinking nei giovani siano ancora limitati, i dati in nostro possesso indicano che il flusso arterioso diminuisce mentre aumentano i casi di ipertensione episodica, ottimo terreno di coltura per gli ipertesi dell’età adulta. «Io penso che tutta la questione del binge drinking sia deleteria perché coincide con un grosso stress fisiologico per l’organismo, in particolar modo nei giovani – è il parare della nostra interlocutrice, che così conclude – E gli studi sulle conseguenze cardiovascolari del binge drinking nei giovani adulti non fanno che provare questo assunto».

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