di Riccardo Segato
Con ResearchKit di Apple sta per partire qualcosa di nuovo. Se ben gestita, la nuova piattaforma salute potrebbe segnare un cambiamento di rotta definitivo nella ricerca scientifica dei prossimi anni. Essa viene proposta come collettore dei dati messi insieme con altri mezzi, sia che si tratti di app ad argomento sanitario o di studi clinici ed epidemiologici per i quali la raccolta dati dei pazienti è avvenuta manualmente. Il tutto va nella direzione di una sanità a portata di clic, la preferita dei cardiologi, a giudicare dai sondaggi
Secondo un recente sondaggio condotto negli Stati Uniti tre cardiologi su cinque si sono convertiti all’uso della tecnologia digitale per comunicare con i pazienti. In particolare, una maggior capacità comunicativa è stata riconosciuta ai filmati, tant’è che il 2016 si prefigura come l’anno delle interviste e delle demo montate su video per entrare nella casa dei pazienti e istruirli a dovere a proposito di ipertensione, attività fisica e alimentazione, tanto per restare al tema per noi più gettonato della prevenzione.
I cardiologi interpellati hanno altresì dichiarato di preferire l’uso del pc (74%) e del tablet (26%) per le attività di studio e aggiornamento professionale, di usare la tecnologia digitale per la comunicazione individuale con i pazienti (62%), di accedere agli aggiornamenti via smartphone (79%). Alla domanda di quale fosse la casa farmaceutica che più di altre offre i migliori servizi online, i cardiologi statunitensi hanno indicato AstraZeneca al primo posto, seguita da Pfizer e Merck.
Per l’utilizzo che ne fanno pazienti, di quali applicazioni parliamo? Si tratta di app che forniscono un servizio sanitario. A fine 2015 se ne contavano 165 mila a livello globale, 5 mila delle quali in lingua italiana, anche se quest’ultimo dato non è ufficiale. Un primo gruppo coincide con le app di accesso ai servizi sanitari, come prenotare un esame, ritirare un referto, verificare quanta coda c’è da fare in un pronto soccorso. Sono app che rappresentano l’estensione di un servizio web.
Poi ci sono le app legate alle fasi di cura, fra le quali bisogna distinguere app mediche e app per la salute. Le prime sono utili al paziente, permettono di fare ciò che normalmente fa il medico, per esempio misurare la pressione arteriosa, raccogliere campioni ematici e procedere all’esame di colesterolo e trigliceridi, eseguire l’esame della vista e aiutare il paziente a gestire patologie croniche. Fra queste ultime, di discreto successo sono le app che calcolano la giusta dose di insulina per i diabetici. Le app per la salute servono invece alla comunicazione medico-paziente. Coincidono con la cartella clinica. In essa sono indicati gli esami eseguiti, gli interventi chirurgici e i farmaci assunti. Medico e paziente vi attingono per avere informazioni aggiornate sull’evoluzione clinica della malattia.
Venendo alla ricerca, qualcosa di nuovo, di mai tentato prima sta per partire. Anche la ricerca scientifica sembra che stia diventando sempre più a portata di clic, cercando la collaborazione attiva del paziente. Un tendenza recepita dalle grosse case produttrici di tecnologia digitale. Nel 2015 Apple ha messo a punto “ResearchKit”, una piattaforma per smartphone con la quale l’azienda di Cupertino offre la possibilità di raccogliere informazioni medico sanitarie su larga scala, ad uso di chi fa ricerca. Viene data per imminente la versione per Android (Samsung). Tale piattaforma promette di diventare il collettore di tutte le raccolte dati già esistenti, in quanto dovrebbe essere in grado di ordinare in un unico database le informazioni sui pazienti che si trovano su piattaforme già attive, ideate sia per iPhone come Healthkit, sia per conto di studi clinici e osservazionali messi a punto da singoli enti di ricerca e centri universitari.
D’ora in poi compito dei ricercatori sarà quello di formulare questionari per la campionatura dei pazienti arruolabili negli studi e affidare tali questionari allo smartphone per la diffusione online. Non più le lungaggini in termini di tempo e di molte risorse umane da mettere in campo per la raccolta manuale dei dati. I pazienti che decidono in autonomia di aderire agli studi lo possono fare comodamente da casa, attraverso l’interfaccia del loro telefonino, tablet, computer o Apple Watch. Dopo aver firmato il consenso informato con il quale danno la propria adesione alla ricerca, i pazienti devono soltanto rispondere ai questionari seguendo passo dopo passo le indicazioni che compaiono sul loro apparecchio digitale preferito. Sostanzialmente, se si tratta di prevenzione cardiovascolare, danno indicazioni ai ricercatori circa l’esercizio fisico che svolgono durante la settimana, il peso corporeo, i livelli di glucosio, le abitudini alimentari, la pressione arteriosa. Il software prevede l’uso di sensori di movimento, sensori di riconoscimento facciale e di altro tipo per velocizzare e affinare la raccolta dati.
Quali sono i vantaggi di questa nuova modalità di fare ricerca? A detta degli esperti, la rapidità di reclutamento, una raccolta dei dati immediata e ripetuta nel tempo, una minor necessità di intervistatori. Tutte cose che lasciano intendere costi inferiori.
Ma di quale ricerca stiamo parlando? Non certo di studi clinici, per i quali i pazienti devono obbligatoriamente sottoporsi a dei test medici, recandosi fisicamente in ospedale o laddove sono previste le misurazioni. Piuttosto, di studi epidemiologici e osservazionali, per i quali, se si tratta di indagare su patologie cardiache o vascolari, è utilissimo mettere in relazione le malattie con le abitudini alimentari, la pressione arteriosa e con altri dati sensibili del profilo cardiovascolare. Sono dati che abitualmente vengono posti in relazione con patologie cardiache specifiche, oppure con i livelli di glucosio, qualora si stia investigando sulla presenza di fattori di rischio in malattie come il diabete in cui l’andamento della curva glicemica fa la differenza.
Dove vanno a finire i dati una volta caricati su ResearchKit? A leggere le pubblicistica Apple, ResearchKit è stato progettato per dare il massimo controllo sulla privacy. Tuttavia la questione della tutela della privacy è quanto meno controversa. Sarebbe il paziente che sceglie a quali ricerche aderire, quali informazioni condividere e così via. A detta di Apple dati non risiedono sui server dell’azienda ma vanno direttamente nelle banche dati dei ricercatori, pertanto il problema della privacy non si pone. Inoltre, i dati arrivano a destinazione in forma anonima, del tutto destrutturati dall’anagrafica dei pazienti, per cui è materialmente impossibile risalire al profilo identitario che li ha generati. Semmai, un problema di tutela della privacy si pone limitatamente alla presenza dei dati sugli smartphone dei pazienti. Se questi device vengono presi di mira da attività di pirateria informatica, è possibile che il loro contenuto venga sottratto per essere poi convogliato verso piattaforme commerciali il cui scopo è trarne un vantaggio economico quantunque illegale, dato il modo illecito con cui questi dati sono stati reperiti alla fonte. Sarà il cittadino paziente che dovrà provvedere, attraverso dei meccanismi di password, per bloccare sul nascere questi tentativi di appropriazione indebita.
I limiti di applicazioni come ResearchKit? Quello che può capitare è che il paziente scarichi l’applicazione per fini di ricerca specifici e la usi solo per quel breve periodo di tempo in cui si sente sotto osservazione clinica e poi, finita la fase saliente, si scordi di avere l’app sullo screen del telefonino. È fondamentale che i ricercatori siano molto veloci nell’acquisizione dei dati, in modo da aver registrato il tutto prima che l’attenzione del paziente comincerà a calare, prima cioè che si creino grosse lacune nei dati a causa della scarsa responsività del paziente. Un secondo problema potrebbe essere quello di un reclutamento parziale. Essendo ResearchKit un’app che funziona solo su piattaforme Ios di Apple, in questo momento si rischia un reclutamento non già limitato, visto che i possessori di iPhone sono oltre mezzo miliardo di individui in tutto il mondo, ma rappresentativo soltanto di una particolare fetta di popolazione. In concreto, si andrebbero a riscontrare dei dati sulla salute soltanto fra coloro che in Italia sono gli unici che possono permettersi di avere in dotazione il telefonino più costoso presente sul mercato. Quello venduto da Apple, appunto. Con il lancio della versione di ResearchKit per Android, data per certa nei prossimi mesi, sarà possibile colmare questo gap di reclutamento.