Recenti studi hanno individuato nella frequenza con cui si aggiunge il sale in cucina e nei piatti in tavola il fattore predittivo del consumo quotidiano di sale da cui stilare le previsioni di ipertensione e di altre cause di malattie cardiovascolari. Tuttavia, laddove viene adottata la dieta DASH che, come suggerisce il nome (Dietary Approaches to Stop Hypertension, ovvero: approcci dietetici contro l’ipertensione), è finalizzata al consumo di cibi a basso contenuto di sodio proprio per combattere l’ipertensione, gli interventi volti a ridurre il consumo di sale aggiunto migliorano ulteriormente la salute di cuore e arterie. La dieta DASH è stata ideata per prevenire l’ipertensione grazie a consumo ridotto di carni rosse e lavorate compensato da un apporto sostanzioso di verdura, frutta, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi, noci e legumi. Se la dieta DASH ha dato benefici in relazione alla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, la combinazione fra dieta DASH e riduzione delle aggiunte di sodio dovrebbe risultare più vantaggiosa per determinati biomarcatori cardiaci come il danno coronarico, la lesione del miocardio e l’infiammazione del muscolo cardiaco.
Una conferma del benessere che la dieta iposodica promette si evince da un nuovo studio condotto in Cina e pubblicato di recente sul «Journal of American College of Cardiology». In questo studio di intervento i ricercatori hanno cercato di valutare gli effetti di un sostituto del sale sull’incidenza di ipertensione e ipotensione tra gli anziani con pressione sanguigna normale. Questo sostituto era un sale depotenziato al 62,5%, tale la percentuale di cloruro di sodio al suo interno. I restanti componenti di questo ingrediente sperimentale erano 25% di cloruro di potassio (largamente usato nell’industria alimentare) e 12,5% di aromi naturali.
Come metodo si è scelto di condurre un’analisi tra gli anziani con pressione sanguigna normale che hanno partecipato a DECIDE-Salt, un ampio studio multicentrico, randomizzato e suddiviso fra gli ospiti di 48 case di riposo che è durato due anni. Gli autori hanno scelto di confrontarsi con la fragilità degli anziani per avere un riscontro sia sul rischio di ipertensione e sia su quello di ipotensione.
I risultati ottenuti recitano che, rispetto al gruppo di controllo che ha fatto uso di sale abituale (298 soggetti), il gruppo di intervento cui è stato dato il sostituto del sale (313 soggetti) ha avuto un’incidenza di ipertensione inferiore (11,7 vs 24,3) e non ha aumentato l’incidenza di episodi di ipotensione (9,0 vs 9,7). La pressione arteriosa sistolica/diastolica media non è aumentata nel gruppo di intervento ma è aumentata nel gruppo di controllo. Nel gruppo di intervento vi è stata in una riduzione netta di −8,0 mm/Hg di pressione sistolica e −2,0 mm/Hg di pressione diastolica.
I dati raccolti hanno portato gli autori a concludere che negli anziani cinesi con pressione sanguigna normale, la sostituzione del sale abituale con un sostituto del sale può ridurre l’incidenza dell’ipertensione senza aumentare gli episodi di ipotensione. Il che suggerisce una strategia auspicabile per la prevenzione e il controllo dell’ipertensione e delle malattie cardiovascolari a livello di popolazione, che merita ulteriore considerazione in studi futuri.
Il primo autore dello studio, il professore Yangfeng Wu, direttore dell’Istituto di ricerca clinica dell’Università di Pechino, ha altresì ricordato che i risultati ottenuti indicano che tutti, ipertesi e normotesi, possono trarre beneficio dalla sostituzione del sale normale con un sostituto del sale arricchito di potassio e di aromi naturali.
Qualche anno fa dei ricercatori statunitensi avevano stimato che una dieta iposodica e con pochi grassi saturi sarebbe in grado di ridurre la mortalità mondiale di 94 milioni di individui negli anni compresi fra 2015 e 2040. Incrociando i dati sui livelli di pressione arteriosa, di consumo di sodio e di grassi saturi negli alimenti, i ricercatori, facenti capo al Dipartimento di Global Health e Population di Boston, Massachusetts, hanno concluso che, se dipendesse da un controllo ottimale dell’ipertensione, la mortalità di cui sopra calerebbe da sola del 70% mentre il restante 30% si ridurrebbe, in proporzioni equipollenti, grazie a un consumo più contenuto di sodio e a una drastica riduzione dei grassi saturi nella dieta.