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di Anna Pellizzone

Sovrappeso e obesità contribuiscono significativamente ad accelerare la perdita di elasticità dellʼaorta, lʼarteria principale del nostro organismo. Lo ribadiscono i risultati di un nuovo studio britannico sui danni vascolari nella popolazioneman mano che invecchia. Il segreto per una lieta vecchiaia?Mangiare meno e fare più sport

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Pur di giustificare e rendere appetibili i chili di troppo, ce ne siamo inventati di ogni colore: dall’elaborazione di proverbi popolari “fat friendly”, come “uomo di panza, uomo di sostanza”, a neologismi anatomici quali “le maniglie dell’amore”. Attenzione, però, perché anche se possiamo raccontarci che un po’ di ciccia ci piace e che, come ripetevano le nostre nonne, in fondo è sintomo di buona salute, la scienza ci dice tutt’altro. Dai dati empirici non si scappa e un nuovo studio targato Gran Bretagna dimostra chiaramente che gli eccessi di adipe portano a un invecchiamento prematuro delle arterie.

Le arterie, i vasi sanguigni che trasportano il sangue alle cellule, sono dei tubi elastici. Questa elasticità, che è funzionale a un trasporto efficiente dell’ossigeno e delle sostanze nutritive ai tessuti e a ogni cellula dell’organismo, diminuisce fisiologicamente con l’invecchiamento. Tuttavia, diversi studi hanno accertato che alcuni fattori, come per esempio il fumo, possono accelerare il processo di irrigidimento delle arterie. Ma non è il fumo l’unica variabile su cui possiamo intervenire per cercare di mantenere il più possibile le nostre arterie giovani ed elastiche.

Una ricerca pubblicata lo scorso giugno sulla rivista «Hypertension», dimostra che l’eccesso di adipe e l’aumento di peso in età avanzata contribuiscono significativamente ad accelerare la perdita di elasticità dell’aorta (l’arteria principale del nostro organismo). «L’irrigidimento – ci spiega Aldo Maggioni, Direttore del Centro Studi ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) – è un processo naturale. Questo significa che con l’invecchiamento, chi prima, chi poi, tutti hanno una perdita dell’elasticità arteriosa. Tuttavia, alcuni fenomeni possono accelerarla: per esempio i soggetti che sono ipertesi o i soggetti che hanno fattori di rischio, come il fumo, anticipano negli anni questa perdita di elasticità. Lo studio presentato dimostra che anche l’adiposità, indipendentemente dalla presenza di altri fattori, determina una perdita di elasticità arteriosa, che a sua volta comporta con maggior probabilità l’ipertensione, un fattore di rischio per gli eventi di tipo cardiovascolare».

Ma facciamo un passo indietro, che essere sovrappeso, se non addirittura obesi, non faccia rima con buona salute, i medici ormai lo ripetono in tutte le salse. Quali sono quindi le novità introdotte dallo studio britannico in questione? Prima di tutto va chiarito che ci sono tanti modi di “essere grassi”. Normalmente, per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, l’adiposità considerata più pericolosa è quella centrale, dove l’accumulo di adipe è concentrato soprattutto a livello addominale, sulla pancia, tanto per intenderci, che è in corrispondenza degli organi interni e che è tipica soprattutto del sesso maschile. Tuttavia, ed è il primo elemento di novità di questa ricerca, rispetto all’irrigidimento dell’aorta, anche l’adiposità generale, che invece tiene conto del rapporto tra peso e altezza di un individuo, incide sostanzialmente alla stessa maniera dell’adiposità centrale. Un body mass index (rapporto tra peso e quadrato dell’altezza) elevato accelera quindi l’invecchiamento delle nostre arterie tanto quanto avere la pancia.

Il secondo elemento di novità sta nell’indipendenza con cui l’adiposità incide sull’irrigidimento dell’aorta. «Un fattore di rischio indipendente – prosegue Maggioni – è una variabile che, se presente, indipendentemente da tutte le altre condizioni che la persona può avere, aumenta le probabilità di sviluppare una determinata patologia. Il fumo, per esempio, in qualsiasi fascia di età, di sesso o di patologia concomitante, aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e di patologie tumorali, soprattutto polmonari. “Indipendente” significa che anche “aggiustando” tutti gli altri fattori che possono caratterizzare una persona o una popolazione di pazienti, l’aumento di rischio permane». Se il grasso in eccesso, sia a livello generale sia a livello centrale, influisce indipendentemente da altri fattori sull’elasticità delle arterie, possiamo quindi affermare che l’adiposità merita particolare attenzione e che, riducendola, si rallenta l’invecchiamento precoce delle arterie. Anche se la ricerca britannica non si ricollega direttamente a eventi clinici specifici come infarto o ictus, possiamo quindi affermare che i cambiamenti in termini di adiposità hanno un impatto sull’elasticità arteriosa.

Per dirla con le parole della dott.ssa Angela Pisani, cardiologo degli ICP (Istituti Clinici di Perfezionamento) di Milano, «il messaggio importante di questo studio è che se sono obeso e dimagrisco tolgo un grosso fattore di rischio, già associato ad altre variabili, ma che è comunque importante modificare. Per esempio, in ambulatorio, questo significa che davanti a un paziente diabetico in quanto obeso, non è sufficiente curare il diabete per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, ma è altrettanto importante intervenire sul peso corporeo. Anche in età avanzata». E aggiunge: «In medicina, mano a mano che la ricerca procede, si aggiungono dei pezzi del puzzle, che di volta in volta rendono più significativo il quadro e aggiungono nuovi dettagli e suggerimenti che poi possono essere messi in pratica nella “vita di tutti i giorni”. In particolare, in questo studio anglosassone, i ricercatori hanno valutato l’andamento della rigidità arteriosa nei soggetti obesi di una certa età, seguendo (per circa 5 anni) una grossa fetta di popolazione a partire dai 66 anni d’età, ed hanno corretto il risultato appianando le differenze per eventuali patologie associate, come il diabete e le dislipidemie.

È uno studio che ci dice che possiamo prevenire la rigidità arteriosa, quindi le malattie cardiovascolari, mantenendo il peso forma».

Ma perché è importante salvaguardare l’elasticità delle arterie? Come ci spiega la dott.ssa Pisani «l’irrigidimento dell’albero arterioso è purtroppo caratteristico dell’invecchiamento e un importante predittore di eventi cardiovascolari. Ma è anche noto che a livello cerebrale può essere alla base del decadimento cognitivo, sempre più frequente nell’età avanzata».

Nella pratica clinica, la perdita di elasticità delle arterie non viene valutata di routine.

La misurazione, quando viene richiesta, come nello studio in questione, si basa semplicemente sull̓utilizzo di una metodica Doppler che calcola la velocità dell’onda del sangue tra la carotide (all’altezza del collo) e l’arteria femorale (all’altezza dell’inguine). Più alta è questa velocità, più alto è l’irrigidimento.

«Il meccanismo che sta dietro a questa misurazione è semplice», commenta la dott.ssa Pisani: «le arterie sono come dei tubi e quanto più sono rigide (cioè poco elastiche) tanto più faranno scivolare velocemente il sangue al loro interno, venendo appunto a mancare la componente elastica di contenimento dell̓arteria stessa».

Al di là dei tecnicismi sulle misurazioni, quello che portiamo a casa da questo studio è che da oggi abbiamo una ragione in più per dedicare attenzione ai chili di troppo in età avanzata. Sia che la “ciccia” sia distribuita su tutto il corpo, sia che essa si concentri sulla pancia, tenere il peso sotto controllo è importante per mantenerci giovani e in buona salute!

«Purtroppo», spiega il dott. Maggioni, «ad oggi non abbiamo una risposta farmacologica all’obesità e al sovrappeso. La risposta fondamentalmente è legata agli stili di vita, il che significa, in poche parole, mangiare meno calorie e fare più attività fisica. Il problema è che a dirsi è molto semplice, ma nella pratica è un esercizio di una difficoltà estrema». E aggiunge: «Molti studi sono stati effettuati in passato e molti altri sono ancora in corso per trovare farmaci in grado di ridurre il peso corporeo. Ma finora i farmaci che sono stati studiati e messi in commercio finivano per avere più effetti collaterali che non effetti benefici, per cui almeno due o tre di questi sono stati ritirati. Altri hanno un effetto molto transitorio, quindi al momento potremmo dire che il sovrappeso e l’obesità sono orfani di trattamenti farmacologici. Ovviamente anche qualora fosse disponibile una pillola, sugli stili di vita si dovrebbe intervenire comunque. Ma purtroppo non sempre questo basta. L’unica cura disponibile è la chirurgia bariatrica, che prevede l’inserimento di un palloncino nello stomaco, o la rimozione di un pezzo di intestino, dove c’è l’assorbimento degli alimenti. Funziona, ma si adotta solo in casi estremi».

Come ci conferma Angela Pisani «obesità e sovrappeso sono una vera e propria piaga sociale: la metà circa dei miei pazienti sono in sovrappeso e di questi circa il 50% sono obesi. Il dramma è che spesso anche chi ha parecchi chili di troppo, soprattutto sulla pancia, non si sente grasso, ma semplicemente “gonfio”. Si tratta di una questione culturale legata probabilmente alle insoddisfazioni del nostro tempo, che ha però dei costi considerevoli per la salute dei pazienti e anche per le tasche della sanità pubblica».

Insomma, tanto per parlar chiaro, è venuto il momento di mandare in soffitta il vecchio detto “grasso ventre, grosso ingegno”, perché alla luce di questo e altri studi i più saggi oggi sono certamente quelli che si tengono in forma!

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