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Un dato stimato a livello globale evidenzia che circa 4 persone su 5 non vengono trattate come si deve quanto a ipertensione. Il che, tradotto nel concreto del nostro Paese, mostra che dei 16,6 milioni di adulti con ipertensione, solo il 62% ha ricevuto una diagnosi e il 54% un trattamento, ma solo il 28% riesce a curarsi grazie a una terapia adeguata, alla quale aderisce con consapevolezza e regolarità. Eppure l’ipertensione è la porta maestra delle malattie cardiovascolari, le quali rappresentano la prima causa di mortalità nel mondo, conoltre 18 milionidi decessi e un’incidenza del 34,8%. Ogni anno in Italia circa 230 mila persone muoiono a causa di queste patologie.

Attraversoun’analisi dei dati raccolti nelle farmacie italiane nel periodo post pandemico, lo studio “Save your HEART”, recentemente pubblicato su «High Blood Pressure & Cardiovascular Prevention», ha indagato i fattori di rischio cardiovascolare non diagnosticati e/o non controllati in soggetti ipertesi in trattamento antipertensivo. Lo scopo era quello di intercettare i pazienti che sottovalutavano o ignoravano le possibili conseguenze a cui erano esposti. Ebbene, dalla disamina dei dati, rielaborati una seconda volta, dopo che ESC (Società Europea di Cardiologia) ha rivisto le linee guida sulla prevenzione cardiovascolare adattandole a un nuovo SCORE (SCORE2) aggiornato al 2022, il quadro complessivo che è emerso è ancora più preoccupante. Il 70% circa dei partecipanti non è in grado di tenere la pressione arteriosa nei limiti previsti dalle nuove linee guida ma soprattutto è emerso un aumento dei pazienti ipertesi a rischio cardiovascolare alto o molto alto, passato dal 49% all’87% circa, considerando non solo gli eventi cardiovascolari fatali, ma anche la possibilità di incorrere entro 10 anni in un evento non fatale.

«Nell’immaginario comune si tende a pensare all’Italia come ad un Paese caratterizzato da un rischio cardiovascolare basso. In realtà, la fotografia catturata dallo Studio ci porta in tutt’altra direzione – ha commentato Claudio Ferri, Professore Ordinario in Medicina Interna presso l’Università degli Studi dell’Aquila – La rivalutazione di Save Your HEART mette in luce il grave problema legato alla percezione del rischio cardiovascolare, che spesso viene sottostimato. Questo nonostante l’età media di insorgenza sia dei fattori di rischio, sia delle patologie cardiovascolari si stia progressivamente abbassando. Ne sono una prova proprio i dati emersi da questa analisi secondaria, che mostrano come il mancato raggiungimento dell’obiettivo pressorio e di LDL colesterolemia sia purtroppo comune. Ciò è dovuto tanto all’ipotrattamento, quanto ad una modesta aderenza e persistenza terapeutiche. Accanto al monitoraggio più costante ed attento del proprio livello di rischio cardiovascolare, pertanto, è necessario anche promuovere l’assunzione corretta dei farmaci e semplificare la terapia farmacologica».

L’analisi conferma ancora una volta quanto i fattori di rischio cardiovascolare non adeguatamente controllati contribuiscano ad aumentare il carico di morbilità e mortalità. I trattamenti farmacologici possono ridurre sostanzialmente questo rischio, ma la loro efficacia è limitata in caso di mancata aderenza o interruzione precocedella terapia. Per contrastare l’inerzia terapeutica e aumentare l’aderenza del paziente, è fondamentaleil follow-up dei pazienti, l’aggiornamento e, ove possibile,la semplificazione della terapia.

«La rivalutazione dello studio “Save Your HEART” conferma la necessità di una nuova presa in carico del paziente che preveda il coinvolgimento multidisciplinare dello specialista, del medico di base e del farmacista e l’esigenza di implementare azioni preventive che possano aiutare il paziente stesso a mantenere un buono stato di salute durante tutto l’arco della vita, agendo efficacemente sui fattori di rischio cardiovascolare – ha commentato Marie-Georges Besse, Direttore Medical Affairs del Gruppo Servier Italia, tra i finanziatori dello studio – Il lavoro svolto dalla Fondazione Italiana per il Cuore è fondamentale, soprattutto in termini di prevenzione e di sensibilizzazione sul tema».

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