Il rapporto fianchi-vita, in inglese Body Roundness Index (BRI), è un predittore di salute cardiovascolare più indicativo dell’indice di massa corporea (BMI). Quest’ultimo, essendo il risultato del rapporto fra altezza espressa in centimetri e peso corporeo espresso in kg, non riesce a intercettare come problematiche alcune forme di sovrappeso. Un esempio tipico dei chili di troppo che non vengono intercettati dal BMI è quando il grasso sottocutaneo risulta ben distribuito a livello di tutto il corpo. In questi casi il rapporto altezza e peso corporeo può non registrare la presenza di grasso sottocutaneo, o lo fa in maniera meno efficace rispetto alla reale portata del problema. Se invece spostiamo l’attenzione sul BRI, ci concentriamo specificamente sul grasso viscerale. Com’è noto, obesità e sovrappeso, specie se viscerali, cioè se concentrati al livello dell’addome, sono un fattore di rischio accertato di mortalità per tutte le cause. Un ventre debordante a damigiana è il punto più dolente per l’accumulo di grassi negli uomini e nelle donne a partire dall’età di mezzo. È quel grasso viscerale che preoccupa non solo per l’anomalia estetica che produce. Nei soggetti con obesità viscerale-addominale, il tessuto adiposo del cuore altrimenti detto grasso epicardico (EAT) aumenta in proporzione all’aumento del grasso attorno al girovita: a una “pancia grassa” corrisponde un “cuore grasso”, e l’eccesso di grasso epicardico genera un’azione infiammatoria direttamente sulle pareti delle arterie coronarie e sul muscolo cardiaco. Gli studi hanno confermato il ruolo centrale della funzione pro-infiammatoria del grasso, che si dimostra essere un predittore indipendente di coronaropatia e di rischio metabolico.
Ora, in uno studio fresco di pubblicazione sulla rivista medica JAMA Network Open Source, i ricercatori hanno esaminato i dati di salute e stile di vita di 387.672 individui (età media 60 anni) per verificare se e quanto il BRI rispetto al BMI fosse un predittore più accurato di malattia e decessi per tutte le cause. Dal confronto è emerso che il BMI seguiva una associazione irregolare, mentre il rapporto fianchi-vita ha dimostrato di avere un’associazione più pertinente. Il che significa che ad ogni aumento del rapporto fianchi-vita si sono evidenziati rischi più marcati per la salute cardiovascolare delle persone, indipendentemente dal loro BMI. Il rapporto fianchi-vita, quindi, è una misurazione semplice, facile da leggere e accurata. Il BRI dovrebbe essere il più basso possibile. Le linee guida suggeriscono un BRI <0,95 cm negli uomini e < 0,80 cm nelle donne.
Nelle conclusioni viene ribadito che ci sono sufficienti prove per proporre il BRI come strumento di screening non invasivo per la stima del rischio di mortalità. Si tratta di un concetto innovativo che potrebbe essere incorporato nella pratica di sanità pubblica, tenuto conto che l’obesità è un’epidemia globale con elevata prevalenza e contribuisce ad aumentare i tassi di mortalità. A livello mondiale, infatti, più di un miliardo di persone sono obese. Essendo uno dei cinque principali fattori di rischio per la mortalità, l’obesità si associa a circa cinque milioni di decessi in tutto il mondo (dato del 2019). Quindi, una migliore comprensione dell’associazione obesità-mortalità può ottimizzare la valutazione del rischio, formulare strategie antiobesità, e dare priorità alla pianificazione razionale delle risorse sanitarie.
Lo scopo dello studio di cui sopra era di caratterizzare le tendenze temporali del BRI tra gli adulti statunitensi con almeno 20 anni d’età, per un periodo compreso fra il 1999 e il 2018, ed esplorare l’associazione del BRI con la mortalità per tutte le cause.
È emerso che il BRI ha registrato una tendenza di crescita stabile nel corso di quasi due decenni, con un cambiamento biennale pari a 0,95%. Questa tendenza è stata più evidente tra le donne, negli individui di età pari o superiore a 65 anni e tra gli americani di origine ispanica. Inoltre, è emersa un’associazione di tipo proporzionale tra il BRI e tutte le cause di mortalità, con un rischio aumentato del 25% per quelli con BRI inferiore a 3,4 e del 49% per quelli con BRI pari o superiore a 6,9, rispetto al valore medio compreso tra 4,5 e 5,5.
Inoltre, osservazioni sussidiarie hanno indicato che le tendenze crescenti del BRI tra le donne, gli individui di età superiore ai 65 anni e gli individui messicano-americani, potrebbero migliorare la comprensione delle distribuzioni BRI per definire programmi o linee guida gestionali della forma corporea. Innanzitutto, c’è da capire meglio l’impatto degli ormoni sessuali sul corpo, quantunque la composizione e l’appetito possano spiegare il BRI relativamente elevato nelle donne. In secondo luogo, gli individui di età superiore a 65 anni possono essere indicativi di senescenza e disfunzione del tessuto adiposo. In terzo luogo, la scarsa qualità della dieta, l’insicurezza alimentare e lo stress psicosociale non sono rari fra gli individui messicani americani, il che potrebbe spiegare l’elevato BRI fra di loro.