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È italiano e si chiama GIOTTO, è uno studio sul trattamento mininvasivo dell’insufficienza mitralica. «Si tratta del più ampio studio multicentrico al mondo condotto su pazienti con insufficienza mitralica sottoposti a intervento di riparazione transcatetere della valvola mitrale», si legge in un comunicato stampa. Lo Studio è stato appena pubblicato su una rivista specializzata.
GIOTTO analizza le informazioni che la Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) ha raccolto mettendo insieme i dati dei pazienti trattati in Italia con MitraClip. MitraClip è una tecnica nata nel 2008 in Italia e ormai adottata nelle linee guida delle principali società europee di cardiologia e cardiochirurgia per la riparazione transcatetere della valvola mitrale. La tecnica sfrutta l’inserimento di una piccola clip protesica fino alla valvola mitrale, introdotta attraverso la vena femorale. Questa clip unisce e aggancia i lembi della valvola e la rende di nuovo in grado di funzionare.
«GIOTTO è una eccellente fotografia a lungo termine del trattamento transcatetere dell’insufficienza mitralica in Italia – suggerisce Francesco Bedogni, che ha preso parte allo Studio ed è Direttore delle Unità di Cardiologia Clinica, Interventistica e di Terapia Intensiva Coronarica all’IRCCS Policlinico San Donato di Milano – Costituisce la casistica più ampia al mondo e ci ha consentito di avere dati epidemiologici, procedurali e di follow up. I dati sono stati raccolti in un’unica piattaforma e sottoposti a periodici controlli per assicurarne l’accuratezza».
Lo studio GIOTTO (GIse registry Of Transcatheter treatment of mitral valve regurgitaTiOn2) è durato circa 3 anni (da gennaio 2016 a marzo 2020) ed è stato recentemente pubblicato sull’«European Journal of Heart Failure». Esso ha coinvolto 1.659 pazienti in 22 centri dislocati su tutto il territorio nazionale.
«La corretta selezione dei pazienti da arruolare nello Studio e il timing dell’intervento sono stati gli elementi chiave che hanno permesso di ottenere risultati ottimi sia in acuto che durante il follow up – ha ribadito Francesco Bedogni – ridisegnando la storia naturale della malattia. Uno sforzo corale delle cardiologie italiane che ha permesso di ottenere dati di valore pubblicati su riviste di respiro internazionale».
Lo Studio ha analizzato sia pazienti con insufficienza mitralica funzionale/secondaria (FMR) che primitiva/degenerativa (DMR). I risultati hanno evidenziato che la procedura ha funzionato nella quasi totalità dei pazienti arruolati, con una mortalità intraospedaliera trascurabile, senza differenze significative tra FMR e DMR. Il tasso di mortalità si mantiene basso e significativamente inferiore rispetto ai pazienti gestiti con la sola terapia medica, così come le ospedalizzazioni che si riducono di oltre il 30% a due anni.
Nell’ambito delle cardiopatie, il trattamento percutaneo della valvola mitrale sta assumendo un ruolo chiave in considerazione del fatto che si tratta di una patologia in costante crescita nel nostro Paese, in relazione all’aumento della vita media e alle plurime patologie presenti in questa tipologia di pazienti.
«La terapia transcatetere ha cambiato il paradigma di cura per quei pazienti che non possono essere operati, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo di un accesso omogeneo al trattamento – secondo Giuseppe Tarantini, che così conclude – I dati sono quindi fondamentali a supportare la diffusione di questa terapia».
L’insufficienza mitralica è la più frequente patologia valvolare nel mondo occidentale ed è estremamente frequente nei pazienti con scompenso cardiaco. Oggi in Italia si stimano oltre 600mila persone con insufficienza mitralica, soprattutto over 70. Il rischio della patologia è un affaticamento eccessivo del cuore, costretto a “pompare” più sangue in circolo per contrastare l’effetto negativo della valvola che, non più efficiente, fa tornare parte del sangue indietro, dal ventricolo sinistro all’atrio. Finora le uniche possibilità di cura erano rappresentate da farmaci, resincronizzazione cardiaca o un intervento a cuore aperto per sostituire la valvola malata. La maggior parte di questi pazienti però non può essere sottoposta a chirurgia riparativa o sostitutiva a causa degli elevati rischi procedurali.

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