L’allarme arriva direttamente dalla conferenza stampa di presentazione della campagna Crohnostorie tenutasi il 25 giugno a Milano: troppi medici di medicina generale non conoscono a fondo l’eziologia della Malattia di Crohn, causando diagnosi tardive che espongono i pazienti a gravi complicanze.
La scarsa dimestichezza che alcuni medici di medicina generale hanno sull’eziologia della malattia di Crohn rappresenta un deficit da colmare che sta andando a danno dei pazienti, ha denunciato Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia e Presidente di EFCCA. Il risultato? Pazienti trattati erroneamente per colite ulcerosa o per sintomatologia psicosomatica, finendo vittime del cosiddetto ritardo terapeutico.
Le conseguenze di questi ritardi diagnostici sono tutt’altro che trascurabili. Il ritardo terapeutico espone il paziente a maggior rischio di artrite, è il parere di Alessandro Armuzzi, Presidente Eletto ECCO. A distanza di qualche anno dalla prima manifestazione della malattia non diagnosticata o diagnosticata in ritardo, il paziente può sviluppare una grave forma di artrite che, nei casi peggiori, lo porta all’immobilità motoria.
Ma i rischi vanno oltre le complicanze articolari. In letteratura si evince che una delle preoccupazioni principali riguarda l’aumentato rischio oncologico. I pazienti con Crohn sviluppano più frequentemente tumori dell’intestino tenue, con un rischio fino a 30 volte superiore alla popolazione generale. Un rischio che cresce significativamente dopo 8-10 anni di malattia e dipende dall’estensione dell’infiammazione e dalle terapie immunosoppressive utilizzate.
Altrettanto preoccupante l’impatto cardiovascolare, come ha sottolineato il professor Massimo Fantini, Segretario Generale IG-IBD: l’infiammazione cronica sistemica tipica del Crohn accelera i processi aterosclerotici, aumentando il rischio di infarti precoci, ictus e tromboembolismo venoso.
I numeri della malattia parlano chiaro: 150.000 persone in Italia convivono con questa patologia infiammatoria cronica dell’intestino, che colpisce più frequentemente tra i 20 e i 30 anni ma può manifestarsi a qualsiasi età. Una malattia dall’andamento cronico-recidivante, con alternanza di periodi di remissione e riacutizzazione, che causa sintomi come diarrea persistente, dolore addominale, perdita di appetito e peso.
La diagnosi molte volte avviene dopo che il paziente si è recato in pronto soccorso a seguito di sintomi acuti, ha confermato il professor Fantini. In caso di diagnosi tardiva, alcuni pazienti rischiano di dover subire un intervento chirurgico. Per questo, la diagnosi precoce è di fondamentale importanza.
L’impatto sulla qualità di vita è devastante: secondo lo studio osservazionale IBD-Podcast, il 54% dei pazienti italiani con Malattia di Crohn sono controllati in modo non ottimale. Il 71% degli intervistati si dichiara preoccupato per la successiva riacutizzazione, mentre il 23% riferisce una perdita di produttività lavorativa.
Da qui nasce la campagna Crohnostorie di AbbVie, realizzata in collaborazione con AMICI Italia ETS e IG-IBD, che punta a sensibilizzare il pubblico attraverso una web series di 7 episodi e un’installazione simbolica con due wc sospesi, metafora dell’urgenza intestinale che caratterizza la malattia.
È importante continuare nel miglioramento della conoscenza dei campanelli d’allarme che dovrebbero condurre il paziente da uno specialista gastroenterologo, ha concluso il professor Armuzzi, sottolineando come negli ultimi dieci anni si sia assistito a una vera e propria rivoluzione in positivo nella gestione della Malattia di Crohn.